2. Giorgio il violinista

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Aveva trovato il blog di Rosa per caso. Era una notte di fine estate, di quelle che sembrano non finire mai. Navigava alla ricerca di nuove idee per la creazione di un sito web, il suo passatempo preferito; sorseggiava una birra fresca, illudendosi di non avere bisogno di altro. La sua vita in fondo andava bene così, aveva una famiglia che gli lasciava i suoi spazi, due sorelle un po' isteriche, ma poteva andargli peggio: le sorelle sarebbero potute essere tre. E comunque, gli restava il violino. Non amava insegnare, avrebbe preferito vivere di concerti anche se quello era un lusso di pochi, soprattutto di chi poteva permettersi di autofinanziarsi. Non contava le volte in cui gli avevano chiesto di suonare senza compenso. Provava sempre un po' di imbarazzo per l'interlocutore di turno.

Provate a chiedere a un muratore di offrirvi la sua manodopera gratuitamente, aveva risposto infinite volte nella sua mente. Il buon senso gli aveva sempre impedito di esternare quel suo pensiero; indispettire le persone, metterle davanti alla propria ignoranza non avrebbe portato nulla di buono.

Vivere della propria arte era stata l'illusione che aveva attraversato tutti i secoli della storia. Qualcuno ce l'aveva fatta, ma lui non era Beethoven. E non viveva neanche nel 1700.

Apriva una birra dietro l'altra, lasciando che i propri pensieri fluttuassero per qualche istante sopra di lui, prima di lasciarli andare.

D'un tratto venne rapito da una poesia che sembrava parlare di lui:

Nascosto
tra le pieghe del tempo
celato
da un mare infinito,
l'azzurro di un monitor,
so che ci sei.
Dico a te,
ragazzo del quartiere accanto
all'altro capo del mondo
in mezzo al deserto
di un pianeta sperduto.
Ti cerco.
Quando mi troverai
ti offrirò i miei ricordi,
gemelli dei tuoi.
Li custodirai
nel tuo scrigno segreto
dalle pareti granitiche
fatte di musica.
Intanto io
Ti aspetto qui.
Non ti ho ancora incontrato
e ho già paura di perderti.

Non era solito lasciare segni dei suoi passaggi virtuali negli innumerevoli siti su cui incappava, ma quella volta tra le righe lesse il suo nome e rispose al richiamo. Gli sfuggì un breve commento, che si concludeva così: "Complimenti alla simpatica padrona di casa", al quale lei non esitò a rispondere.

Rosa si domandò per giorni e giorni come avesse fatto a scovare quel suo diario virtuale, dall'indirizzo improbabile, alla millesima pagina di qualunque motore di ricerca. Così glielo chiese, senza preamboli. Scrisse: "Dimmi come sei riuscito a sbucare fuori dal nulla."

Lui le rispose con una lunga email, in cui le parlò del nulla.

Quasi senza accorgersene, iniziarono a scriversi a cadenza settimanale: lui le raccontava del suo amore per la musica e lei gli parlava di poesia.

A nessuno dei due venne in mente di chiedere all'altro di incontrarsi davvero, sebbene abitassero a una trentina di chilometri di distanza, fino a quando la vita decise che era giunto il momento.

Erano trascorsi quattro mesi da quel loro primo, fortuito incontro. Mentre lui le scriveva per invitarla al concerto che il ventitré dicembre avrebbe tenuto con il suo quartetto a Milano, lei nel medesimo istante lo invitava alla festa che l'imbecille le aveva commissionato.

Così decisero che si sarebbero visti dopo il concerto alla sua festa. Questo permise a Rosa di arrivare a quella sera maledicendo Nicola ma fantasticando su Giorgio.

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