3. Finalmente risposte.

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Quel martedì mattina, aspettai l'arrivo del bus, alla solita fermata.
Il tempo, ovviamente, non era dalla mia parte.
Seppur fosse finita da poco l'estate, la pioggia aveva già iniziato a farsi vedere.

Le piccole gocce d'acqua battevano sul mio ombrello, facendomi rimpiangere le giornate dominate dal sole.

Fortunatamente, in meno di cinque minuti l'autobus sostò dinanzi a me ed io mi ritrovai così schiacciata tra gli zaini bagnati di decine di studenti.
Sperai che il tragitto finisse il prima possibile, anche se così non fu.

Il cattivo tempo era stato, tra le altre cose, motivo di traffico in città.
Ringraziai Dio, quando raggiunsi l'entrata della scuola.

La campanella probabilmente era già suonata, e dovetti correre per i corridoi.
Entrai in aula, quasi affannata.
"Signorina Bennet, si sbrighi"
Mi richiamò il professor Reed, costringendomi a scusarmi all'istante.
Salutai Chloe con un cenno del capo, e presi posto al solito banco, per iniziare, come d'abitudine, a sbirciare oltre il vetro della finestra.

Osservai le foglie degli alberi oscillare al soffio del vento.
Mi ricordavano molto la mia vita.
Dopo quel giorno, avevo perso tutte le forze. Non mi restava neanche un briciolo di energia per rimanere aggrappata ad qualcosa che per me era ormai il niente.

Si, non ero ancora caduta, ma sarebbe bastato un, leggero soffio di vento, per far sì che ciò accadesse.
Nonostante ciò, non mi ero ancora del tutto arresa. Volevo stringere i denti, e continuare a sorridere.
In fondo era quello che mia madre avrebbe voluto.

Dopo qualche minuto, la mia attenzione venne catturata da qualcos'altro.
Più precisamente, dal famoso misterioso ragazzo che con molta calma e fierezza, percorreva il cortile per giungere all'entrata della scuola.

Erano passati venticinque minuti dal suono della campanella, ma guardandolo, non era difficile constatare, che quella fosse l'ultima cosa di cui gli importasse. Rimasi con lo sguardo incollato su di lui, fin quando non vidi scomparire la sua figura oltre l'ingresso.
La mia voglia di sapere aumentò notevolmente.

***

"Quindi avete intenzione di venire alla festa di inizio anno?"
Domandò Dylan entusiasta.
Rimasi in silenzio lasciando rispondere Chloe, che si perse in discorsi di vario genere.
Non ascoltai la conversazione, la verità era che mi interessava ben poco di quella festa. Per me, quella del giorno dopo, sarebbe stata l'ennesima serata passata tra le coperte del mio letto.

Eravamo in mensa, ed avevamo appena terminato il nostro pasto.
Caleb e Bret, fortunatamente non si erano seduti al nostro stesso tavolo.
Non sapevo dove esattamente si trovassero, ma ero certa di averli visti in fila per il pranzo.

"Kylie" Dylan iniziò a sventolare una mano difronte al mio viso, nel tentativo di distogliermi dai miei flussi di coscienza. "Scusate, non stavo ascoltando" Ammisi.
"Mi fa piacere che abbiate deciso di venire!" Lanciai un'occhiata confusa a Chloe, che in risposta fece finta di nulla.

"Io veramente..."
"Kylie, voleva sapere se potevamo darle un passaggio" Mi interruppe prontamente la mia carissima amica.
Sospirai esausta, ma non dissi niente. Avremmo chiarito più tardi.

"Oh si certo, non preoccuparti ci penso io"
Mi rassicurò Dylan, ma sapevo già che non avrei partecipato a quella festa. Piuttosto mi sarei semplicemente inventata qualche banale scusa.

Ero stata solamente una volta ad una serata del genere, e mi era bastata per stabilire che sarebbe stata anche l'ultima. Alcol, folle di gente, musica ad un volume assordante e corpi sudati non rientravano nei miei gusti.

***

Quando le lezioni finirono, trascinai Chloe in luogo più appartato, così da poterle parlare in tutta tranquillità.
"Devi ancora parlarmi di quel ragazzo"
Le ricordai. Non sopportavo l'idea di essere l'unica della scuola allo scuro di tutto.

"Kylie, lui è un tipo strano, io non so..."
"Per favore, non ti costa niente!"
Quasi piagnucolai, facendola sospirare. "Se te lo dico, verrai alla festa di domani?" Fui colta alla sprovvista.
Mi presi qualche attimo per riflettere. Infondo si trattava di un paio d'ore, avrei chiesto a Dylan di riaccompagnarmi prima.

"D'accordo" Esultò, stringendomi con una forza che non credevo possedesse. "Andiamo a casa tua" Annuii e nel giro di quindici minuti scarsi ci ritrovammo difronte l'ingresso di casa mia.
Entrammo e la feci accomodare sul divano.

"Allora..." Iniziò lei.
"Ti racconterò solo quello che so, perché la verità è che nessuno conosce davvero Caleb Moore" esordì sottovoce, quasi come se quelle informazioni fossero un segreto dello stato.

"Ecco, lui e Bret sono sempre stati amici, fin da bambini. Non si sa bene cosa sia in realtà a legarli in questo modo, ma si presume che le loro famiglie fossero molto vicine tra loro. In ogni caso, il punto è che Caleb, non è assolutamente un bravo ragazzo. Suo padre è un criminale, il capo di una delle due bande più pericolose e potenti di Chicago"
Confessò tutto d'un fiato.

"E di conseguenza, anche lui è entrato in quel mondo di delinquenti. Nonostante la sua giovane età, sembra che abbia un ruolo molto importante in tutta la faccenda. Non c'è studente nella scuola che non lo tema, perché sanno bene che è meglio non mettersi contro di lui" continuò, lasciandomi a bocca aperta.

"Prima che tu arrivassi, è stato arrestato, probabilmente per spaccio di droga, ed ha dovuto scontare sette mesi in riformatorio"
Rimasi inerme davanti alle sue parole. Sapevo che non si trattasse del tipico bravo ragazzo, ma non mi aspettavo certo che in gioco ci fosse così tanto.

"Oh, dannazione non avevo idea che fosse qualcosa di così serio"
Ammisi con lo sguardo chino.

Avevo finalmente capito il perché la scuola fosse rimasta ammutolita al suo passaggio.

La tempesta che mi ha travolto.Donde viven las historias. Descúbrelo ahora