77. Gloomy.

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Caleb ed io scendemmo dal furgone nero, e mano nella mano, seguimmo a piedi gli uomini di mio padre fino a quella che doveva essere la destinazione dell'incontro.

"Suo padre è seduto ad un tavolo sulla destra" corrugai la fronte, osservando con confusione il bar difronte a me.
"Un bar?" annuì. Sul serio aveva intenzione di parlarmi in una caffetteria brulicante di gente?

"Assurdo" borbottò Cal, al mio fianco. Sospirando, varcai l'entrata del bar alla ricerca di mio padre.
Il mio cuore batteva ad una velocità fuori dal normale.

In quell'esatto instante, Caleb lasciò la mia mano per afferrare il telefono che aveva preso a squillare insistentemente.

"Cazzo, è Bret" annunciò, passandosi una mano tra i capelli.
"Rispondi, potrebbe essere importante. Io me la caverò, non preoccuparti" lo rassicurai.
"D'accordo, torno alla macchina. Fa attenzione" tentennò qualche secondo, ma alla fine accettò la chiamata e si allontanò da me, fin fuori il bar.

Senza le dita di Caleb intrecciate con le mie, mi sentivo certamente più insicura, ma potevo farcela.
Dovevo mostrarmi forte. In fondo forse, come usava dire il ragazzo che amavo, forte lo ero davvero.

"Kylie" Mi voltai di scatto, trovando alle mie spalle un paio di occhi familiari intenti a fissarmi.
Deglutii faticosamente e con estrema calma presi posto difronte a lui. Era seduto ad un piccolo tavolo accostato alla vetrina del bar.

Luogo strategico per la privacy, pensai con sarcasmo.
Come sempre, aveva rigorosamente indosso giacca e cravatta.
Il mio sguardo cercava appiglio in ogni dove tranne che nei suoi occhi.
Non ci riusciva.

"Non so proprio da dove iniziare a dire il vero" non riposi, lasciai che continuasse il suo discorso.
"Non mi scuserò con te, non ti ricorderò quanto mi dispiaccia per tutto, perché so che sarebbe inutile adesso. Voglio però almeno farti capire che nonostante la mia vita sia stata una bugia, il mio affetto per te non lo è mai stato" scossi la testa, delusa e amareggiata. Come poteva dire una cosa simile?

"Non ci sono parole per descrivere quello che mi hai fatto. Se avessi davvero tenuto a me non ti saresti comportato in questo modo" sembrò accusare il colpo.
"Guarda a che punto sei arrivato per quei dannati soldi" sputai con disprezzo.
"Non è solo una questione di denaro!"
Sul mio viso si formò una smorfia di disgusto.

"Andiamo via da qui. Non è il posto adatto per parlare di certe cose"
disse d'un tratto.
"Sei tu che hai voluto incontrarmi qui!" gli ricordai infastidita.
"Volevo liberarmi di quel ragazzo. In un locale pubblico sicuramente non avrebbe potuto fare scenate. Ma a quanto pare questa precauzione non è servita. Sai, neanche nei miei sogni più contorti avrei immaginato che alla fine ti saresti innamorata di Caleb Moore"
si alzò dal tavolo, ed ignorando il mio sguardo di fuoco, uscì dal bar e raggiunse un auto grigia parcheggiata lungo il marciapiede della strada.
Lo seguii, in cerca di spiegazioni.

"Sali in macchina. Ti porto a casa mia, la casa dove abbiamo vissuto io e tua madre prima che nascessi" spinta dalla curiosità di sapere salii a bordo dell'auto.
Sapevo che poteva essere una mossa azzardata, ma non avevo altra scelta. Avevo il bisogno di scoprire come stavano davvero le cose.

Il tragitto fu breve e silenzioso.
Nessuno dei due proferì parola.
La meta si rivelò essere una maestosa Villa indipendente nel verde della periferia di Madison.
La calma beava in quel contesto tranquillo, senza altre case, edifici o quant'altro ma semplicemente alberi e prati fioriti.

Mio padre parcheggiò la macchina nell'immenso giardino, e mi guidò fin dentro la villa.
Era altrettanto bella all'interno. Mi guardai intorno con fare spaesato, fin quando il mio sguardo non cadde su una parete riempita di fotografie. Quelle foto ritraevano lui e mia madre in diversi momenti della loro frequentazione.

La tempesta che mi ha travolto.Where stories live. Discover now