48.

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La zona è esattamente come la ricordavo. Un po' più illuminata viste le decorazioni natalizie. Il cuore batte frenetico all'idea di rivederlo. Tom si schiarisce la voce, attirando la mia attenzione. «Tesoro, sei certa che sia questo l'indirizzo?» domanda guardandosi intorno.
Non conosce nessuno in questo quartiere, comprendo il suo tentennamento. Accenno un sorriso e apro lo sportello della macchina. «Assolutamente sì. Se può rassicurarti sto andando da Devon» ammetto.
La sua espressione cambia. È decisamente più sollevato.
«Nella speranza che ci sia, certo» aggiungo nervosa.
«Ti aspetto qui, va bene? Se lo trovi mi mandi un messaggio e io vado, almeno sarò certo di non averti lasciato in pasto ai ratti giganti» dice guardandosi intorno. «Ma lo hai visto quello che ci è passato accanto poco fa?» rabbrividisce disgustato.
Ridacchio e annuisco. In effetti i ratti che girano qui nei dintorni sono parecchio grandi. Verrebbe da domandarsi se non sono animali geneticamente modificati o meglio, se non dovessimo preoccuparcene. «Non c'è problema» prendo parola ondeggiando il cellulare. Dopo aver attivato la torcia lo saluto e mi faccio strada.
Non è cambiato niente dalla prima e unica volta che ho messo piede in questo quartiere. Supero i vari cortili, attenta a non far rumore e soprattutto a non spaventare la gente che si gode una tranquilla serata in casa. Più mi avvicino, più il cuore minaccia di esplodere. «Ti prego, fa che sia qui, fa che sia qui...» sussurro.
Ci sono due lampioni principali che riflettono la loro luce sull'edificio abbandonato, questo basta per accorgermi della figura seduta su una delle tre sedie. Trattengo il fiato alla sua vista e mi affretto a spegnere la torcia. Avviso Tom di averlo trovato e rimetto il cellulare nella tasca del cappotto. Rilascio un respiro tremolante e mi faccio avanti. I tacchi scricchiolano quando calpesto l'asfalto a causa delle pietruzze.
La testa di Devon scatta nella mia direzione, si alza e non appena mi mette a fuoco arretra, come se lo avessi appena schiaffeggiato in pieno viso. Tuttavia, non posso biasimarlo, qualche ora fa l'ho cacciato di casa e adesso mi presento nel posto più importante per lui. Se la prima volta non avevo idea di chi fosse il proprietario di questa casa adesso è chiaro cristallino. Darren abitava qui, ne sono certa.
«Che ci fai qui?» domanda più che sorpreso dalla mia presenza.
Compio un altro passo in avanti, poi un altro fino a quando non lo raggiungo. «Sapevo di trovarti qui...» mi guardo intorno. «E non posso far altro che rimanere stupita dal fatto che tu mi ci abbia portato per il nostro primo appuntamento.»
«Non avevo capito lo fosse. Da quel che ricordo avevamo ben messo in chiaro che si trattasse di mera attrazione» sento il suo sguardo addosso, mi scalda da cima a fondo. Una sensazione confortante che non provavo più da una lunga settimana.
«È ancora così? Pensi che la nostra sia solo mera attrazione?» mi volto nella sua direzione. I nostri sguardi si incatenano all'istante.
«Credo sia ormai troppo tardi per classificarla solo in quel modo, non ti sembra?»
«Già...» annuisco prendendo posto sulla sua sedia.
Devon risucchia un respiro alla mia azione ma non dice nulla, si avvicina e basta. Sembra ancora incredulo all'idea di avermi davanti e la cosa mi rallegra tanto da farmi mordere l'interno guancia per trattenere un sorriso.
«Doveva essere una bella casa.»
«Lo era. A... Darren piaceva molto. Ci abbiamo passato anni lì dentro» fissa la casa con sguardo nostalgico.
Annuisco, attenta alle mie parole. «E lui com'era?»
«Davvero un bravo ragazzo. Ti sarebbe piaciuto sicuramente. Forse fra i due avresti scelto persino lui» mi guarda.
«Non penso» scuoto piano il capo, nascondendo il tremolio delle mani sotto alle cosce.
Sono terrorizzata ed emozionata allo stesso tempo. È questo l'amore?
«Perché?» freme dalla voglia di conoscere la risposta ma, come sempre, è molto bravo a non darlo a vedere.
