42.

7.4K 308 51
                                    

Le sue parole mi arrivano addosso come una secchiata d'acqua gelida. Non posso credere di avergli rivelato una cosa così tanto intima mentre ero in uno stato pietoso indotto dal sesso e il sonno. Questo è un ricordo che mi porterò appresso per il resto della mia vita ma di certo non pianificavo di dirlo, assolutamente. Penso di fare abbastanza pena alla gente che mi circonda, mettere altra carne al fuoco sarebbe inutile. Adesso che è venuto fuori, però, non c'è molto che possa fare.
Ho inventato parecchie bugie e omesso alcune verità, se negherò a Devon ciò che ho detto ieri sera capirà che sto mentendo e... non voglio tenergli nascosto altro, bastano tutti i sentimenti che ho iniziato a provare dal momento in cui Aurora Sullivan è diventata una nemica ai miei occhi, quando è accorso in mio aiuto, quando ha salvato un furetto e gli ha persino dato una casa... già, direi che è meglio rivelare il mio ultimo grande segreto.
Fisso l'ingorgo davanti a noi per un paio di minuti, ho bisogno di raggruppare i pensieri ed esporre la cosa nel modo più estraneo possibile. Rivivere quel pomeriggio non è tra i miei piani futuri e di sicuro non lo è nemmeno sognarlo com'è successo per mesi dopo quel giorno.
«Avery, non devi parla-»
«No» lo interrompo. «Sarebbe sciocco da parte mia prenderti per stupido e dirti che hai sentito male. Ho solo bisogno... di un attimo» aggrotto la fronte, giocando nervosamente con le dita.
«Ascolta, vuoi passare da me? Stai un po' con Furia e poi ti riporto a casa. Non ci sono allarmi e il cielo sembra piuttosto sereno, perciò, non ci saranno intoppi» dice rivolgendomi uno sguardo prima di tornare sulla strada.
«Sarebbe bello, sì» accenno un sorriso.
Devon annuisce e riparte.
Ci impieghiamo un'ora e mezza per arrivare a Boston. Non appena percorriamo la familiare strada che porta all'appartamento di Devon il cuore sfarfalla. È bello tornare a casa.
Sbatto le palpebre, scioccata dal pensiero che ho appena fatto.
Casa.
Ho chiamato Boston 'casa' e per la prima volta lo intendo con ogni fibra del mio essere. Sono nata qui, eppure, crescendo ho sempre desiderato andare altrove. Quando il mio desiderio è stato esaudito, però, ho realizzato quanto mi sbagliassi e adesso che sono nuovamente qui, sotto una veste differente, posso finalmente affermare con gioia che sono a casa. Non è stato semplice arrivare dove sono ora ma ce l'ho fatta ed è tutto quello che conta.
Una volta entrati nell'appartamento di Devon Furia si affretta ad accoglierci. Si fionda sul moro zampettandogli sulla schiena per poi passare alla sottoscritta a cui riserva lo stesso esatto trattamento. «Ciao, tesoro. Ti siamo mancati?» accarezzo il suo dorso.
«Per fortuna ho lasciato abbastanza crocchette e acqua» sospira Devon, riempiendo le ciotole del furetto.
«Lo fai sempre quando esci?» chiedo mentre lascio andare Furia che si avvicina alla ciotola dell'acqua.
Devon annuisce, accarezzando la testolina dell'animaletto. «Sì. Non voglio che muoia di fame in caso dovessi tardare in palestra o da te.»
«Capisco. È una buona idea» accenno un altro sorriso. C'è una certa tensione nell'aria e so che è dovuta alla nostra conversazione. Com'è che si dice, via il dente via il dolore? Meglio sbrigarsi, devo fare una doccia e caricare la lavatrice. E se vogliamo dirla tutta, credo di avere la necessità di un attimo per me, soprattutto dopo la chiacchierata che stiamo per fare.
«Hai... fame? Posso preparare qualcosa» si muove a disagio.
Non è la prima volta che mi guarda in modo strano, l'ho notato anche quando siamo andati a fare body painting. La cosa che più detesto è non riuscire a decifrarlo. Sono brava di solito, riesco a capire cosa gli passa per la testa, ma quando mi guarda in questo modo... non c'è molto che possa fare.
Decido di salvarlo dalla miseria. «No, grazie. Sono pronta a parlare.»
Devon si avvicina al divano, Furia fa lo stesso accoccolandosi con il busto sulla mia coscia e la testa su quella del ragazzo al mio fianco. Come fa a stare comodo mi è impossibile capirlo.
