26.

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I miei piedi urlano pietà. Penso abbiano iniziato a farlo dopo l'ora di pranzo – pranzo che abbiamo saltato, ci tengo a precisare. Il giorno prima del Ringraziamento è sempre caotico, soprattutto a Boston. La gente ci tiene ad avere la tavola ben imbandita, questo comprende cibo e fiori. Per me è una cosa nuova, non ho mai provato l'ebrezza di un Ringraziamento tradizionale provenendo da una famiglia ricca che ogni anno è invitata a qualche evento. Nonostante ciò, ho sfogliato riviste, navigato sul web e ficcato il naso su ogni articolo disponibile per gestire tutto al meglio. È vero, la gente ama grossi centritavola, composizioni da esporre agi angoli delle stanze e qualcuno richiede pure delle ghirlande da appendere alle porte. Insomma, si fanno le cose in grande e non penso che manchi poi così tanto affinché questa festività si ritrovi sullo stesso piano del Natale. Santo cielo, non voglio nemmeno pensarci. Ci sarà così tanto lavoro da fare la mattina della Vigilia...
«Avery, i fiori per la signora!»
«Eccoli!» esclamo sorridendo alla donna di fronte a me. «Sono ventotto dollari, signora» le cedo lo scontrino, il mazzo di primule e quello di rose.
«Gira il cartellino quando finisci» ordina Vivienne.
Ringrazio la signora e la invito a tornare presto. Okay, forse non tanto presto visto che ha creato una fila per quanto è stata lenta. Mi affretto con gli altri quattro pagamenti e giro il cartello sulla porta. Chiuso. Finalmente. Sospiro puntando lo sguardo su Vivienne che sta servendo l'ultimo cliente della giornata e sorrido. Sono distrutta, però ne è valsa la pena.
«Allora» si sfrega gli occhi con le dita. «Che ne dici?»
«I miei piedi finiranno dentro una bacinella d'acqua bollente, ma sono davvero soddisfatta. Abbiamo fatto un ottimo lavoro» sorrido girando il capo nella sua direzione. Siamo sedute sul divanetto all'incirca da un quarto d'ora e non abbiamo fatto altro che fissare la porta davanti a noi.
«Concordo» annuisce. «Quali sono i piani per la giornata di domani?»
«Se mi stai indirettamente chiedendo se sarò con la mia famiglia, la risposta sarà assolutamente no. Penso tu sia stata esaustiva e anche se non lo fossi stata abbastanza ci ha pensato mio padre a farlo» sbuffo una risata amara.
Vivienne si mette seduta, aggrottando la fronte. «Che vorrebbe dire? Non dirmi che è venuto da te a picchiarti.»
«No, mi ha solo telefonato qualche giorno fa per avvertirmi che mi esclude dal testamento e che qualsiasi cosa farò a proposito sarà inutile perché ha una schiera di avvocati pronti a scendere in campo per sbranarmi fino all'ultimo centesimo» spiego.
«Non ci credo...» biascica sconvolta la mora. «Non posso davvero credere che esista gente così, eppure, non dovrei nemmeno essere così sorpresa. Mia madre era proprio come la tua, sai?»
Questo cattura la mia attenzione. La invito a continuare inarcando un sopracciglio.
«Non mi picchiava, però era molto... dura. Una volta mi ha schiaffeggiato in ospedale, davanti alla stanza in cui mio padre stava riposando dopo aver avuto un infarto.»
Sussulto, portando una mano al petto. «È terribile. Mi dispiace, Vivi.»
«C'est la vie» fa spallucce. «Lo stesso giorno ho litigato anche con Danny a causa sua. C'erano in mezzo dei soldi... roba grossa. Sono stata per un po' da Grace a Marina Bay perché non sapevo dove altro andare... erano loro l'unica famiglia che conoscevo. A parte Delia, certo.»
«Vivienne...» mormoro afferrando la sua mano. «È molto bello quello che hai detto.»
«Tu lo sai che puoi contare su di noi, giusto? Voglio dire, non è che la mattina mi sveglio e vado in giro per Boston a cercare trovatelli per compiere la mia buona azione quotidiana. Tu sei sbucata fuori dal nulla, hai saputo rispondere al mio interrogatorio e hai portato una ventata d'aria fresca nella mia vita. Affezionarmi è stato naturale, non una forzatura. Voglio che questo ti sia ben chiaro.»
Un singhiozzo incontrollato sfugge dalle mie labbra cogliendo alla sprovvista entrambe. Non mi aspettavo di piangere. Affatto. Eppure, è quello che sto facendo. Mi fiondo tra le sue braccia, poggiando il viso sul suo petto.
«A volte mi sembra di vedere il mio riflesso» ridacchia, accarezzando i miei capelli.
«Perché abbiamo entrambe poche tette?» tiro su col naso, la voce roca.
Vivienne scoppia in una sonora risata, facendomi tremare la faccia. «Anche, ma non solo. Spero tanto che anche tu riesca a trovare il tuo Danny, faresti bingo.»
Le parole di Devon a proposito dell'anca di suo padre mi ritornano in mente travolgendomi. Arrossisco ferocemente, non scollandomi dal suo petto nemmeno per sbaglio. Forse sarebbe meglio cambiare argomento. «Grazie» farfuglio.
«Domani sei a pranzo da noi» mi informa con nonchalance. «Se avevi dei piani, cancellali.»
«Beh, grazie» mi scosto, tornando a guardarla negli occhi.
