72. Arreso all'amore.

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Caleb's pov.

Aron riattaccò la chiamata, senza darmi il tempo di aggiungere altro. Sapevo che dovevo restare calmo, per il bene di Kylie, ma quell'uomo mi stava portando oltre tutti i limiti.
Quei trenta secondi di conversazione, non avevano certo saziato la mia voglia di lei, ma erano comunque stati fondamentali.

Era chiaro che stesse cercando di dirmi qualcosa. Dovevo solo scoprire cosa si celasse dietro quelle parole dosate alla perfezione dalle sue labbra rosee.

Ricordi quando ti dissi che a breve volevo visitare la città natale di mia madre?

Rammentavo quel giorno, quando me lo confessò avevamo appena fatto l'amore ed eravamo entrambi avvolti nelle lenzuola profumate del suo letto.
L'aveva stretta forte al mio petto, mentre mi sussurrava quel desiderio che nutriva ormai da mesi.

Washington era quella la città natale della madre di Kylie.
"Washington? Dove vuole arrivare con Washington?" pensai a voce alta, passandomi nervosamente una mano tra i capelli.

Mi concentrai su quanto aveva dichiarato subito dopo. Cazzo, avevo memorizzato ogni singola lettera del suo breve discorso.

Ci ho pensato e vorrei che tu fossi lì con me, a sostenermi. A dire il vero vorrei che tu fossi qui anche adesso, ma alla fine è la stessa cosa, no?

Andare insieme a Washington un giorno, sarebbe stato uguale ad essere lì con lei in quell'esatto momento?
Si trovava a Washington? Era quasi impossibile che si trovassero oltre il confine dello stato dell'Illinois.

"Non si riferisce alla città di Washington ma alla sua posizione attuale a Chicago" esultai, sapere dove si trovava avrebbe voluto dire avere la situazione in pugno.
Digitai rapidamente un messaggio a Bret:
Vieni, ho bisogno del tuo aiuto. Serve anche Jacob.

Nell'attesa loro arrivo, tramite internet, cercai ogni possibile corrispondenza del nome Washington nella città di Chicago. Mi fermai, quando arrivai alla conclusione più sensata: Washington blvd.

Se la mia intuizione era corretta, in qualche modo, Kylie aveva scoperto di trovarsi lì. L'avrei riportata a casa, cazzo, fosse stata l'ultima cosa che avrei fatto.

***

"Eccomi" esclamò Bret, non appena aprii la porta di casa. La sua casa.
"Jacob?"
Domandai, non lo vedevo da giorni.
"So che l'ultima volta è finita male tra noi ma mi aspettavo almeno una cazzo di telefonata in un momento come questo" ammisi con tono amareggiato. C'eravamo sempre stati l'uno per l'altro, davvero bastava così poco per mandare tutto all'aria?

Bret abbassò lo sguardo, sembrava in seria difficoltà.
"Non è più tornato a casa"
Sgranai gli occhi. "Che significa?" emise un respiro profondo. "Caleb...credo che Jacob abbia confessato ad Aron l'identità di Kylie" mi immobilizzai.
Gli ingranaggi del mio cervello continuavano a lavorare fuori controllo nel tentativo di assimilare e comprendere a pieno quelle sue parole.

"Sei sicuro di quello che dici?"
Chiesi in un sussurro, con lo sguardo perso nel vuoto.
"La verità è che credo che non sia riuscito ad accettare il fatto che tu abbia rinunciato alla vendetta per Kylie. Infondo sai che amava tua sorella, Cal. Forse anche troppo" strinsi i denti, a quel ridicolo pensiero.

"L'ho cercato, dopo che se ne era andato, disperatamente, e alla fine per pura casualità l'ho trovato. Era per strada davanti ad uno dei nostri negozi, così ho deciso di seguirlo.
Aveva un incontro con Aron. Non sono riuscito a sentire cosa dicessero ma non ci vuole un genio per capire che non può essere solo una stupida coincidenza. "

Annuii, apparentemente calmo.
"Spero solo che non abbia il coraggio di ripresentarsi davanti a me, o finirebbe male. Molto male" dissi soltanto, deluso come poche volte nella mia vita.
In un'altra occasione probabilmente avrei dato di matto, ma in quel momento l'unica cosa di cui mi importava era Kylie.