Sbuffo una risatina mentre lo vedo addormentarsi e poso una mano sulla sua schiena pelosa. «Fare parte di una famiglia ricca che partecipa a eventi mondani di ogni tipo non è mai stato semplice. Lo so, certa gente potrebbe pensare: cosa c'è di difficile nel viaggiare, bere champagne su uno yacht e ridacchiare ogni qualvolta ti viene richiesto? Tutto, Devon. È una continua gara a chi possiede il gioiellino più costoso e bello di tutti. Sono manichini sorridenti che dietro sputano veleno e vorrebbero strapparti la pelle a morsi solo perché ti sei presentato con una borsa della nuova collezione di Versace in anteprima e loro no» scuoto piano il capo, ripensando a tutte le false risate e i complimenti ipocriti che ho sentito. «I miei genitori sono sempre stati ricchi. Provenivano già da famiglie benestanti, quindi, hanno ereditato loro tutto quello che avevano. Papà ha sempre adorato stare sotto ai riflettori e vantarsi di aver girato il mondo già tre volte. Mamma è stata creata per lui. Una moglie perfetta, proveniente da una famiglia perfetta che gli ha donato una vita perfetta. Magnifico, no? Peccato sia arrivata io a rovinare tutto» sbuffo una risata.
Devon mi guarda con attenzione, accarezzando distrattamente la testolina di Furia che dorme beato tra di noi.
«Hanno fatto il possibile per plasmarmi come più credevano e quando alla fine delle elementari hanno scoperto che fossi molto... sveglia, hanno fatto tesoro dell'informazione e mi hanno spinta a studiare notte e giorno. Ho saltato interi anni scolastici e mi sono laureata a Oxford a diciannove anni. Non è stato semplice» deglutisco, posando gli occhi su Furia. «È andata avanti per un po' ma iniziavo a pensare sempre più spesso che volevo solo scappare via. Un pomeriggio... ci ho riflettuto più del previsto, ero con la testa tra le nuvole, e non ho sentito mia madre richiamarmi. È entrata in camera come se avesse avuto il diavolo alle calcagna e mi ha strappato di mano il libro che stavo leggendo» mi fermo un attimo, rilasciando un respiro profondo. «Mi ha urlato contro che mi stava chiamando da un sacco di tempo, ma giuro che non l'avevo sentita. Ero in pausa dopo uno studio durato sei ore, ero stremata» spiego.
«Sei ore di studio e ti urla contro?» mormora schifato. «È da pazzi.»
Annuisco. «Non per mia madre. Comunque, mi sono scusata di non averla sentita e l'ho informata che stavo facendo una pausa. Lei... si è avvicinata e dopo avermi presa a schiaffi un paio di volte mi ha stretto la mano attorno al collo» la mia voce diventa sempre più flebile. «Mi ha urlato contro che dovevo ascoltarla, che non potevo sempre fare quello che volevo... mi ha detto che se non avessi messo la testa a posto ci avrebbe pensato lei a farlo, infilandomela dentro lo scarico. Mio padre deve aver sentito le urla di mamma e l'ha richiamata. Lui non ama il chiasso» accenno una risata amara. «Mia madre mi ha guardata infastidita e mi ha detto che dovevo sbrigarmi a preparare per il party di beneficenza di alcuni amici.»
«E tu lo hai fatto, vero? Ci sei andata» mi guarda, già conscio della mia risposta.
«Certo. Ho usato un intero flacone di fondotinta perché ogni volta che coprivo un livido iniziavo a piangere, eppure, sono andata con uno dei sorrisi più raggianti di sempre.»
Devon ha di nuovo lo stesso sguardo di prima. Mi osserva stralunato, come se non capisse chi ha davanti. «Non hai versato nemmeno una lacrima.»
Che gentile a farmelo notare. Gli rivolgo un sorriso sottile. «Non voglio più piangere per loro. Sono usciti dalla mia vita una volta per tutte si spera, quindi... adesso penso a me. Me lo devo.»
Lui mi osserva attento, trovandosi in accordo con me. «È vero. Però permettimi di dire una cosa: tua madre è proprio una stronza.»
Sbuffo una risatina, non riuscendo a trattenerla e annuisco per l'ennesima volta. «Lei e mio padre sono stati creati per stare insieme, si completano. Adesso... mi riporti a casa? Per quanto mi piaccia avere addosso questo pelosetto» accarezzo Furia. «Sento davvero la necessità di fare una doccia rigenerante.»
«Nessun problema» si alza dopo aver spostato Furia sul divano. «Ne approfitto per lasciare il furgone al Velia's
Gli sorrido, eppure non posso far altro che pensare al modo in cui mi ha guardata poco fa. Qualcosa non quadra, ma la cosa ancora più assurda e che non credo abbia a che fare con me. Non lo so, non ci capisco più niente quando sono al suo fianco. Ora voglio solo tornare a casa e riposare in pace per cinque minuti interi, senza la minima interruzione. 

𝐀𝐕𝐄𝐑𝐘 [𝐁𝐨𝐬𝐭𝐨𝐧 𝐋𝐞𝐠𝐚𝐜𝐲 𝐒𝐞𝐫𝐢𝐞𝐬 𝐕𝐨𝐥.𝟏]Where stories live. Discover now