14. Una ferita riaperta.

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Mi voltai, ed in quell'esatto istante,
Caleb scostò lo sguardo dal mio corpo, e riprese l'assalto alle labbra di Jenna, seduta sulle sue gambe, senza alcun pudore.

"Ti dispiace se torniamo dalle altre?" Domandai all'orecchio di Dylan, cercando di sovrastare l'alto volume della musica.
"No, andiamo pure"
Mi afferrò la mano, guidandomi fino al piccolo divano dove erano ancora sedute le ragazze.

"Eccoli! Kylie sbrigati, non hai ancora bevuto il tuo cocktail! È davvero ottimo" Esclamò Chloe, non appena mi vide. Dylan guardò stranito entrambe.

"Sei impazzita? Lei non beve!" Sentenziò, rimproverando la sorella. Apprezzavo il suo volersi preoccupare per me, ma da quando in qua era lui a prendere le decisioni al mio posto?
"Oh ti prego, sembri suo padre! Lascia che sia lei a decidere, non puoi sempre trattarla come una bambina"

"Ok, adesso basta!" Intervenni.
Non volevo essere causa di una discussione. Mi sedetti, irritata dal loro comportamento infantile, ed iniziai a giocherellare con la cannuccia immersa nel bicchiere.

"Caspita Kylie, ci vai giù pesante stasera!" Alzai lo sguardo dal tavolino, e non mi meravigliai di vedere Jenna difronte a me, con indosso praticamente solo il suo solito sorriso beffardo. Non era sola. Un'altra ragazza sghignazzava con lei.
Subito dietro, Bret e Caleb discutevano fra di loro, ignorandoci elegantemente.

"Che ti importa?" Sputò acida Emily.
"Oh no, a me niente. Lo dico per lei. Credevo fosse più una tipa da tè verde"
Mi canzonò come sempre.
Dylan strinse la mia mano nella sua, come a volermi rassicurare.

"Oh, non scappi adesso? Strano"
Scoppiò a ridere, seguita dall'amica.
La ignorai, osservando Caleb, il quale si voltò ed andò via, senza dire niente.
Lo seguii con lo sguardo fin quando non scomparì tra la folla.

"Stai esagerando" Affermò Bret.
"E perché mai? È quello che fa sempre! Un po' come quando è scappata da Los Angeles dopo che la madre è morta!"

Le persone intorno si zittirono.
Il mio cuore fece lo stesso.
Voleva colpirmi e c'era riuscita, aprendo una ferita che da mesi cercavo di ricucire. Una lacrima solitaria iniziò a scorrere sul mio viso. Poi, una domanda irruppe con prepotenza nella mia testa.

"C-come diavolo lo s-sai?" fece le spallucce.
"Chiedilo al tuo grande amore!"
Ritrassi istintivamente la mano da quella di Dylan. Perché mai aveva detto una cosa simile a Jenna?

Mi ero fidata di lui, mi ero lasciata sfogliare come un libro, e lui in cambio aveva strappato e reso pubbliche le mie pagine.

Kylie, Kylie, Kylie.

Sentii il mio nome venir fuori decine di volte dalle bocche dei miei amici, ma ormai le gambe si erano già avviate verso l'uscita.

Avanzai dritta verso la strada, in cerca di un luogo isolato, dove non potessero trovarmi, ed allora lo vidi, ancora una volta.

Terminò la chiamata che aveva effettuato pochi secondi prima, e ripose il telefono in tasca.

"Gira e rigira, sempre tra i piedi!"
Il suo sorriso irrisorio si spense, non appena i suoi occhi caddero sulle lacrime che mi solcavano il viso.
Ignorai la sua provocazione, e continuai con passo svelto a camminare.

"Dove stai andando?"
Sentii i suoi passi dietro di me.
"Lasciami" Lo supplicai con voce rotta dal pianto, quando la sua mano afferrò il mio braccio.

"Che cosa ti ha detto?"
"Non ha importanza" Mormorai, senza fiato. Il mio respiro era affannoso, come ogni qualvolta che mi trovavo vicina a lui.
"Non sta a te deciderlo" sbuffai una risata.
"Vuoi ridermi in faccia? Non saresti né il primo né l'ultimo" risposi acida.

Il suo sguardo si incupì ulteriormente e la sua mano si staccò dal mio polso, lasciandomi invasa una sensazione di vuoto.
"Non puoi andare via da sola"

M'approntai a replicare ma fui colta alla sprovvista dalla suo successivo ordine.

"Seguimi"

"C-cosa? N-no, non ti conosco e poi io dovrei andare" Farfugliai, imbarazzata come non mai.
"Puoi stare zitta una buona volta?"
Senza aggiungere altro, iniziò ad incamminarsi nella direzione opposta ed io, per qualche stupida ragione, lo seguii.
Dovevo essere diventata pazza anch'io.

"Sali, ti riporto a casa"
Affermò una volta arrivati davanti ad una moto nera incredibilmente bella.
"Non voglio tornare a casa"
Mi guardò con aria interrogativa.
"Preferisco rimanere fuori per un po'"
Lo informai.

"Non puoi gironzolare così per le strade della città. Ancor meno se sei un'impicciona in cerca di guai" alzai gli occhi al cielo.
"Ma si può sapere che ti importa di me?
Mi conosci da una settimana, non hai il diritto di dirmi cosa devo fare e cosa no!"
Sbottai, cogliendolo alla sprovvista perfino me stessa.

"Una settimana mi è bastata per capire che sei una ragazza troppo ingenua per un mondo come questo" replicò, incastrando i suoi occhi gelidi nei miei.
"Già, mi trattate tutti come una bambina"

"Non l'ho fatto, ma se vuoi pensarla così fa pure" Sospirai, sull'orlo di un esaurimento nervoso, e lasciai perdere le sue affermazioni, per evitare di esplodere.

"Perché hai scelto questa vita?" Domandai d'un tratto, con un coraggio che non credevo di possedere.
"Insomma...non sembri cattivo"
Quasi sussurrai.

"Non mi conosci" Pressai le labbra tra loro, preparandomi alla mia risposta:

"Non serve conoscerti per capire
certe cose. Sai, me lo ha detto un certo Caleb Moore"

La tempesta che mi ha travolto.Where stories live. Discover now