23. Cinque giorni dopo

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Sono le 9:45 di mattina, anche se il mio orologio segna le 18:45 di sera. Voglio portare al polso l'ora italiana per potere sempre immaginare cosa sta facendo la mia famiglia. A quest'ora mio padre sarà sul divano di casa, stravolto dal caldo e dal lavoro, a guardare una di quelle terrificanti telenovele che lo appassionano. Un uomo tutto d'un pezzo, mio padre, legato alla terra e alle tradizioni, e poi si perde con quella robaccia da casalinga frustrata.

Mia madre sta sicuramente preparando la cena, borbottando tra sé che nessuno le dà una mano, con l'orecchio teso alla tv per non perdersi quella che potrebbe essere la svolta del tormentone sudamericano. La serva sposerà il padrone? C'è da scommetterci.

Mia sorella invece sarà in camera sua a studiare. Ha gli esami di maturità in questi giorni. Già me la vedo a imparare pagine e pagine a memoria. Non so come faccia, sembra una macchinetta. Le chiedi pagina settantadue del libro di diritto, e lei la ripete come se stesse leggendo. Guai però a farle una domanda trasversale. Allora lì c'è da ridere. Tesoro mio, così squadrata, così bella. A volte mi chiedo come possa essere mia sorella. Non ci assomigliamo per niente, lei con quell'ovale perfetto, due perle nere al posto degli occhi, il sorriso di una dolcezza indicibile. Io...

Quanto mi manca, la mia Michela. Se solo sapesse cosa mi sta capitando stenterebbe a crederci, e anch'io in tutta onestà fatico a distinguere la realtà dall'incubo. Forse devo ancora partire. Forse quest'avventura deve ancora iniziare.

In ogni caso, di certo a Milano c'è più luce di qui, nonostante stia calando la sera, e fa molto più caldo.

Anche oggi il cielo si presenta grigio e l'aria è inodore. Da un po' il senso di qualcosa di pulito o forse più di sterilizzato. Perché anche le cose molto pulite profumano. Qui l'aria è completamente inodore e fresca. Ho lasciato l'afa estiva di Milano per una frizzante, inattesa primavera.

Vorrei chiamare mia madre ma David me lo sconsiglia; dice che se continuo a chiamarla potrebbe pensare che mi manca. O peggio, che io sia infelice. E comunque le telefonate intercontinentali costano.

Mi manca molto, anche se sono trascorsi pochi giorni dalla partenza. La distanza madornale che ci separa, amplifica i minuti e le ore.

Lui invece non ha ancora chiamato Rocco. Non l'ha nemmeno nominato mezza volta. Credo che non gli manchi.

Come può non mancargli suo padre?

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