31.

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«Oh, cielo. Grace!» strilla Vivienne.
«Chiamate il 911. adesso!» esclamo, chinandomi all'istante sulla donna. Non farò questo mestiere nella vita ma di certo non lascerò morire una delle persone più belle che io abbia mai conosciuto. Strappo malamente il tessuto della camicia di Grace e inizio subito ad effettuare una rianimazione cardiopolmonare. Posiziono le mani sul torace di Grace e applico una pressione verso il basso. Conto mentalmente fino a trenta e mi chino sulla sua bocca. Le inclino il mento verso l'alto, le chiudo il naso con pollice e medio ed espiro sulla sua bocca. Ripeto il passaggio per due volte e poi riprendo con le compressioni.
«Il 911?» domando a nessuno in particolare.
«S-sta arrivando» balbetta Paige.
«Abbiamo già aperto la porta e siamo pronte ad andare» dice Delia.
«Dai, Grace... per favore» mi chino sulla sua bocca ed espiro. «Devi solo fare un piccolo sforzo.»
Vado con il terzo giro di compressioni, arrivata alla ventottesima Grace emette un respiro strozzato, riprendendo a respirare. «Oddio» sussurro.
«911!» esclama una voce maschile.
Alzo il viso, notando due paramedici avvicinarsi all'istante. «Ha avuto un infarto, ho praticato una rianimazione cardiopolmonare e si è appena ripresa.»
«Lei è un medico?» domanda l'uomo.
«Sì», annuisco. Su carta, almeno. Non avevo mai effettuato davvero una rianimazione, sempre e solo sui manichini in silicone. Di solito in reparto non accadeva che ci capitassero cose del genere, erano tutti problemi minori. Certo, questo al primo anno. Poi è iniziato il vero inferno. Sarò sempre grata ai medici che ci aiutano, sempre, io non saprei davvero come affrontare tutto quello a cui sono sottoposti loro. «Vengo con voi» guardo i paramedici. «Vivi, prendi le mie cose, ci vediamo in ospedale» guardo la mora, ancora sconvolta, e mi affretto a raggiungere Grace.
In ospedale Grace viene subito portata oltre le porte del pronto soccorso lasciandomi in sala d'attesa. Non passa molto prima che tutta la famiglia Bradshaw si presenti in ospedale. Si avvicinano all'istante, il terrore dipinto sul viso. Nella frenesia del momento, però, non mi sfugge la sua presenza. È arrivato insieme a lei, mano nella mano. Distolgo all'istante l'attenzione e zittisco tutti. «L'hanno appena portata al pronto soccorso, dovranno fare delle analisi, un elettrocardiogramma e un ecocardiogramma. Ci vorranno un paio di ore, è la procedura» spiego.
«Avery» deglutisce Greg. Le gemelle al suo fianco, strette a lui.
«Non ci diranno niente?!» esclama Danny.
«Respirava, Danny, te lo assicuro. Sono certa che si riprenderà» appoggio una mano sul suo braccio.
«Non puoi fare niente?» prende parola Molly. «Hai... hai detto che sei un medico, no?»
«Come, scusa?» mi guarda confuso Tom.
«Che diamine significa?» si aggrega Caleb.
Mordo il labbro inferiore. «Okay... okay» mormoro. «Vivienne, hai il mio cellulare?» chiedo.
«Sì, sì, eccolo» si affretta a passarmelo.
Merda, non ci credo che sto per farlo. Detesto persino ricordare il suo numero, ma è per una buona causa. Porto il cellulare all'orecchio in attesa che accetti la chiamata.
«Pronto?» un accento britannico mi arriva forte e chiaro all'udito.
«Harry? Sono Avery Miller» sospiro.
«Miller?!» urla.
«Sì. Ciao. Ascolta, ho bisogno di un favore urgentissimo. Tuo padre si è più trasferito al Massachusetts General Hospital?»
«Che? Mi chiami alle due del mattino per-»
«Rispondi alla domanda, Harry! È urgente, per l'amore di Dio!» sbraito.
«Caspita» fischia. «Sì, papà si è trasferito giusto un mese fa. Perché?»
«Lo cerco. Grazie dell'aiuto, stronzo» attacco la chiamata e corro in direzione della reception. «Salve, cerco il dottor Ford. È in servizio?» chiedo all'infermiera. «È urgente» aggiungo.
La donna rilascia un profondo sospiro e digita qualcosa sulla tastiera del suo computer. «Hm-hm. Glielo chiamo» afferra la cornetta del telefono e fa una veloce chiamata.
«Grazie mille.»
Qualche minuto dopo le porte del pronto soccorso vengono varcate dal padre di Harry. Cielo, non è cambiato di una virgola.
«Avery Miller... e tu che ci fai qui?» mi accoglie con un sorriso smagliante. Leonard Ford è sempre stato un ammaliatore e ne è cosciente.
«Salve, dottor Ford, mi dispiace doverla disturbare ma una mia carissima amica è stata portata al pronto soccorso poco fa. Si chiama Grace Ryan, è sulla settantina. Ha avuto un infarto, sono riuscita ad effettuare una rianimazione cardiopolmonare ma non so altro. Potrebbe farmi la cortesia di controllare? La prego» lo guardo supplicante. «Là c'è tutta la sua famiglia, sono terrorizzati» indico i Bradshaw poco distanti da noi.
