𝐄𝐏𝐈𝐋𝐎𝐆𝐎

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Raggomitolata sul suo fianco sonnecchio ancora qualche minuto. Quando apro gli occhi, uno per volta, sorrido inalando il suo profumo e beandomi della vicinanza dei nostri corpi. In questi mesi ho sviluppato un'ossessione per il suo petto, dunque, quando posso, ne approfitto per starci appiccicata.
Rilascio uno sbadiglio seguito da un sospiro. Non ho idea di quanto abbia dormito ma non mi sento confusa ed è un bene. Di solito ci vuole un po' per mettere a fuoco tutto quanto. Sollevo il viso in direzione del moro e aggrotto la fronte quando vedo l'espressione corrucciata che ha in viso. La comodità del divano di casa Morgan mista alla sonnolenza passa in secondo piano quando vedo Devon assumere l'espressione più torva di sempre. «Ehi» lo richiamo.
Devon abbassa lo sguardo, il cipiglio si ammorbidisce fino a svanire. Il mio cuore perde un battito davanti agli occhi verdi che tanto amo. Nonostante abbiamo ammesso di essere innamorati l'uno dell'altro, non ci siamo ancora detti le paroline magiche. La cosa non mi disturba, voglio che accada con naturalezza e non perché la società impone un limite di giorni per dirle. Sono sicura dei nostri sentimenti e lo è anche Devon. Accadrà quando sarà il momento – molto più vicino di quanto creda il moro.
«Ti ho svegliata?» domanda allontanando delle ciocche dal mio viso.
«No», mi sistemo meglio sul suo petto. «Ti ho visto corrucciato. Che guardavi?» domando prima di voltarmi. Sul divano opposto Valerie, Valentine e i loro ragazzi ci osservano. Oh, capisco tutto adesso. Stava cercando di intimidire i poveri Dylan e Jacob. Santo cielo, è tremendo. La prima volta che abbiamo fatto la loro conoscenza – a Capodanno – Devon e Danny hanno iniziato a discutere di fucili da caccia durante il pranzo. Quei poveri ragazzi erano spaesati. L'enorme famiglia in cui sono entrati a far parte uscendo con le gemelle è un già un caos vivente, ma certi discorsi l'hanno resa uno zoo a tutti gli effetti. Per mia fortuna ho imparato a conoscerli e soprattutto ad abituarmi – visto che siamo sulla stessa onda di pazzia. Prima o poi si abitueranno, è solo questione di tempo. Oggi, essendo il compleanno di Caleb, siamo stati trascinati a tavola a mezzogiorno e ci siamo alzati solo dopo le due. C'era così tanto cibo da far paura. Adesso non so che ore siano di preciso, controllerò dopo. «Ciao, Dyl. Ciao, Jake» li saluto con un sorriso assonato.
«Ehi, Riri» ricambia il sorriso Jacob. Lo stesso vale per Dylan che ci osserva divertito.
«Riri?» lo guarda Valentine.
«Jake?» sibila Devon.
Mi sistemo meglio sulle sue gambe mentre una risatina abbandona le mie labbra. Le parole magiche premono sulla punta della lingua ma non voglio che un momento così importante accada davanti agli altri, perciò, taccio.
Valentine è molto più simile a Devon di quanto voglia far credere: sono entrambi gelosi, costantemente alla ricerca di contatto fisico ma allo stesso tempo moderati. Valerie, invece, è molto più riservata. Per fortuna Dylan sembra averla scossa e lo adoro perché vederli insieme è fantastico. Lui è più aperto, giocherellone e compensa alla perfezione i silenzi della sua ragazza.
«Smettila di incenerirli con lo sguardo. Non riservi questo trattamento nemmeno ad Harry» ridacchio.
«Questo perché lui non tocca le mie sorelle» risponde tornando a fissare i ragazzi.
Alzo gli occhi al cielo e mi metto a cavalcioni sulle sue gambe così da ostruirgli la visuale. Poso le mani sul suo viso e incastro gli occhi nei suoi. Sono a tanto così... a tanto così da spiattellargli quello che provo per lui. Devon avvolge le braccia attorno alla mia schiena facendomi chinare in direzione del suo viso. Sorrido sulle sue labbra un attimo prima di ricambiare il bacio che tanto attendevo.
«Giorno sedici: ci hai pensato abbastanza?» mormora, gli occhi puntati su di me.
Un altro sorriso irrompe. Da ben sedici giorni Devon Bradshaw mi chiede di andare a vivere insieme in questo bellissimo appartamento che abbiamo visitato a fine febbraio. Si trova proprio tre piani sopra questo esatto appartamento. La prima volta che l'ho visitato me ne sono innamorata. Due camere, due bagni, un'ampia cucina, una sala che si collega a quest'ultima, un ripostiglio e persino lo scivolo per la spazzatura nella veranda interna. Devon mi ha detto che avremmo potuto averlo, con i nostri stipendi saremmo riusciti a coprire tutte le spese, ma io gli ho detto di no. Volevo rifletterci su, essere sicura che sarebbe stata la scelta giusta da fare e non una presa sul momento che ci avrebbe portato a una separazione. Vivere insieme è un passo importante e ho voluto prendere un paio di giorni per pensarci. Al quarto giorno, dopo essermi svegliata accanto a Devon e al musetto di Furia, avevo deciso che sì, sarei assolutamente andata a vivere con lui. La delusione sul suo volto quando gli ho dato la mia risposta quel giorno è stata un duro colpo ma è un Bradshaw e sapevo che non si sarebbe arreso di fronte alla mia negazione. La verità è che fremo dalla voglia di dirgli sì, ma per farlo c'è bisogno di essere da soli.
