6. Maleducato.

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"Me ne vado, tranquillo"
Il ragazzo, Ryan, mi lanciò un'ultima occhiata prima di allontanarsi e scomparire oltre il cancello dell'istituto.

Vidi Caleb portarsi una sigaretta alla bocca. "Q-uella e-era...?"
Balbettai incredula, anche se conoscevo bene la risposta a quella domanda. Insomma c'era da aspettarselo, dopo quanto Chloe mi aveva detto, solo non credevo che si occupasse dei suoi traffici anche all'interno della scuola.

"Mi sembrava di averti detto di farti gli affari tuoi" Sbuffai, infastidita dalla sua prepotenza.
"Ero solo uscita per prendere un po' d'aria" replicai sinteticamente.

"A me sembrava che tu stessi scappando"
Alzai lo sguardo verso di lui, ed il fumo proveniente dalla sua sigaretta, mi offuscò la vista.
"Sai, non avevo molta voglia di ascoltare i tuoi insulti" confessai, con acidità.

"Non ti stavo insultando" feci una smorfia.
"Puoi fumare da un'altra parte?"
Gli chiesi poi, tossendo.
Era un vizio che non sopportavo.
Gettò la cicca per terra, calpestandola poi con il piede. Il fatto che mi avesse dato ascolto mi sorprese e non poco.

"Il cestino è dietro di te"
Gli feci notare, indicandolo con l'indice.
"Sai sei proprio una rompipalle"
abbassai lo sguardo.
"Forse hai ragione, non so neanche cosa ci faccio qui dopotutto" risposi con tono amareggiato. Avevo aspettato fin troppo.

"Nessuno ti obbliga a restare" ignorando le sue parole, mi alzai.
L'autobus sarebbe passato a breve.
Le corse fortunatamente non erano ancora state interrotte.

"Ok, io vado." Lo salutai, ma lui ovviamente non rispose.
Cosa avevo fatto di sbagliato?

Che razza di maleducato.

***

Arrivai alla fermata dopo pochi minuti. Aspettai un quarto d'ora, ma niente.
Il bus sarebbe dovuto essere lì già da molto tempo, eppure non ne era ancora passato nessuno.

Sbuffai, non avevo alcuna voglia di tornare a scuola, per cercare un passaggio.

Per mia fortuna, il telefono squillò in quello stesso istante.
Lessi il nome di Dylan sul display e tirai un sospiro di sollievo.

"Hey Kylie, dove sei?"
Mi chiese con tono premuroso.
"Alla fermata vicino scuola."
"Arrivo"
Chiuse la chiamata ed io mi sentii quasi in colpa. Ancora una volta avevo rovinato una serata a cui lui teneva molto.

Poco dopo, vidi la sua auto accostare lungo la strada deserta.
"Eccoti, diamine non dovevi venire qui da sola" Mi rimproverò con calma.
"Scusa, mi dispiace che tu abbia dovuto abbandonare la festa" Ammisi tristemente.

"Tranquilla, ce ne saranno a decine. L'importante è che non ti sia successo niente. Dai vieni" Aprì lo sportello e mi lasciò sedere sul sedile di fianco al guidatore.
"Chloe?" Chiesi accorgendomi della sua assenza.
"Passerò a prenderla dopo, non ha accettato di tornare a casa adesso"
Risi, immaginandola ballare tra la folla come una pazza scatenata.

Dylan accese lo stereo, e le note di una canzone a me sconosciuta iniziarono a risuonare nell'abitacolo.
Lo ringraziai mentalmente: odiavo il silenzio in macchina, lo trovavo alquanto imbarazzante.

"Cosa hai detto?" chiesi, vedendolo aprire la bocca per dire qualcosa.
Abbassò il volume della musica, per permettermi di sentire meglio le sue parole.

"Perché eri uscita dalla palestra?" Mi voltai verso di lui.
"Io...avevo un po' di mal di testa" Mentii, non volevo creare ulteriori tensioni.
"Mal di testa? È per Caleb vero?"

"C-come lo sai?" Chiesi sorpresa.
"Me lo ha detto Bret. Senti lascialo perdere, è solo un coglione. Ma tu non devi mentirmi. Se ti fa qualcosa devi dirmelo, capito?" Annuii e mi accorsi di essere arrivata.

"Grazie di tutto" Mormorai.
"Niente" Aprii lo sportello ed uscii dall'auto.La sentii ripartire solo quando avevo già varcato la soglia di casa.

"Non credevo tornassi così presto" Affermò mio padre seduto sulla solita poltrona, con il computer poggiato sulle ginocchia.
"Mi annoiavo" Risposi osservando le sue dita premere rapide i tasti della tastiera.

"Ti ha accompagnato quel Dylan?" Alzò per un attimo lo sguardo dallo schermo.
"Si" Non capivo il perché di tanto interessamento quella sera.
"Vorrei conoscerlo"
Lo guardai con aria interrogativa. Erano passati mesi, perché voleva conoscerlo proprio in quel momento?

"Non ne vedo la ragione" Ammisi.
"Sono tuo padre, se quello è il tuo ragazzo ho il diritto di sapere di chi si tratta, non ho potuto occuparmene prima per via del lavoro" scossi la testa, delusa.

"Un padre vero, lo è a tempo pieno, non quando ne ha voglia" Sbottai furiosa prima di girare i tacchi e andarmene.
Odiavo quando si comportava in quel modo. Odiavo quando pretendeva qualcosa che sapeva di non avermi dato. Odiavo quando forse, in modo implicito, mi faceva capire che il suo lavoro veniva prima di me.

Mi faceva sentire ancora più stupida, ancora più ingenua.

Mi chiusi in camera, sperando così di lasciarmi alle spalle la pessima giornata.

Ripensai a quel Caleb, al ragazzo con la droga tra le mani. Sì, Chloe mi aveva informata riguardo il suo 'lavoro' ma vederlo all'opera, dal vivo, con i miei stessi occhi, era stata un'altra cosa.

Era un tipo strano, arrogante, strafottente e maleducato, senza ombra di dubbio, ma qualcosa in lui mi incuriosiva.

Non lo conoscevo, a malapena avevamo scambiato quattro parole insieme, ma quelle brevi conversazioni mi erano bastate a capire che avrei voluto scoprire qualcosa in più, su quel paio di occhi glaciali.

La tempesta che mi ha travolto.Where stories live. Discover now