19. Paul

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L'impressione che ebbe fu di aver dormito moltissimo. Rosa aprì gli occhi e non riconobbe la sua camera da letto. Lentamente ricordò di trovarsi dall'altra parte del mondo con David. Anche la loro seconda notte di nozze era andata.

Si stropicciò gli occhi, si guardò intorno e trasalì quando notò il nano che la osservava incuriosito dall'alto del suo metro e venti. Solo allora ricordò lo spavento preso quella stessa notte. A Milano le era capitato diverse volte di svegliarsi di soprassalto e vedere due occhi curiosi puntati su di lei, ma la figura si dissolveva qualche istante dopo l'urlo e il completo risveglio. Quella volta non si trattava del rimasuglio di chissà quale sogno e quel nano se ne stava lì, imbambolato, a guardarla estasiato.

Scese dal lato del letto più distante da quell'incubo di marmo e senza mai perderlo di vista tirò le tende per osservarlo meglio, mantenendosi a una distanza di sicurezza. Con le dovute precauzioni, constatò che si trattava di un buffo oggetto d'arredamento, incredibilmente simile a quelli prodotti per anni dalla sua fantasia. Gli si avvicinò con cautela, carezzò la sua testolina gelida. Si inginocchiò alla sua altezza. Lo baciò sulla guancia, poi andò nel piccolo bagno annesso alla stanza.

«Chissà dov'è David?» bofonchiò, salutando con un cenno del capo il secondo nano che se ne stava a guardia del gabinetto con uno sturalavandini sulla testa e il dito indice a turare le narici, in maniera del tutto pertinente alla stanza destinatagli. «Deve essere un tipo simpatico questo Paul.»

Il nano non rispose. Ma parve allungare un po' il sorriso.

L'arrivo a Los Angeles non era stato come lo immaginava. Si aspettava una città elegante, all'europea, adagiata sul mare...

David aveva letto la delusione nei suoi occhi, che aumentava man mano che dall'aeroporto si dirigevano verso casa di Paul, nonostante i suoi sforzi per schermirla. I suoi occhi non sapevano mentire, e David era permaloso.

«Buongiorno bambolina, hai dormito bene?» s'informò David facendo capolino dalla porta.

«No, perché non hai dormito con me» rispose offesa.

«Non ho percorso dodicimila chilometri per andare a dormire con le galline, sa, Miss Rose?»

Non le piaceva Los Angeles. David lo percepiva, ed era infuriato.

«Cristo Santo, David, era la nostra prima notte insieme. Anzi, la seconda. Mi aspettavo che...»

«Non cominciare, ti prego!» la supplicò. «Dai, vieni di là. C'è Paul che muore dalla voglia di conoscerti.»

La prima notte l'avevano trascorsa a casa del padre di David a Milano, e Rosa aveva diviso la camera da letto con Rocco. Lei sul letto matrimoniale che con leggero disagio le era stato ceduto, lui sul lettino accanto al lettone dove soleva dormire il figlio e David, vista la notte afosa, aveva preferito dormire da solo sul divano in soggiorno. La seconda notte, dove l'aveva trascorsa?

In quel momento, però, aveva delle questioni ben più importanti da affrontare: Paul. In quale lingua si sarebbe rivolta a lui? Di certo non si sarebbe potuta presentare in vestaglia. Così fece una doccia veloce e non avendo il coraggio di disfare l'ingombrante valigia appoggiata ai piedi del letto, indossò i jeans e la camicetta del giorno prima. Si presentò così in salotto.

Paul appena la vide si illuminò di un sorriso sincero. David invece alzò gli occhi al cielo e scosse la testa. Non doveva avere gradito il suo abbigliamento.

«Nice to meet you, Paul» pronunciò con cura. Gli porse la mano che lui afferrò e scosse con vigore, poi l'abbracciò e la baciò in modo affettuoso.

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