Avevo poco tempo a disposizione, e di certo non avevo intenzione di sprecarlo imprecando contro di lui.
"So dove si trova Kylie, dobbiamo agire in fretta" Bret mi scrutò titubante.
"Che intendi fare?"
"L'unico modo per lasciarci alle spalle tutta questa storia: irruzione"

***

"Sei davvero sicuro che siano qui?" domandò Bret, per l'ennesima volta.
"Quella grigia è l'auto di Aron, l'ho riconosciuta" ripetei.
"E in ogni caso, guardati intorno dannazione, questo posto è deserto, non avrebbe potuto nascondersi altrove"
gli feci notare, osservando la desolazione circostante.

Quella casa in legno malridotta, molto probabilmente abbandonata anni prima, era l'unica che sorgesse nelle vicinanze.
"Ok, ma sono passate quasi tre ore e mezza e nessuno si è mosso"
alzai gli occhi al cielo.
"Mantieni la postazione e sta' zitto" gli ordinai autoritario, guardandolo in cagnesco dal finestrino della mia auto.

Ci eravamo posizionati entrambi a circa duecento metri dalla casa, in modo da non saltare troppo all'occhio, ma al tempo stesso avere il controllo della situazione. Ero teso come una corda di violino, le mie mani non avevano smesso di tremare neanche per un secondo da quando eravamo arrivati.

Temevo che qualcosa potesse andare storto e che a quel punto tutte le mie speranze si sgretolassero, come una sigaretta consumata.
"Prima o poi uno dei due uomini dovrà uscire da quella casa. Tutto andrà secondo i piani"
affermai ancora. Dirlo ad alta voce lo faceva sembrare qualcosa di possibile.

"Non ti ho mai visto così ottimista" ridacchiò Bret, smorzando per un attimo la tensione creatasi nell'abitacolo di quel veicolo. "A dire il vero nemmeno io" confessai.

Quella ragazza aveva portato alla luce lati di me che per anni il mio subconscio aveva nascosto, nel baratro della mia anima.

"Cal, sta uscendo qualcuno" si agitò dall'altro capo del telefono.
Puntai lo sguardo verso la porta d'entrata della casa.
"È quel Bryan" constatai osservando la sua figura massiccia. La mia voglia di raggiungerlo e storpiargli il viso fino a renderlo irriconoscibile era alta, ma affinché tutto andasse bene dovevo restare concentrato.

"Sale sulla moto" dissi, fissando la sua schiena mentre saliva in sella alla vettura parcheggiata proprio di fronte all'ingresso. Dopo pochi secondi, Bryan sfrecciò via per quella strada deserta.

"È il momento" Bret avviò il motore della sua auto, e si avvicinò all'edificio in legno, restando in linea al telefono.
Io, al contrario, scesi dalla macchina e proseguii a piedi.
"Dimmi tu quando iniziare" aspettai qualche attimo, in modo da poter raggiungere a mia volta la casa, e nascondermi dietro alcuni cespugli sul fianco della costruzione.

"Adesso" ordinai.

Boom. L'eco del primo sparo risuonò nell'aria.
Boom. Mi coprii le orecchie.
Boom. Penultimo colpo.
Boom. Le quattro ruote della macchina di Aron erano a terra.

"Che cazzo succede?" Il suo grido non tardò ad arrivare ed in men che non si dica, anche Aron uscì affannato dalla casa. Bret si allontanò in fretta, ma comunque rimase abbastanza vicino da poter intervenire nel caso ce ne fosse stato il bisogno. Lo psicopatico si guardò intorno, poi iniziò un giro di perlustrazione. Quando svoltò l'angolo, dirigendosi verso la sua auto con le ruote visibilmente bucate, mi precipitai verso l'entrata della casa e mi fiondai al suo interno, assicurandomi di non essere visto.

Era buio, per via delle finestre oscurate dalle travi, ma nonostante ciò, riuscii a trovare la scalinata che portava al seminterrato. Le immagini che avevo memorizzato durante le varie telefonate erano state senz'altro di grande aiuto.

Scesi i gradini più in fretta che potei, rischiando più volte di cadere, ma fu quando la vidi con un labbro spaccato, ma incurvato in un sorriso tremante, il viso pallido, e i capelli in disordine che caddi davvero.

I suoi occhi celestiali inchiodarono i miei tempestosi, e le ginocchia non ressero.

Io che mi ero preso gioco di tutti coloro che parlavano di amore, all'amore mi ero appena arreso, ed irrimediabilmente.

La tempesta che mi ha travolto.Where stories live. Discover now