21. Beach volley

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Usciti dall'autonoleggio, David mise subito le cose in chiaro: «La situazione può ingannarti e farti credere che qui siamo in vacanza, ma non è così. È questo il motivo del mio leggero nervosismo.»

«Leggero?» ribatté Rosa. «Non ti riconosco, David. Mi fai paura.»

«Lasciamo perdere queste stronzate da donnetta del sud e ascoltami. Paul è gentile e tutto, ma ci ospiterà per tre settimane. E gli americani sono così, ti danno il cuore, ma se dicono tre settimane, sono tre settimane. Il nostro primo obiettivo è dunque trovare una sistemazione. Poi dovremo assolutamente acquistare un'automobile, perché a salassi di trecentottanta dollari a settimana non andremo molto lontano. Terzo: urge un lavoro.»

«Tu dovresti averlo già, no? Matilde non aveva detto che...»

«Lascia perdere Matilde, che appena viene a sapere che la ragazza per cui l'ho lasciata sei tu mi tira una grana che non ti dico.»

«Vuoi dirmi che non sa ancora di noi?»

«Sa che sto con una Rosa, ma il mondo è pieno di donne che portano il tuo nome.»

Non credé alle proprie orecchie. «Mi stai dicendo che mi hai portata fin qui dicendomi che avevi un lavoro sicuro perché il ristorante in cui hai lavorato un anno fa e in cui lavora tuttora lei ti avrebbe riassunto, e ora mi dici non solo che non avrai quel lavoro, ma che appena Matilde verrà a sapere di noi urlerà allo scandalo?»

Si accese una sigaretta. «Davvero non sa che stai con me?» ribatté incredula.

Al prolungato silenzio che ne seguì, non riuscì più a trattenere le lacrime che portava dentro dal giorno prima.

David, dal canto suo, avrebbe voluto confessarle il suo pentimento di averla portata con sé, ma ebbe una sensazione nuova... come un senso di colpa. Aveva sbagliato a condurla in California; la montagna di bugie che le aveva raccontato, nel giro di pochi giorni sarebbe crollata e l'avrebbe tramortita.

Ebbe pena di lei, così la baciò e baciandola emerse dentro di lui il ricordo della passione che gli sconvolgeva i sensi e gli aveva fatto perdere la testa pochi mesi prima. Accarezzò il suo corpo domandandosi come avesse potuto dimenticare quelle curve.

«Il nostro piano di guerra inizierà domani. Oggi non facciamo nulla. Oggi ti faccio innamorare di Los Angeles. Lo sai che sono pazzo di te, bambolina?»

Rosa si arrese; aveva bisogno di lui come un pesciolino dell'acqua. Bastò quel bacio appassionato per allontanarle i cattivi pensieri.

«Oggi ci svaghiamo e basta» ribadì, e senza perdere altro tempo la portò a conoscere le bellezze del posto, per le quali l'aveva convinta a partire con lui.

Andarono sulla spiaggia tra Venice Beach e Santa Monica di cui le aveva tanto parlato, con i suoi campi da beach volley, le scacchiere sui tavoli e le piste ciclabili a perdita d'occhio.

Quei luoghi apparivano davvero sconfinati. Dall'inizio della spiaggia al mare sembrava che la strada non finisse più. I campi da beach volley erano tutti occupati; per poter giocare bastava presentarsi e sfidare la coppia vincente, cosa che David sognava di fare dall'anno prima, quando al posto di Rosa c'era Matilde, che non era di certo una campionessa di pallavolo.

«David, io non so giocare a beach volley» disse sotto voce. «Non mi sento nemmeno al meglio delle forze.»

«Ma se sei una fuoriclasse! Cosa credi che ti abbia portata fin qui a fare?»

«Il beach volley è diverso dalla pallavolo» provò a spiegargli. «Il problema è la sabbia; rallenta molto i movimenti e non mi permette di saltare quanto dovrei.»

«Ti prego, cerca di non rovinare sempre tutto. Lascia fare a me.»

Non finì la frase che era già sul bordo di uno di quei campi a complimentarsi con la coppia vincente. Indicò Rosa con una mano e con l'altra le faceva segno di raggiungerlo e mettersi a giocare.

