13. Il vero motivo del suo ritorno

36 7 0
                                    

Non era tornato per Rosa, né per dei problemi con il visto.

David era malato.

Glielo disse Rocco, il padre di lui, la settimana dopo il loro primo incontro, quando convinto che fosse al corrente della situazione le chiese se avesse fatto il test della ***ana. A Los Angeles, senza sapere come, David aveva contratto la ***ite, una patologia quasi del tutto scomparsa. Ma lui non si era preoccupato di metterla al corrente; Rosa ebbe così una prima cocente delusione. Altro che trascuratezze a un mese dal loro primo bacio.

Quel giorno constatò con grande rammarico, che per lui la vita degli altri non era importante quanto la propria. Evitò di incontrarlo per una settimana, inventandosi un brutto raffreddore che la costringeva a letto. Visse come in uno stato di choc. Andò dal proprio medico di base che la rassicurò dicendole che se il ragazzo era in cura con degli antibiotici, non avrebbe potuto contagiare nessuno. Questo le permise di ridimensionare il comportamento di David, che era ciò che desiderava. Non capiva per quale motivo non le aveva confidato di aver contratto la ***ite, ma almeno non aveva messo a repentaglio la sua vita.

Quando si rividero ne parlarono con la massima tranquillità.

«Temevo un tuo rifiuto» confessò.

Lei, si limitò ad abbracciarlo.

A febbraio David si trasferì in Toscana da suo cugino Fabio, dove rimase due mesi. L'aria di mare, insieme ai molti medicinali, l'avrebbe aiutato a rimettersi.

Rosa andava a trovarlo tutti i fine settimana, e in quelle occasioni lui era sempre molto affettuoso, ma in settimana, mentre era a Milano, le rispondeva a malapena al telefono.

Rosa sapeva che David usciva tutte le sere con le amiche di Fabio, ma evitava di presentargliele. Nei fine settimana le raccontava di queste piacevoli serate, una di loro aveva anche un ristorante sul mare, dove spesso David e Fabio cenavano. Ma quando arrivava lei, il ristorante e le compagne di merende si dileguavano nel nulla.

Così i dubbi di Rosa aumentarono. Aveva ventisette anni, un po' di esperienza se l'era fatta e David, le ricordava un copione già visto.

Ogni venerdì, quando metteva piede sul treno per la Toscana, era convinta di andare a cantargliene quattro, se fosse stato il caso anche di lasciarlo. Ma appena lo incontrava, cambiava idea. Era impossibile che quella faccia d'angelo le mentisse, o peggio, la tradisse. E anche se le vocine che s'insinuavano tra i suoi pensieri divenivano sempre più insistenti, lei trovava delle inconfutabili giustificazioni nelle sue carezze.

Era malato, povero David. Stava affrontando quei mesi di cure con il sorriso sul volto, era da ammirare! Non fosse stato per la ***ite, a quest'ora sarebbe già rientrato a Los Angeles. Anzi, forse non sarebbe neppure tornato.

Quando giungeva a quella conclusione, il cielo di Rosa si tingeva di nero. Le solite voci insolenti le sussurravano che forse non era stata che un ripiego, ma si ostinava a ignorarle, preferendo abbandonarsi all'altrettanto tormentoso - ma più accettabile - pensiero che prima o poi sarebbe ripartito. Sebbene non ne parlasse più, era sottointeso che appena i medici glielo avessero concesso, sarebbe tornato in California.

Anche nei sogni c'era sempre qualcosa che la metteva in guardia. Un'immagine, un suono, un ricordo sommesso. Non solo per l'atteggiamento poco corretto di David nei suoi confronti, perché questo poteva essere imputato alla frustrazione di vivere in un luogo che non voleva, ai ritmi di un pensionato. C'era dell'altro... qualcosa che lei al risveglio non riusciva o non voleva ricordare. In fondo non erano che brutti sogni, si ripeteva. Cattivi pensieri, figli delle proprie incertezze.

Anche se l'oggettivo problema del tormentato rapporto con il padre, quello proprio non si poteva relegare all'ambito delle insicurezze.

David viveva con lui da quando la madre li aveva lasciati per trasferirsi a Bologna dalla sua nuova fiamma. Era un rapporto molto asimmetrico il loro. Da una parte c'era Rocco che stravedeva per quell'unico figlio, e dall'altra c'era David, che detestava suo padre; un uomo di mezza età che aveva tappezzato la casa con le locandine dei tempi del teatro, in cui David sembrava l'astro nascente del panorama cinematografico italiano. Un astro che aveva perso luminosità con una velocità sempre più impietosa, soprattutto negli ultimi anni. Era evidente che Rocco non si rassegnava e continuava a riporre i propri sogni di gloria nel figlio, il quale però non aveva mai fatto nulla per continuare la fortunata carriera iniziata da piccolo per puro caso, legata all'aspetto fisico ereditato dalla madre.

Forse era proprio questa sua ostinazione a innervosire David. Qualunque fosse il motivo, sembrava che tutte le difficoltà della sua vita fossero causate dal padre; addirittura era arrivato ad accusarlo di essere il responsabile della sua malattia, per il semplice fatto di essere un uomo negativo e quindi di avergli portato sfortuna.

David odiava convivere con suo padre, ma non aveva la possibilità di affittare un appartamento perché al momento non aveva un lavoro, e da quando era tornato dalla California non ne aveva mai cercato uno. Durante le litigate più furiose, sembrava quasi che volesse buttare fuori di casa suo padre; a volte non si capiva chi fosse il figlio e chi fosse il genitore. Se non era mai riuscito nell'intento di cacciarlo da quel micro appartamento, era perché l'affitto lo pagava Rocco, grazie al suo durissimo lavoro di asfaltatore.

Spesso, anche in sua presenza, padre e figlio litigavano, ed era terribile assistere a quelle scenate. Lui, che si dimostrava sempre gentile e carino con lei, con suo padre tirava fuori una cattiveria indicibile. Urlava come un pazzo, lo accusava di volergli tarpare le ali, di essere falso, di volerlo imbrogliare. Parole che non c'entravano nulla con quello che doveva essere un normale rapporto tra padre e figlio. A volte sembrava sul punto di alzare le mani, ma - almeno davanti a lei - non lo fece mai. Anche se quel suo modo sguaiato di litigare, quella ferocia gratuita, Rosa la subiva come una violenza che si sentiva costretta a tollerare pur di tenerselo buono.

Le parole di Mohamed: "Se vuoi conoscere la vera essenza di una persona, guarda come tratta i suoi genitori", diventavano un sussurro sempre più forte, che unito alle solite voci indolenti diventava difficile da gestire. Ma lei teneva duro, e anche se nella disputa con Rocco non gli avrebbe mai dato ragione, si sforzava di soprassedere. Riusciva perfino a giustificarlo pur di portare avanti, almeno un altro poco, quella storia neonata; non era certo per quegli sbalzi di umore, imputabili alla malattia, che avrebbe rinunciato a lui. Anche perché nell'aria c'era qualcosa di strano. Qualcosa che David non le aveva ancora detto ma che lei percepiva. C'era come un senso di attesa, di tremula concitazione nel suo stato d'animo, soprattutto negli ultimi tempi. Finché un giorno, a fine aprile, le disse: «Torno a Los Angeles, vieni via con me.»

E di colpo, le voci sparirono.    

Che ne sai dell'amoreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora