30.

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Prendo una mattinata di riposo dal lavoro per fare una visita in ospedale. Per fortuna il dolore è svanito ma il medico ha preferito ricontrollare per avere la certezza assoluta che mi fossi ripresa e così, eccomi qua.
Sono soddisfatta quando, poche ore dopo, il dottor Jensen mi informa che va tutto alla grande e mi sono ripresa del tutto. Il peso sul petto si dissolve e con esso tutta l'ansia che avevo accumulato durante la notte precedente. Anche il mio viso è privo di croste o lividi e pianifico di tenerlo così per il resto dei miei giorni. In quest'ultimo mese sono successe abbastanza cose da lasciarmi più che scossa, direi che posso tornare alla mia vita monotona che tanto amo con un bel sorriso sul volto. È ora di respirare un po' di tranquillità, il mio corpo me lo deve.
Informo Vivienne che la visita è andata alla grande e che passerò per il turno pomeridiano. Ieri ha insistito parecchio affinché prendessi l'intera giornata ma non c'è stato verso di cambiare idea. Dopo due settimane a poltrire ho bisogno di lavorare e rimettere in sesto le mie finanze. Abbastanza martoriate, aggiungerei.
Mi godo la bella giornata con un sorriso sul volto. È vero, si gela, ma il calore del sole è così piacevole da far passare in secondo piano il freddo artico. Mi fermo in un bar per un pranzo veloce che consiste in un tramezzino prosciutto e mozzarella e una lattina di tè al limone. Il pranzo dei campioni, insomma.
Arrivo al Velia's intorno alle due e un quarto del pomeriggio, il cartellino è ancora girato e la cosa mi fa sghignazzare. Apro la porta e tu guarda, la trovo in piedi con un muffin in mano, una candelina su di esso. «Tanti auguri, tesoro!» urla, correndo nella mia direzione. Ricambio l'abbraccio con una risata, attenta a non farle cadere il muffin che tiene in mano e le do un bacio sulla guancia. «Posso?» indico il muffin.
«Esprimi un desiderio!»
Non ho la più pallida idea di cosa desiderare, in pratica ho già quello che voglio. Beh, forse una sicurezza in più...
Desidero essere felice.
Soffio sulla candelina e poi la spezzo in due.
«Evviva!»
«Interrompo qualcosa?»
Io e Vivienne ci voltiamo in direzione della porta, suo figlio ci osserva cercando di capire il perché di questa frenesia. Stringo le labbra, indossando la mia nuovissima maschera d'indifferenza. Vivienne sorride, ma non nello stesso modo di prima. «Ry compie ventidue anni oggi, ha appena soffiato sulla candelina» spiega. «Dalla a me, la vado a buttare» mi porge la mano.
Le sorrido e le cedo la candelina. Non c'era fretta ma è chiaramente una scusa per lasciarmi sola con Devon.
«Non mi hai detto fosse il tuo compleanno» dice quando la madre si è allontana.
Avrei dovuto?
«È un'informazione qualunque, nulla di importante» ribatto tranquilla. «Ti serviva qualcosa?» chiedo prendendo posto al bancone.
Aggrotta la fronte, come se non capisse perché improvvisamente sono così schiva nei suoi confronti. «Ti ho scritto stamattina ma non ho ottenuto risposta. Ho pensato di fare un salto per vedere se fossi incappata in qualche altro cazzotto ma vedo che stai bene.»
Questa deve essere la spiegazione più lunga che io gli abbia mai sentito pronunciare. «Non ho avuto tempo di controllare i messaggi, sono stata in ospedale» spiego, tirando fuori una bottiglietta d'acqua dal cassetto sotto alla cassa. Teniamo alcune bottigliette in caso di emergenza.
«Come mai sei andata in ospedale?» domanda avvicinandosi.
Da quando si interessa così tanto alle cose che faccio? Di solito sono io a dirigere le nostre pseudo-conversazioni. «Solo per una visita di routine.»
«E?» arcua un sopracciglio, in attesa che continui.
Lo infastidisce dovermi cavare le risposte di bocca. Bene, almeno saprà cosa vuol dire avere a che fare con lui. «E niente. È tutto okay» prendo un altro sorso d'acqua prima di avvitare il tappo.
«Bene.»
«Bene» ripeto, non sapendo cos'altro aggiungere. Per la prima volta in sua presenza mi ritrovo ad essere più infastidita del solito. Voglio dire, sono sempre stata consapevole del genere di ragazzo che Devon è ma non è mai stato un problema. Mi piace chiacchierare e tirare le fila di una conversazione, mi piace battibeccare con lui e punzecchiarlo. Eppure, questa volta, la sua tranquillità mi urta. Credo mi faccia andare fuori di testa più il fatto che provi qualcosa che non dovrei a proposito degli eventi di ieri sera. Noi non siamo niente, lui non mi deve niente. È solo che non mi piace il doppiogioco e penso che sia esattamente quello che sta facendo.
«A proposito di ieri se-»
La voce squillante di Vivienne lo interrompe e di questo ne sono eternamente grata. «Avery! C'è Alec al telefono, vuole farti gli auguri!»
Un sorriso spontaneo mi incurva le labbra. «Devo andare.»
Raggiungo Vivienne in ufficio e scambio quattro chiacchiere con la famiglia Morgan. Quando torno al bancone, di Devon Bradshaw non c'è più traccia e forse è meglio così.

A fine giornata, stiracchio le braccia e seguo fuori dal negozio Vivienne. A quanto pare oggi verrò scortata fino a casa perché ha intenzione di bere qualcosa con me. Non mi dispiace come idea, dunque, perché no? Durante il tragitto non posso far altro che lanciare occhiate alla mora al mio fianco. Mi ha fissata un paio di volte, come a voler chiedere qualcosa, ma si è ritratta tutte le volte. Credo voglia domandarmi di Devon. Anzi, ne sono quasi certa, però sa che otterrà solo risposte vaghe e di conseguenza preferisce star zitta. È adorabile.
Arriviamo a casa dopo qualche minuto; inserisco la chiave nella serratura facendola scattare e apro la porta. «Scusa il casi-»
«Sorpresa!»
Sobbalzo, colta alla sprovvista e porto una mano al petto quando realizzo che Delia, le gemelle e Grace si trovano proprio al centro del monolocale, calici in mano e sorrisi splendenti sui loro bei volti. «Oddio! E voi cosa ci fate qui?!» esclamo abbracciandole una per volta.
«Abbiamo pensato di organizzare una cena fra donne, nulla di troppo eccessivo» risponde Delia.
«Grazie» le stringo la mano. «Non avreste dovuto, ma grazie.»
«Vieni, ti riempiamo il calice» Paige mi tira fino al bancone dove un altro paio di calici sono colmi di spumante.
«Ma come avete fatto?» chiedo guardandomi intorno. C'è una semplice scritta di buon compleanno attaccata ai pensili della cucina e alcuni palloncini fissi al soffitto. Il bancone, che ho scoperto potersi allargare di circa due posti, è imbandito di stuzzichini, bevande e dolciumi.
«Abbiamo pensato di ordinare italiano» sorride Grace.
«Avete pensato benissimo!» l'abbraccio, estremamente felice del gesto che hanno fatto. Non mi sarei mai e poi mai aspettata una piccola festa a sorpresa.
«Abbiamo chiesto al signor Gamble di farci entrare, ovviamente lo ha fatto solo perché ci conosce. Gli abbiamo spiegato la nostra idea e ci ha detto di avvisarlo in caso ci fossero stati problemi» spiega Molly prima di portarsi alle labbra una patatina.
«Gli mando un veloce messaggio in cui lo avviso che è tutto a posto» tiro fuori il cellulare dai jeans.
«Noi iniziamo ad apparecchiare, che dici?» mi guarda Vivienne.
Annuisco dando l'okay e scrivo al padrone di casa. Mi fido sul fatto che non avrebbe mai e poi mai fatto entrare degli sconosciuti in casa, questa è stata un'occasione particolare. In più, conosce i Bradshaw da anni e ha visto Danny e Devon qualche settimana fa proprio qui. Chiudo la chat e scorro tra i diversi messaggi di auguri da parte della grande famiglia, con un sorriso scrivo un messaggio generale di ringraziamento e lo inoltro a tutti. L'unica chat che non ho ancora aperta è quella di Devon. Mi faccio coraggio e leggo i messaggi che mi ha scritto a distanza di mezz'oretta.

Da DB: Ho saputo da Aurora che sei passata ieri.
Come mai non mi hai avvisato?

Da DB: Rori è un'amica, Avery.

Ma certo.
Un'amica.
Mezza nuda e con i tuoi vestiti addosso.
Blocco il cellulare, lanciandolo sul divano e mi volto verso le donne che mi hanno sorpreso. «Si mangia?» mi avvicino alle gemelle che, senza commentare, stringono le loro braccia attorno alla mia schiena.
«Ci siamo!» esclama Delia. «Prendete posto.»
Ci sistemiamo attorno al bancone e per fortuna riusciamo a starci tutte. La cena consiste in due semplici portate: pasta al ragù e cotoletta con contorno di patatine fritte. Non ho idea di dove si siano servite ma è davvero tutto squisito. Spazzoliamo tutto, lasciando solo qualche avanzo di pane all'aglio che Vivienne ha cotto nel caso avessimo ancora fame. Con la pancia piena, mi sistemo meglio sulla sedia e osservo quelle che piano piano sono diventate delle amiche conversare del più e del meno. Delia e Vivienne stanno sparecchiando sotto nostre proteste, ma testarde come sono preferiscono sistemare così da non dover fare tutto dopo.
I miei occhi finiscono su Grace, intenta a sventolarsi. È molto sudata e non capisco come potrebbe visto che mancano pochi giorni all'inizio di dicembre. Fuori si congela. Aggrotto la fronte, il petto si solleva e si abbassa abbastanza velocemente, strizza gli occhi come se stesse tenendo a bada qualcosa e la sua bocca continua a muoversi piano, semiaperta.
Porca puttana.
«Grace!» scatto in piedi e mi avvicino alla donna. Il chiacchiericcio si spezza all'istante. Mi guardano tutte confuse, come se mi fosse appena spuntata una terza testa.
«Tesoro, che succede?» domanda Molly.
La mano di Grace smette di muoversi, poi crolla sul pavimento della mia cucina, priva di sensi. 

𝐀𝐕𝐄𝐑𝐘 [𝐁𝐨𝐬𝐭𝐨𝐧 𝐋𝐞𝐠𝐚𝐜𝐲 𝐒𝐞𝐫𝐢𝐞𝐬 𝐕𝐨𝐥.𝟏]Όπου ζουν οι ιστορίες. Ανακάλυψε τώρα