7. Parole lontane

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L'autunno non era il periodo migliore per superare una delusione d'amore. Perché era proprio così che si sentiva: delusa e abbandonata. Provò in tutti i modi a tenere la mente impegnata, ma quel pensiero era sempre inchiodato lì, asserragliato nella roccaforte del suo cervello.

Non aveva alcun senso tutta quella sofferenza, non faceva che ripeterselo. Si era presa una cotta per un bel ragazzo, ma tra di loro non era mai accaduto nulla, e in fondo una cotta non si poteva certo definire amore. A parte qualche sguardo ammirato, David non le aveva fatto alcuna dichiarazione d'amore. Era sempre stato fedele alla sua Matilde, e si era trasferito con lei in un altro continente. Era lei che amava.

Rosa non avrebbe dovuto permettere ai propri sogni di prendere il sopravvento sulla ragione. E anche se lui fosse stato interessato, non avrebbe potuto dichiararsi. Anche lei era impegnata da due anni con un uomo di cui non si era mai lamentata. Tutto sommato con Lucio non stava male. E poi a Milano viveva serena; aveva un lavoro decente che le permetteva di mantenersi agli studi, e le mancavano appena cinque esami per laurearsi in psicologia e coronare uno dei suoi sogni più grandi. Aveva una famiglia presente e affettuosa. Mohamed e gli allievi della scuola di italiano per stranieri le davano immense soddisfazioni. Vedere questi ragazzi imparare la sua lingua, permettergli di inserirsi in un contesto così diverso dal loro che tendeva a osteggiarli, aiutarli senza chiedere niente in cambio, donando loro la cosa più preziosa di sé, il Tempo, era ciò che più di tutto la soddisfaceva. Le era sempre bastato tutto questo per sentirsi realizzata, a posto con la coscienza. Degna di vivere su questo mondo.

Eppure, nonostante gli sforzi, il ricordo di David la tormentava. Spesso, sfinita da quegli sconvolgimenti interiori, si arrendeva al pensiero di lui. Come aveva potuto innamorarsi di una donna come Matilde? Brutta, lunatica, infelice. Non l'aveva mai vista ridere una sola volta! Poteva anche darsi che quel muso sempre lungo fosse soltanto una posa, qualcosa di simile a un atteggiamento snob. Doveva essere una persona molto facoltosa, ma non tanto da poter conquistare qualcuno solo per quello. Di certo David non si sarebbe venduto per pochi spiccioli.

Più di tutto si chiedeva come avesse potuto rinunciare alla sua vita per trasferirsi dall'altra parte del mondo. Con quale coraggio - o vigliaccheria? - aveva abbandonato tutto ciò che aveva costruito in ventisette anni per qualcosa che non conosceva?

Perché qualcosa avrà pur costruito...

Provò a pensare cosa fosse quel tutto, per lui, e si rese conto di conoscerlo poco, quasi per niente.

Non sapeva che lavoro facesse, tanto per cominciare.

Sabrina le aveva detto che da ragazzino aveva recitato in una famosa compagnia teatrale di Verona, ed era così grazioso che a undici anni era stato scelto come testimonial di una famosa marca di abbigliamento.

Prima di partire per la California, però, non si sapeva di cosa vivesse. Di sicuro non frequentava l'università e non praticava alcuno sport. Non doveva avere dei forti legami in Italia, per abbracciare una scelta simile; in effetti non lo aveva mai sentito parlare della sua famiglia, né di nessun'altra persona al di fuori di quel loro cerchio di amicizie.

Da Los Angeles - luogo per lei sconosciuto e di nessuna attrattiva - David spesso le scriveva delle email in cui le ripeteva che sarebbe tornato in Italia a dodici mesi esatti dalla sua partenza per rinnovare il visto, e che in quell'occasione avrebbe voluto vederla. In una email si spinse a chiederle di trascorrere la vacanze estive da lui, offrendosi di ospitarla a Los Angeles. Rosa avrebbe dovuto solo preoccuparsi del viaggio, a tutto il resto avrebbe pensato lui.

"L'idea di non vederti per dodici mesi consecutivi, mi fa girare la testa" le aveva scritto. E lei si lasciò accarezzare da quella tentazione, sebbene il volo, soprattutto ad agosto, costasse un occhio della testa e non avesse mai preso l'aereo in vita sua.

Quella possibilità, per quanto difficile da realizzare, per qualche giorno rese più tollerabile il senso d'attesa che ormai la accompagnava ovunque. Fino a quando un mattino, durante la lezione di psicologia dello sviluppo, Sabrina la invitò a trascorrere le vacanze estive insieme, da David.

«Mi ha chiamato ieri, dice che ne sarebbe molto felice. Ci ospiterebbe lui. Quando ci ricapita un'occasione così?»

Rosa ebbe la conferma che David la trattava come tutte le altre, e lei della sua amicizia non se ne faceva proprio niente. Così abbandonò la folle idea di trascorrere le vacanze dall'altra parte del mondo e smise di rispondere alle email di David.

Non smise però di interrogarsi sul quell'inesplicabile trasferimento negli Stati Uniti; forse quel pensiero, quasi ossessivo, era l'unico modo per ridimensionare il sentimento che si ostinava a crescerle dentro.

Cosa aveva potuto spingerlo in un posto tanto lontano, forse un progetto importante? Per quanto ne sapeva, David era andato lì per lavorare come cameriere in un ristorante italiano. Si guadagnava molto, le raccontava nelle email, i camerieri più abili riuscivano a mettere da parte un bel gruzzoletto. Rosa si chiedeva come un uomo di ventisette anni potesse credere di trovare una realizzazione personale svolgendo quella mansione. Lei, al limite, sarebbe scesa a quel compromesso per qualche tempo. Non per tutta la vita.

Nelle email, alle quali lei non rispondeva più, si lamentava perfino della sua relazione con Matilde, che non andava bene. Non scendeva mai nei dettagli, si limitava ad accennare a un amore che si stava sempre più deteriorando. A quanto pareva, Matilde lo trascurava così tanto da portarlo a dubitare della sua fedeltà.

Ogni volta, prima di chiudere, si raccomandava di salutargli Lucio che, sebbene non fosse un tipo geloso, provava un certo fastidio ogni volta che Rosa riceveva una di quelle email. Qualche domanda se la poneva pure lui; ad esempio si chiedeva perché David scrivesse sempre a lei e mai a lui.

Così un giorno le preannunciò che quando David sarebbe tornato in Italia, ci avrebbe provato con lei. Le disse, senza mezzi termini, che quella fitta corrispondenza non era altro che il preludio di un corteggiamento spietato. Ma Rosa, rassegnata all'idea che David oltre che a lei scrivesse a tutte le altre donne del mondo, non gli prestò ascolto. Anche se quella sera, forse per riconoscenza, guardò con lui la partita del Milan arrivando a gioirne per la vittoria.    

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