3. Il tempo allo specchio

77 6 0
                                    

           

Due ore prima della festa, Rosa si trovava in fila alla cassa del supermercato con un carrello strapieno di cibarie, dieci persone in fila prima del suo turno e un'attesa stimata di almeno mezz'ora. Aveva pochissimo tempo per correre a casa, dare una rassettata generale, preparare tartine e dolcetti, disporre le candele e accogliere gli ospiti. Così rivolse una preghiera al Tempo che anche quella volta ebbe misericordia di lei.

Era una sua dote, emersa di recente, quella di riuscire ad arrivare puntuale ai suoi appuntamenti nonostante i contrattempi. Le bastava concentrarsi su un colore: il rosa tenue... e il tempo rallentava. Quasi, si fermava.

Alle dieci di sera, quando iniziarono ad arrivare gli ospiti, aveva appena passato il rossetto sulle labbra e ogni cosa era al suo posto.
Giunsero in processione.
Dapprima le amiche con i loro complimenti di routine - «come hai addobbato bene casa», «che bella cera che hai» - nonostante la sua stanchezza fosse evidente anche con due centimetri di fondotinta. Poi arrivarono i ragazzi: prima i suoi amici, quindi gli amici delle amiche. Ma l'ospite più atteso tardava a venire e l'ansia si faceva insopportabile. Passava dall'euforia al panico a un ritmo scandaloso. Non aveva mai incontrato dal vivo Giorgio, di lui non sapeva altro che il suo nome, che di mestiere faceva il violinista, che aveva la sua stessa età e non abitava molto distante da lei. Non riusciva a immaginarselo, non avendo mai visto una sua foto né sentito la sua voce. Si erano scritti una decina di email in quei mesi, nelle quali entrambi avevano evitato di descrivere il proprio aspetto fisico ma dalle quali era trapelata una rara gentilezza di lui e lo stato confusionale di lei. Perché era proprio così che si sentiva in quegli ultimi mesi: confusa e delusa.

In genere chiunque avesse a che fare con lei, la invitava a uscire il giorno dopo; lui non lo aveva fatto. Era forse per questo che gli aveva dato corda. Non sapeva se fosse un bel ragazzo e nemmeno se fosse già impegnato. Sperava che fosse bellissimo e single... in qualunque caso sarebbe diventato importante per lei. Non fosse risultato il suo tipo o fosse stato sposato, sarebbe diventato almeno il suo migliore amico.

Poco prima della mezzanotte trillò il citofono.
«Rosa corri, sono arrivati! Oddio che emozione, che emozioooneee» cinguettarono le sue amiche nell'altra stanza.
E lei corse, il Tempo le venne incontro rallentando... riprese fiato.
«Venite!» rispose con eccessivo entusiasmo.

Ebbe giusto un attimo per guardarsi allo specchio. I capelli non le stavano affatto bene, e quegli occhi stanchi... le ricordarono ciò che aveva giurato a se stessa di non volere rivedere mai più.
Li aveva truccati troppo.
Sei mesi... erano trascorsi soltanto sei mesi dalla fine dell'incubo.
Come ne era fuggita?
Socchiuse gli occhi.
Si osservò con attenzione; rabbrividì.
«Allora, cosa aspetti? Vieni, sono arrivati!» la incalzò sua sorella, che apparve accanto a lei.
Rosa riconobbe Michela riflessa nello specchio.
La vide svanire.
Tornò sul proprio volto. I contorni si fecero ondulati, persero nitidezza. Come se si stesse osservando nella superficie di un lago. Ma l'acqua non rifletteva un cielo azzurro, né grigio. Sembrava rosa. E come in un mulinello l'acqua cominciò a roteare, e non era più un liquido ma polvere, simile a sabbia ma molto più vellutata e sottile.

Nel giro di un niente, quel vortice la risucchiò nello specchio. E fu il silenzio.
Due mani le cinsero la vita.
Un bacio sul collo.
«Sei bellissima» le sussurrò David sfoggiando il suo sorriso migliore. «Questa sera faremo scintille.»

Rosa odiava quel sorriso.
Rosa odiava Los Angeles.

Che ne sai dell'amoreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora