23 dicembre 2003 (quando tutto ebbe inizio)

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Rosa uscì dallo specchio.

«Piacere di conoscerti» disse l'uomo che le stringeva la mano.

Parlava in un italiano impeccabile.

Si sentì strattonare; era Michela.

Quando la nube rosa che le offuscava la mente fu evaporata del tutto, Rosa riconobbe il volto pallido di sua sorella.

«Mi fai paura. Ti prego di' qualcosa!»

Lo specchio che aveva di fronte le restituiva un'immagine distorta. Indossava un dolcevita giallo abbinato a una minigonna scozzese, al posto della camicetta indecente che era convinta di indossare.

Si sentì confusa, cercava di afferrare un pensiero che faceva di tutto per scivolarle via. Eppure aveva indossato quella camicetta, ma quando?

Michela intanto le presentò l'uomo che aveva di fronte. Aveva ancora la custodia del violino sulle spalle, una giacca di pelle nera sopra lo smoking, uno sguardo limpido come l'acqua, una bottiglia di vino nella mano libera. Il suo volto rideva di un sorriso assai familiare, i suoi occhi piccoli la osservavano vivaci, la sua pelle chiara risplendeva di gioia. Alle sue spalle tre uomini, due dei quali con altrettanti strumenti, aspettavano di conoscere la 'simpatica padrona di casa'.

«Siete saliti tutti insieme?» domandò stupita. Le modeste dimensioni dell'ascensore non avrebbe potuto contenere quei quattro giganti con i loro strumenti.

Quelle furono le prime parole che pronunciò dopo un lunghissimo silenzio.

«Non vorrai fermarti alle apparenze...» disse Giorgio con un sorriso.

Aveva una voce calda e rassicurante che Rosa accolse come una benedizione.

«Sei proprio tu...?»

Un lieve imbarazzo apparve e scomparve negli occhi del ragazzo nel giro di un istante.

Si riconobbero.

Rosa lo abbracciò di slancio e lui, impacciato, con quella bottiglia gelida in una mano e il violino nell'altra, la strinse a sé cercando di non ferirla.

Rosa e Giorgio entrarono in quel nuovo giro di vita insieme in punta di piedi. Con la musica di un violino muto che lei aveva udito infinite volte, come è infinito il tempo che è ciclico e si ripete ed è rosa, per le anime rosa. L'amore li univa e andava oltre il ricordo, oltre allo specchio d'acqua nel deserto illuminato da un piccolo sole e i suoi due pianeti. Quella parte di vita che si animava nei sogni e al risveglio svaniva, quella volta non l'abbandonò.

Si erano riconosciuti e ancora non lo sapevano.

Si erano ritrovati dopo un lungo vagare.

«Balli con me?» chiese Giorgio a metà serata, senza saper danzare.

«Sì, lo voglio» rispose Rosa, diciannove mesi dopo, ai piedi di un altare.

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