Leonard li osserva e poi torna su di me. «D'accordo... di norma sai che non potrei fare questo genere di cose ma sei una brava ragazza, Avery, ti darò una mano» sorride.
«Grazie di cuore» rilascio il respiro che non sapevo di star trattenendo e osservo l'uomo allontanarsi.
Torno dagli altri con un piccolo sorriso sul volto. «Quello è Leonard Ford, viene da Londra ed è uno dei migliori cardiologi del paese. Facevo il tirocinio insieme a suo figlio e ricordavo che si dovesse trasferire qui a Boston, così ho provato a vedere se riuscivo a rintracciarlo ed è andata bene. Il dottor Ford ci dirà qualcosa a breve, d'accordo?» guardo Danny, ma mi riferisco a tutti quanti.
«Grazie, grazie mille» mi abbraccia il moro.
«Vedrai che andrà tutto bene» lo rassicuro prima di rivolgermi a Greg. «È tosta.»
«Lo so» accenna un breve sorriso.
Afferro il cellulare, notando alcuni messaggi di Harry. Lo ignoro e rimetto l'aggeggio nella tasca dei jeans. Passano quindici minuti prima che Leonard Ford si avvicini a noi. «Siete i Ryan, giusto?»
«Sì» risponde Greg.
«Bene, la signora Ryan si è ripresa e adesso sta riposando. Abbiamo eseguito delle analisi e un ECG e si è trattato di un infarto» spiega.
«Cos'è uscito fuori? Ho pensato ad uno scompenso cardiaco ma non ho voluto essere così pessimista» sospiro.
«Dalle analisi fatte e i controlli si tratta di Aterosclerosi» risponde il dottor Ford.
«Sul serio?» sbatto le palpebre. «Greg, che tu sappia Grace mangia male?»
«Abbastanza» sospira lui. «Le ho detto più volte di evitare l'abuso di formaggi ma ne mangia parecchi. E anche cioccolato.»
«Ma di che si tratta?» domanda Vivienne. «Cos'è questa aterosclerosi.»
«Dottoressa, ci pensa lei?» il dottor Ford incrocia le braccia al petto.
Durante uno dei miei esami era presente anche lui in commissione, dunque, sa che posso spiegare alla perfezione il concetto. Nonostante ciò, la pressione del titolo che mi ha affibbiato mi fa soffocare. Non meriterei di essere chiamata così.
«Solitamente un infarto si verifica quando una o più arterie – definite coronarie – che portano sangue ricco di ossigeno al cuore si chiudono. Nel corso del tempo, un'arteria coronaria può diventare ristretta per l'accumulo di colesterolo. E questo processo che porta all'accumulo di colesterolo nelle arterie dell'intero organismo viene definito aterosclerosi» spiego fissando solo lei.
«Pertanto, provvederemo a tenerla in osservazione per la notte e da domani le prescriverò una dieta sana da rispettare. Il mese prossimo tornerà per controllare che le cose vadano bene e da lì vedremo come proseguire» conclude il dottore.
«Possiamo vederla?» domanda Paige.
«Meglio lasciarla riposare. Solo uno di voi può rimanere.»
«Resto io. Domani, quando la dimetteranno, ci vediamo tutti a casa» dice Greg.
«Bene» sorride Leonard Ford. «Avery, è stato un piacere rivederti e mi è dispiaciuto parecchio sapere di come sono andate le cose. Spero che tu possa trovare la tua felicità adesso.»
«Sono sulla strada giusta. Ancora tante grazie, dottore.»
Quando il dottor Ford ci lascia noto le facce più tranquillizzate di tutti. Rilascio un sospiro profondo e indosso il cappotto che Vivienne tiene ancora in mano. «Ehi» bisbiglio.
«Ehi» stringe la mia mano.
«Ascolta, domani penso io al negozio. Tu prenditi la giornata e stai con Grace. Va bene?»
«No, resta chiuso e basta. Vieni anche tu» ribatte.
«Io... ho bisogno di un po' di tempo, Vivienne. Non pensavo che avrei affrontato una cosa del genere e ho bisogno di riprendermi. Ti prometto che passerò nel pomeriggio per vedere come sta ma non chiedermi di... non ce la faccio» mi si spezza la voce.
«Va bene. Ehi, va bene» stringe il mio volto tra le mani.
«Okay» annuisco. «Adesso vado a casa. Ti scrivo non appena arrivo. Voglio fare due passi.»
La mora sospira, sa che non riuscirà a farmi cambiare idea.
«Saluta gli altri.»
Lei annuisce e mi guarda mentre varco le porte d'uscita. Non mi guardo indietro mentre lascio l'ospedale. Non ne ho il coraggio. Ho solo bisogno di sprofondare a letto e rilasciare tutta la tensione accumulata. Ho fatto cose più delicate durante il tirocinio, eppure, la rianimazione di stasera è stata la più terrificante di tutte. Grace sarebbe potuta morire... pesanti lacrime mi solcano il viso mentre accelero il passo verso casa. Le ho salvato la vita, sì, ma è comunque difficile da credere. Avrebbe potuto non svegliarsi più. C'è mancato un pelo.
Beh, buon compleanno a me.

𝐀𝐕𝐄𝐑𝐘 [𝐁𝐨𝐬𝐭𝐨𝐧 𝐋𝐞𝐠𝐚𝐜𝐲 𝐒𝐞𝐫𝐢𝐞𝐬 𝐕𝐨𝐥.𝟏]Where stories live. Discover now