«Perché quello che ho sentito per te nel momento in cui ti ho posato gli occhi addosso continuo a non saperlo spiegare. Forse potremmo chiamarla banalissima attrazione fisica, ma a me piace più la parola magnetismo. È questo che sei per me: un magnete. Mi è bastato guardarti e...» lascio la frase in sospeso.
«Penso... penso di trovarmi d'accordo» mormora.
Dio, la sua voce. Mi è mancata così tanto.
«Ah, sì? E come mai? Fino a una settimana fa eri tu quello a dire che qualunque cosa ci fosse tra di noi non poteva andare oltre» lo pungo sul vivo perché è così che deve andare. Non voglio torturarlo, ma desidero che gli sia chiara la mia posizione. Io sono una sua pari, non può trattarmi come meglio crede e gettarmi via quando non gli vado più bene.
«Lo so. Volevo solo tenerti al sicuro da me.»
«Devon, non c'è nulla da cui tenermi al sicuro» mi alzo. «Fino a qualche ora fa ero terrorizzata dall'idea che se ti avessi dato una chance avrei potuto rimanere ferita ma... poi mi sono data dell'ipocrita perché è sbagliato da parte mia dirti di iniziare a vivere e poi essere la prima a non farlo perché troppo spaventata. Perciò sono qui per dirti delle cose, poi starà a te» prendo un profondo respiro e lo guardo dritto negli occhi. «Sono innamorata di te e voglio avere una storia. Non me ne faccio più niente del sesso e basta. Io voglio ogni cosa. Ogni.Singola.Cosa, Devon. Se hai un problema me ne parli, se vuoi stare da solo me lo dici. Dovrai fare una cosa davvero tremenda per te, me ne rendo conto, ma la comunicazione serve se vogliamo andare avanti. E io lo desidero tanto. Andare avanti con te. Non negherò di essere terrorizzata da questo percorso ma sono anche pazza di te e voglio starti accanto. Noi... noi siamo perfetti insieme» biascico l'ultima frase con il cuore a mille.
«Colmi i miei silenzi» afferma. «Mi spingi fuori dalla mia comfort-zone... mi affronti senza paura» sfiora il mio viso con la nocca dell'indice.
Chiudo gli occhi beandomi del suo tocco e attendo. «Sei una mamma coi fiocchi – e a proposito, manchi tantissimo a Furia. Sei intelligente, divertente, bella. Tu sei semplicemente il mio sole, Avery» sussurra sulle mie labbra. «E io posso essere la tua luna se me lo permetti.»
Annuisco, alla disperata ricerca di un suo bacio. Devon non se lo fa ripetere due volte: afferra il mio viso con le mani e pianta la bocca sulla mia catturandola in un bacio feroce. Avvolgo le braccia attorno alla sua schiena mentre lascio che le nostre lingue si cerchino fameliche. Cielo, lo amo così tanto. È inspiegabile il modo in cui mi fa sentire.
«Devon» ansimo. «Portami a casa. Per favore» lo supplico.
«Da me o da te?» domanda afferrando la mia mano per poi trascinarmi via.
«Da te. Voglio vedere Furia.»
Lui annuisce e poi inizia a correre.
«Fermo!» strillo. «Ho i tacchi, non posso correre senza rischiare di spezzarmi l'osso del collo!»
Devon frena di botto. Un altro strillo lascia le mie labbra quando stringe le mani attorno alla mia schiena e le cosce e mi tira su prima di riprendere a correre. Rido all'impazienza che rispecchia perfettamente la mia e attendo che ci trascini verso la moto o la macchina. Non mi è sembrato di riconoscere nessuna delle due all'andata.
Superiamo un paio di abitazioni, Devon mi fa poggiare i piedi a terra e sblocca l'auto. In effetti, non avrei mai potuto vederla da questa distanza, soprattutto se consideriamo che è buio pesto e la macchina è nera. Prendiamo posto sui sedili, fremendo all'idea di arrivare il prima possibile a casa. Procede tutto alla grande fino agli ultimi cinque minuti. Solitamente mi è sempre piaciuta la First Night ma non questa volta visto che mi sta impedendo di andare a letto con il mio nuovo ragazzo.
«Faccio il giro, la parallela dovrebbe essere più libera» sospira Devon.
«Forse avrei dovuto aspettare domani per parlarti, eh?» sbuffo una risata.
Devon mi rivolge un'occhiata torva, in profondo disaccordo con la sottoscritta. «Non ci pensare nemmeno.»