«Quando vuoi. Adesso sbrighiamoci, voglio tornare a casa» si alza.
Mmh, non voglio alzarmi. Desidero solo una coperta, dormirò qui solo per un paio d'ore.
«Ah, Avery» Vivienne si ferma sulla soglia della porta e si gira. «C'è qualche possibilità che tu possa convincere mio figlio a venire? Ha detto che sarebbe stato impegnato, ma sai... la speranza è l'ultima a morire.»
Scatto in piedi. Improvvisamente non sono più stanca, ho solo voglia di filare a casa. «Ehm», afferro il mio cappotto. «Non so perché tu me lo stia chiedendo, ma non penso di poter fare nulla. Mi spiace» stringo le labbra e afferro la mia borsa. «Ti scrivo appena arrivo, 'notte!» sfreccio in direzione della porta e mi dirigo a casa. Non potevo restare a guardare negli occhi la madre del ragazzo che mi sono portata a letto giorni fa, sarebbe stato estremamente imbarazzante. Voglio dire, lo so che lavoriamo insieme cinque giorni alla settimana e che siamo molto amiche, ma non posso affrontare certi argomenti adesso. Non so nemmeno se ci sarà una seconda volta con Devon. E a proposito di ghiaccioli... tiro fuori il cellulare dal cappotto e avvio una chiamata. Sono le sei e mezza, potrebbe essere in palestra ma meglio fare un tentativo lo stesso, magari sono fortunata.
«Pronto?» ansima.
Allontano il cellulare dall'orecchio, colta alla sprovvista. «P-pronto? Devon?» balbetto.
Prende un respiro profondo. «Sì. Che c'è?»
«Dimmi che non sto interrompendo nulla» biascico.
«Ho appena finito in palestra. Che vuoi?»
La gentilezza e la cordialità di questo ragazzo non cesseranno mai di stupirmi, è un tale ammaliatore. «Sì, ehm... domani ho un pranzo da amici. Vieni con me? Non voglio andarci sola» chiedo con tono supplichevole. Oh, povero e piccolo ingenuo ghiacciolo.
«Cosa ti fa credere che io non abbia già impegni?» lo sento armeggiare con qualcosa.
«Ce li hai?» domando stupidamente. Se si azzarda a rovinare i miei piani, lo strangolo.
«No.»
M'illumino. «Bene! Allora puoi venire con me» sorrido. Tiro fuori le chiavi di casa dalla tasca e salgo gli scalini.
«No.»
Rimango con la chiave bloccata in aria. «Che diamine significa 'no'? Ti ho chiesto di farmi un favore minuscolo!» protesto.
«Cosa ottengo in cambio?»
Non lo vedo, eppure so esattamente che espressione ha in viso. Quella da stronzo.
«Il mio corpo?» la butto lì, magari gli va bene. A me di certo non dispiace.
«Quello ce l'ho già. Dammi qualcos'altro» sento tintinnare un mazzo di chiavi.
«Un po' presuntuoso da parte tua, non pensi?» mi chiudo il portone alle spalle e metto il vivavoce per poter scrivere un breve messaggio a Vivienne in cui la informo che sono sana e salva.
«No. Allora? Sto per attaccare.»
Sbuffo, alzando il capo verso il soffitto. «Proponi tu qualcosa, sono a corto di idee» chiamo l'ascensore.
«Torni ad allenarti. Tre volte a settimana, allo stesso orario della scorsa volta. Mi scrivi quando esci di casa e io ti aspetto davanti alla porta. Prendere o lasciare.»
«E tu verrai con me a questo pranzo, giusto?» mi accerto che il nostro accordo sia sempre quello.
«Già» sospira.
«Okay, ma non mi allenerò quando sarò in quel periodo del mese, ti avviso» inserisco la chiave nella serratura ed entro in casa. Pace dei sensi. Non vedo l'ora di cenare e poi filare dritta a letto, domani mattina penserò al problema del vestito.
«Affare fatto. Buonanotte.»
«Ehi, ehi!» lo richiamo prima che possa attaccare. Ho una domanda che mi frulla in testa da un po', volevo solo accertarmene. Tanto vale strappare via il cerotto adesso. «Devo chiederti una cosa.»
«Spara.»
«Lo so che siamo già stati a letto insieme ed è tardi, ma... volevo solo sapere se davvero c'è il nulla cosmico tra te e Aurora. Mi rendo conto che è assurdo domandarlo adesso, è solo che non sono quel genere di persona e... ecco, sono ancora in tempo per evitare di complicare le cose» mordicchio il labbro, sedendomi sul bordo del divano mentre attendo una sua risposta.
«Non c'è mai stato niente tra di noi e mai ci sarà, è come se fosse mia cugina. O mia sorella. Non lo so, fa lo stesso.»
Il peso sullo stomaco si alleggerisce fino a svanire. Sono contenta che la cosa sia stata chiarita una volta per tutte, non voglio entrare in dinamiche che non mi appartengono e di certo non voglio ferire un'altra donna. «Bene» schiarisco la voce. «Passa domani alle undici e quarantacinque. Buonanotte» attacco prima che possa dirmi qualunque cosa e getto il cellulare sul divano. Che giornata... 

𝐀𝐕𝐄𝐑𝐘 [𝐁𝐨𝐬𝐭𝐨𝐧 𝐋𝐞𝐠𝐚𝐜𝐲 𝐒𝐞𝐫𝐢𝐞𝐬 𝐕𝐨𝐥.𝟏]Where stories live. Discover now