32. Primo giorno di scuola

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Tim: «Si sveglierà in tempo? Mi sembra che dorma così beata...»

Tom: «Non ha puntato neanche una sveglia.»

Tim: «Si sveglierà?»

Tom: «Lui è già in bagno, ma non mi sembra molto entusiasta di questo corso di inglese.»

Tim: «Fa il geloso... dopo quello che ha avuto il coraggio di combinare con Giselle.»

Tom: «Credi che lei debba saperlo?»

Tim: «Credo conosca la sua infedeltà.»

Tom: «Nel dubbio potremmo sussurrarglielo mentre dorme.»

Tim: «Dici che riuscirà a sentirci anche da qui? Che voce può emettere questo piccolo involucro?»

Tom: «Ho sempre la sensazione che ci osservi come farebbe con un essere vivente.»

Tim: «Non so tu, ma io quando mi guarda mi sciolgo...»

Tom: «Non dire sciocchezze. Piuttosto trova un modo per svegliarla. Se non andasse a scuola nemmeno oggi, potrebbe abbandonare l'idea. È importantissimo questo percorso per lei.»

Tim: «Come facciamo, Tom?»

Tom: «Uniamo le forze, Tim. Al tre, urla più forte che puoi.»

Tim, Tom: «Rooooosaaaaaaaaaaa!»

Tom: «...»

Tim: «...»

Tom: «Nulla, non sente.»

Tim: «E tu che volevi parlarle di infedeltà.»

Tom: «Sei tu che mi metti in testa certe idiozie! Non fai che ripetermi che lei ci percepisce.»

Rosa aprì gli occhi.

Aveva in mente una sola parola.

Osservò la flamenquita alta un mignolo accanto alla foto dei suoi genitori.

Disse: «Infedeltà.»

Tim fu scosso da un fremito.

Rosa rimase stupefatta; la statuetta aveva barcollato. Pensò a un leggero terremoto. Sapeva che da quelle parti la terra tremava spesso, ma era il primo a cui assisteva.

Guardò il suo orologio, sottrasse nove ore e realizzò di avere davvero poco tempo per arrivare a scuola puntuale. Dimenticò quel capriccio del sottosuolo, si precipitò in bagno, fece una doccia veloce, indossò un abito leggero e in pochi minuti era sull'uscio di casa.

«Vado a scuola!» urlò. «A più tardi.»

Non ricevette alcuna risposta. Sentì solo sbattere la porta della loro camera da letto. Strinse le spalle e uscì di casa con uno snack in mano, a passo svelto.

Durante il tragitto ripensò a Giselle. Dopo 'quel' giorno era evaporata; immaginò David mentre la baciava sul divano. Provò una fitta allo stomaco. Le tornò in mente la parola 'infedeltà', pronunciata da una voce un po' rauca, da bambino.

Da quanto tempo aveva iniziato a pensare con una voce non sua?

Ricordò i due nani a casa di Paul, ne trovò consolazione. Come quando si è vicino a una persona solare, di quelle che è difficile incontrare, ed è sufficiente un suo sguardo per sentirsi al sicuro.

Dopo quindici minuti di camminata veloce, si trovò davanti alla sinagoga, all'angolo tra Santa Monica Boulevard e Crescent Heights. Scese nelle aule sottostanti, entrò in quella indicata come 4 Beg. Doveva essere la sua.

All'interno c'erano delle persone, tutte adulte, che chiacchieravano tra di loro a piccoli gruppi. Quando varcò la soglia si voltarono a guardarla. Qualcuno le sorrise prima di tornare ai propri discorsi. Poco dopo entrò l'insegnante e ognuno prese il suo posto. Lei rimase in piedi finché Kate non comunicò alla classe, in un inglese molto semplice e lento, che lei era una nuova studentessa e, rivolgendosi a lei, che era attesa da qualche giorno. La salutarono in coro, presentandosi a turno. Lei inclinò la testa in segno di saluto, pronunciò un incerto: «Nice to meet you» e prese posto nel banco libero davanti a quello di Marius, l'unico studente europeo tra una moltitudine di sud americani e asiatici.

«Welcome, Rose» disse allegro il ragazzo.

Rosa gli restituì il sorriso.

Trascorse quasi tutta la lezione domandandosi da dove provenisse. L'insegnante aveva indicato l'origine degli studenti presenti in quell'aula, ma si era limitata ai continenti. Ripensò alla scuola di italiano in cui insegnava. Lei specificava sempre le nazionalità dei suoi allievi. Tunisini, egiziani e marocchini erano africani, ma molto diversi tra di loro. Marius sarebbe potuto essere portoghese o bulgaro. Definirlo europeo risultò troppo approssimativo.

L'insegnante parve leggerle nei pensieri, quando d'un tratto specificò che Rosa era italiana. A quella notizia, i volti degli studenti si illuminarono di stupore. Non era consueto avere degli italiani ai corsi di inglese. Forse gli italiani non frequentano corsi, si disse. O forse non si trasferiscono a Los Angeles. In effetti, continuò tra sé, è una così brutta città. Rise pensando all'attacco isterico che sarebbe venuto a David se si fosse azzardata a esternare un simile abominio.

Quando tornò a casa, mezz'ora prima che David uscisse per andare al ristorante, le annunciò che dal giorno successivo sarebbe andato a scuola insieme a lei. Perché non ce la faceva a vivere senza vederla.

«Stavamo per perderci» disse con voce rotta.

Rosa lo guardò negli occhi, vi trovò un ricordo di quello sguardo pieno d'amore che l'aveva convinta a seguirlo fin lì, e provò di nuovo a essere felice.

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