Continuo a ridere ma non ribatto.
Il moro allunga una mano posandola sulla mia coscia e riparte. Poso gli occhi sulla sua mano e trattengo a fatica un sorriso radioso. Il cuore mi sta chiedendo pietà, riposo ma questa sera non penso lo avrà, dovrà stringere i denti fino a domani mattina, quando mi sveglierò e saprò che niente di questa serata è stato un sogno.
Dopo degli interminabili minuti riusciamo finalmente a scorgere la palazzina di Devon. Il moro parcheggia alla svelta e attende che esca dall'auto. Trattengo a fatica una risata alla vista della sua impazienza, è impossibile non ridere quando un ragazzo così composto come lui freme dalla voglia di avermi. Stringo la sua mano e lo seguo dentro. Quando Devon apre la porta la testolina di Furia è la prima cosa che scorgo, poi lo vedo sfrecciare nella mia direzione. Gli vado incontro e aspetto che si arrampichi sul mio petto. «Ciao, cucciolo» accarezzo ripetutamente il suo corpicino e gli lascio piccoli baci sulla testa. Furia sembra apprezzare perché si rannicchia sulla spalla e sfrega il muso sul collo. Rido, stringendolo un po' di più e sospiro sollevata di averlo rivisto. «Sei il furetto più bello del mondo, non è vero? Sì che è così» lo sbaciucchio.
Devon si schiarisce la voce. Lo vedo battere un piede per terra, in attesa che mi liberi di Furia. «Lascia dormire tuo figlio e pensa a me.»
Una risata liberatoria mi scuote il petto facendo agitare Furia. Il furetto decide che ne ha abbastanza di avere affetto e zampetta in direzione delle scarpe di Devon. Non penso le abbia più usate da quando abbiamo trovato Furia e la cosa mi diverte e addolcisce allo stesso tempo.
Mi avvicino al moro e afferrando la sua mano lo trascino per le scale fino ad arrivare al letto. Non ci mettiamo molto a svestirci a vicenda. Ben presto la mia schiena tocca le lenzuola fresche, avvolgo le braccia attorno al suo collo e continuo a baciarlo. Onestamente non capisco un accidente di cosa succede dopo, talmente inebriata dal momento. Capisco solo che Devon si sta facendo strada dentro di me, riempiendomi centimetro dopo centimetro. Strizzo gli occhi sentendolo ritirarsi per poi rientrare. «Voglio che tu stia sopra» sfiora il mio collo mordendolo piano.
Annuisco e rotolo sui suoi fianchi. Rilascio un gemito profondo al cambio di frizione e prendo a muovermi sulla sua lunghezza. Mi sollevo pigra per poi precipitare con più decisione. Devon mi stringe i fianchi in una morsa mentre si mette a sedere e acciuffa i miei seni tra le mani. Getto la testa all'indietro, lasciandogli campo libero, e prendo a muovermi più velocemente. Sento l'orgasmo montare furioso, non posso più ignorarlo, trattenerlo. «Amore» sussurro sulle sue labbra. È la prima volta che lo definisco per quello che è. La prima volta che permetto alle emozioni di prendere il sopravvento.
Devon rilascia un gemito gutturale venendo senza esitazione. Non è mai successo che venisse lui prima di me, ma onestamente... non ho mai visto nulla di più sexy. Il moro capovolge ancora una volta le nostre posizioni iniziando a spingere, colpo dopo colpo il mio corpo cede e il piacere bruciante mi attraversa da cima a fondo.
Un rumore stridulo seguito da un botto e poi altri mi fa sollevare il volto in direzione della finestra. Un intreccio di colori e scintille danza nel cielo, creando cerchi e forme astratte che si disperdono nell'aria dopo pochi secondi. La musica echeggia per le strade insieme al vociare esaltato della gente. È appena scoccato il primo gennaio.
Devon china il capo nella mia direzione e sfiora il mio naso con il suo. «Buon anno, sole.»
«Buon anno, luna» acciuffo le sue labbra nell'ennesimo bacio, eppure il più bello di sempre. 

𝐀𝐕𝐄𝐑𝐘 [𝐁𝐨𝐬𝐭𝐨𝐧 𝐋𝐞𝐠𝐚𝐜𝐲 𝐒𝐞𝐫𝐢𝐞𝐬 𝐕𝐨𝐥.𝟏]Where stories live. Discover now