44. Rosa nel Paese delle Meraviglie

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«Ti terrei qui in eterno. Ma questo non è possibile. Non ancora.»

Non ancora.

«Questo è il posto in cui si va quando si muore?»

«Questo è il posto in cui si va dopo essere morti molte volte e aver preservato la propria luce. Qui verranno gli esseri fatti di luce rosa, come la tua. Il tuo cammino non è compiuto. Anche questa terra non è perfetta, sai? Non corre i rischi della vostra, certo. Il vostro popolo è sempre stato di indole cattiva. Siete per lo più egoisti e non rispettate la vostra natura. Credete in un dio che non avete mai visto. Qui noi crediamo in madre natura, che chiamiamo Sheah. Lei viene contemplata, amata e rispettata. Nessuno la bestemmierà mai. Nessuno le farà mai del male. Noi siamo i guardiani di voi luci rosa, di cui siete custodi sulla vostra terra. Siete rimasti in pochi, la decimazione è inarrestabile. Tu stessa hai rischiato di... perdere la tua luce. È per questo che sono venuto a salvarti. Non potevamo perdere anche te. Il contatto con voi ci è pressoché proibito, potreste contagiarci con il vostro egoismo. Nel giro di qualche decennio ci estingueremmo anche noi. Il tuo cammino non si è ancora compiuto, e se resterai qui sarà come se non fossi mai esistita.»

«'Anche' voi? Perché... chi si è estinto?»

«Voi. Vi siete estinti da un paio di secoli.»

«Ma io sono qui» disse Rosa. Si guardò le mani. «Non mi sono ancora estinta.»

«Avete condannato a morte la vostra terra. Avete decretato la vostra fine. Mi dispiace. Cerchiamo almeno di preservare questo mondo e tu... è ora che torni a casa. A casa tua, in Italia. Lascia perdere quel piccolo uomo. Lui è piccolo davvero, non come me. È un grigio sempre più vicino al nero. È quasi del tutto perduto, restando con lui rischi di perdere la luce di cui sei custode. Torna a casa, torna da chi ti ama davvero, da chi si nutre di te.»

Rosa diede un ultimo sguardo a quel mondo.

Il cielo divenuto indaco, quel piccolo sole al tramonto, i due pianeti. Chissà in quale costellazione era finita.

Un piccolo ruscello scorreva a pochi passi da loro.

«Siamo su un altro pianeta?»

Il nano annuì.

Rosa si avvicinò al rivolo, si inginocchiò. Vide il proprio volto riflesso in quello specchio limpido, gli occhi truccati pesanti.

Li aveva truccati troppo.

* * *

«Rosa vieni, sono arrivati!» provò a scuoterla Michela.

Guardò sua sorella riflessa nello specchio.

La vide svanire.

* * *

«Dimenticherò tutto?»

«Il ricordo rimarrà depositato nella tua luce. Il tuo essere razionale dimenticherà, non lo farà il tuo cuore.»

«Ti prego, fammi restare qui.»

«Lo farei, se potessi. Ma il tuo spirito non reggerebbe il peso dell'eternità. Mi dispiace, Rosa. Non sei ancora pronta.»

«Mi mancherai» sospirò.

«Veglierò su di te.»

Una lacrima cadde nello specchio. L'acqua si mosse, offuscando per qualche istante la sua immagine. Appena ritrovò la limpidezza, al posto del suo volto vide apparire una mano.

«Prima di andare, dimmi almeno chi sei.»

«Chiamami Angel.»

"Angel, fratello mio, addio."

"Arrivederci Rose."

Quella che andava verso di lei era una mano d'uomo. Il palmo era rivolto verso l'alto e le chiedeva di afferrarla. Implorava la sua fiducia.

"Lasciati andare, andrà tutto bene."

Guardò un'ultima volta il nano che le fece segno di sì con la testa. Aveva gli occhi bagnati.

Afferrò quella bella mano d'uomo, curata. Le dita affusolate. Una presa decisa ma non asfissiante la trasportò attraverso una nebulosa, in uno spazio e in un tempo lontano anni luce da quello da cui proveniva.


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