«Sono alti il doppio di noi» gli fece notare appena se li trovò davanti.

«Ma noi siamo italiani, abbiamo una marcia in più...» ribatté sornione.

Com'era prevedibile, subirono una sconfitta scandalosa.

Riuscirono a fare giusto un punto per salvare la faccia, ma i californiani li massacrarono.

Con la coda in mezzo alle gambe, raggiunsero in silenzio la riva del mare. Un mare che non aveva nulla a che vedere con il dolce Mediterraneo. Quello era l'oceano Pacifico, con onde che s'infrangevano molti metri prima di sferzare la spiaggia, alte e minacciose come una belva affamata. Ciò che arrivava ai loro piedi non era che una valanga di schiuma bianca, gelida, e inodore.

«Non è sempre così, vero?» domandò a squarciagola, per farsi udire. Il baccano dell'oceano era infernale.

«Cosa? È meraviglioso, vero?»

«Sì, è... bellissimo.»

Rabbrividì.

Con quale audacia chiama 'mare' questo mostro incazzato?

Qualcuno, soprattutto qualche messicano, trovava il coraggio di immergersi anche di poco in quell'acqua schiumosa, forse incoraggiato dalla maglietta che teneva addosso con l'ingenua illusione di ripararsi un po' dal gelo.

Li vedeva ridere e saltellare su quel vasto bagnasciuga, ma non nuotare.

«Dai, vieni dentro!» urlò David che seguì il loro esempio, ma in maniera più ardita: vestito dei soli boxer.

Senza nemmeno provare a compiacerlo con un falso sorriso, Rosa gli voltò le spalle e lasciò la riva. Più si allontanava dalle fauci dell'oceano, più l'aria pareva scaldarsi. Il vento sulla battigia era così tagliente e il cielo, proprio in quel punto, era sormontato da pesanti nuvole basse che peggioravano l'atmosfera. All'inizio della lunga spiaggia, verso la città, si riaffacciava il sole.

Si lasciò cadere su una panchina, rannicchiandosi tutta, nel tentativo di trattenere un po' di calore.

Tom: «Non sarà sempre così, ad agosto farà più caldo. Se resisterai fino ad allora, certo.»

Rosa si voltò, spaventata. Chi aveva parlato?

«Dai che ti porto a fare una passeggiata a Venice. È laggiù, vedi?» riferì freddamente David. La ragazza guardò in quella direzione e scorse delle case basse con dei murales e una lunga fila di bancarelle.

«Dimmi la verità. Hai mai fatto il bagno l'anno scorso?» domandò affranta.

«Ma quale bagno, calabresella! Siamo negli Stati Uniti d'A-m-e-r-i-c-a, mettitelo in testa. Qui le onde si cavalcano!» rispose sprezzante.

Rosa si irrigidì. Continuava a sentirsi trattata come una demente.

«Hai mai sentito parlare di 'surf'?» continuò, mentre aveva già preso la direzione annunciata.

Lei si alzò rassegnata e lo seguì in silenzio, con le scarpe in una mano e le delusioni nell'altra, verso il lungomare di Venice.

«È tutto così diverso qui» sospirò.

«'Diverso' non è sinonimo di peggiore e ti assicuro che ti ci abituerai. Qui è tutto favoloso, ma certe persone con la mente un po' ottusa - non offenderti, non mi riferisco solo a te - non lo notano subito. Lo senti l'odore nell'aria?»

«Sì» mentì senza pudore.

Nemmeno sulla riva dell'oceano era riuscita a fiutare il ricordo di un odore. Rimpianse il profumo di salsedine che la travolgeva non appena metteva piede sulle sue adorate spiagge calabresi. Tra Santa Monica e Venice non c'era nemmeno il più lontano sentore di pesce. Eppure sul molo c'era gente che pescava.

Nulla, l'aria non sapeva di nulla.

«È questo, il profumo della libertà» e mentre pronunciava la parola 'libertà', David apriva e chiudeva le braccia, come fossero ali. E guardava il cielo come ne fosse il padrone.

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