«Pensi che se li lasciamo da soli per un'oretta al massimo si accorgono della nostra assenza?» ribatto, ignorando appositamente la sua domanda.
Devon aggrotta la fronte. «Possibile. Ma non mi importa.»
Mi alzo e gli porgo la mano. Il mio amore ricambia la stretta ma prima che possa allontanarsi si volta in direzione del quartetto. «Torno fra poco. Se mettete le mani addosso alle mie sorelle lo saprò.»
«Oh, mio Dio, Devon!» sbuffa Valentine.
«Amore, andiamo.»
La sua faccia scatta nella mia direzione. So bene quando utilizzare i miei assi nella manica. Devon non lo ammetterà mai ad alta voce ma ama profondamente quando lo chiamo così. Diventa così malleabile da potergli far fare tutto quello che più desidero. È adorabile, cacchio.
Nel caos totale raggiungiamo la porta di casa e ce la chiudiamo alle spalle una volta usciti sul piccolo corridoio. Lo guido fino all'ascensore e premo il pulsante dove lampeggia il numero otto. Devon sa dove sta andando ma non fiata, preferisce che sia io a condurre il gioco e va benissimo così, perché non avrei risposto comunque a nessuna delle sue domande.
Giunti all'ottavo piano tiro fuori la chiave che mi sono fatta consegnare dal nostro nuovo padrone di casa e la inserisco nella serratura facendola scattare. L'appartamento è semi-arredato, volevo portare qualcosa che fosse nostro.
«La risposta alle tue domande è sì, qualunque esse siano» arrossisco guardandolo in attesa di qualsiasi cosa.
«Vieni a vivere con me e l'appartamento è nostro?» sussurra avvicinandosi.
Stringo le braccia attorno ai suoi fianchi e annuisco. Devon si china per acciuffare le mie labbra, dunque, rafforzo la presa e ricambio il bacio con tutta la passione che ho in corpo. «Lo so» ansimo, scostandomi. «Lo so che ti ho fatto dannare ma volevo soltanto pensarci un po'. Vivere insieme non è facile, soprattutto con te che dimentichi sempre lo sportello della credenza aperta ma arrivata al quarto giorno mi sono svegliata e ho pensato che fosse quella la vista che volevo per il resto della mia vita.»
«Ferma, ferma, ferma» solleva una mano. «Sono passati dodici giorni e per tutto questo tempo sapevi di voler vivere con me ma non me lo hai detto?» chiede conferma.
Annuisco rossa in viso e sbatto le ciglia. «C'è voluto un po' di tempo per sistemare le scartoffie, volevo che fosse tutto pronto per poterci trasferire anche adesso se desideriamo. Manca solo la tua firma sul contratto ma possiamo pensarci domani, non è urgente» spiego.
«Ti amo» sibila prima di appropriarsi per l'ennesima volta della mia bocca.
Rimango imbambolata sul posto per alcuni secondi, scioccata dal suono di quelle due parole. Fremo, baciandolo con tutta me stessa. Spingo la lingua all'interno della sua bocca e mi godo il momento. Mi ama. Devon Bradshaw ha appena detto di amarmi.
«Di amfo» biascico senza riuscire a staccarmi.
Devon si scosta con una risata facendomi arrabbiare. Mi attacco di nuovo alla sua bocca, incapace di farne a meno. Il moro continua a ridere ma non mi allontana, piuttosto, posa le mani sul retro delle mie cosce e mi solleva. Cammina alla cieca, facendo scontrare l'attimo dopo la mia schiena contro la parete. «Ti amo» ansimo, spostandomi per racimolare un po' d'aria. «Ti amo tantissimo» lo guardo dritto negli occhi.
«Sei la mia-»
Il trillo dei nostri cellulari ci interrompe. Rilasciamo entrambi un sospiro esasperato e Devon mi mette giù. Tira fuori il cellulare dalla tasca dei jeans e aggrotta la fronte.
«Che succede?» chiedo.
«È Valerie. Dice che dobbiamo tornare subito di sotto. Tipo adesso. Urgentissimo» spiega.
Senza aggiungere altro ci fiondiamo verso la porta. Chiudo a chiave e filiamo dritti in ascensore. Quando arriviamo le urla di Delia ci perforano i timpani. Entriamo in casa, mano nella mano, ma ci blocchiamo sulla soglia della sala da pranzo quando noto una figura a me fin troppo familiare. «Harry?» biascico confusa al massimo. Che diamine ci fa lui qui?
«Aurora, perché non ripeti davanti a Devon ciò che hai appena detto?» accenna un sorriso tirato Vivienne.
Trevor è pallido in volto.
Oh, no.... Oh, no.
Vi prego, ditemi che Harry non ha messo incinta la mia nuova amica. Potrei collassare.
Aurora si volta nella nostra direzione, Harry al suo fianco, e con un sorriso raggiante spiaccicato sul volto sgancia la bomba: «Ci sposiamo!» esclama.
Un attimo prima Trevor è in piedi accanto a sua moglie e sorretto dal figlio, l'attimo successivo è svenuto sul pavimento di casa Morgan.
Buon compleanno, Caleb!

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𝐀𝐕𝐄𝐑𝐘 [𝐁𝐨𝐬𝐭𝐨𝐧 𝐋𝐞𝐠𝐚𝐜𝐲 𝐒𝐞𝐫𝐢𝐞𝐬 𝐕𝐨𝐥.𝟏]Wo Geschichten leben. Entdecke jetzt