5. Risate di troppo.

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"Quale parte del 'vestiti bene' non ti era chiara?" Borbottò Chloe al mio orecchio, facendomi alzare gli occhi al cielo.
Era un semplice vestito, cosa c'era che non andava?

"Non sto andando ad una sfilata di moda!" Sbottai, del tutto indifferente.
"Questo non significa che devi vestirti come suora" non dissi più niente.
Alla fine l'importante era che non fosse un problema per me.

In poco tempo, arrivammo davanti alla nostra scuola e ci incamminammo nella palestra attrezzata.
Era stata ben allestita per l'occasione, con decorazioni di vario genere.
La musica già risuonava tra le pareti bianche abbellite da qualche festone.

Poteva andare peggio, pensai.
Ma dovetti rimangiarmi le mie stesse parole, nell'esatto instante in cui vidi Jenna avanzare nella mia direzione.

Indossava un vestito nero aderente, che copriva appena il fondoschiena.
Da come si atteggiava, muovendosi sempre con fare provocante, non le importava troppo di cadere nel volgare.

"Oh, ma guarda un po'. È arrivata la piccola Kylie! Non ti facevo tipa da festa" Scoppiò a ridere, lasciandomi immobile, senza dire una parola.
"Zitta, Jenna!" la intimò Chloe al mio fianco, che stringeva saldamente il mio braccio sinistro.

"La tua amica non sa difendersi da sola? Dio mio, ti sembra il modo di venire vestita ad una festa? " Mi schernì ancora lei. Anche Dylan arrivò alle mie spalle. "Ragazze, andate"
Senza proferire parola, feci quanto mi era stato detto e cercai un posto dove sedermi e restare tranquilla in disparte.

Dopo una lunga ricerca, adocchiai un paio di poltroncine nere, dove si era seduto anche Bret. Decisi di raggiungerlo.
"Ciao" Accennai timidamente.
"Oh Kylie, vieni siediti pure"
Mi accomodai difronte a lui.
Aveva appena terminato una chiamata.

"Tutto apposto? È un po' che non ti vediamo più!" Ammisi, con una nota nostalgica.
Avevo l'impressione che l'arrivo di quel tipo lo avesse allontanato da noi.
"Si scusa, ho avuto...da fare" Era teso, quasi ansioso, ma non dissi niente a tal proposito. Non volevo passare per una ficcanaso.

"Ascolta, Caleb mi ha detto di stamattina"
"Oh" Fui colta alla sprovvista.
Non credevo certo che andasse a riferire a Bret l'episodio.
"Ecco, non preoccupati di niente.
Lu è fatto così. Ha dei modi non molto gentili di dire le cose" Incurvai le labbra. "Si, me ne ero accorta" ridacchiai.

Nel mentre, il suo sguardo si posò altrove.
"Si parla del diavolo..."
Non appena mi voltai, vidi Caleb, dirigersi a passo felpato nella nostra direzione.

Indossava una camicia bianca e dei semplici jeans neri.
Era bello, maledettamente bello, ma questo lo avevo già potuto constatare tempo prima.

"È così che passavi il tempo alle feste in mia assenza? Con qualche ragazzina impicciona?" Il cuore prese a battere all'impazzata quando sentii quelle parole uscire dalla sua bocca.
Perché diavolo avevo avuto la brillante idea di origliare quella conversazione?
E, soprattutto, per quanto tempo ancora me lo avrebbe rinfacciato?

"Caleb non cominciare, non aveva cattive intenzioni" Il suo sguardo cadde su di me, lo sentii scorrere sulla mia pelle.
I suoi occhi troppo invadenti mi facevano sentire ancora più piccola.
"Bret, ti prego, risparmiami la sceneggiata"

"Ok adesso basta, per favore!"
Sbottai all'improvviso, stanca di restare in silenzio.
"Quello che dici o fai non mi interessa, lasciami stare, per favore"affermai.

Non mi sarei certo aspettata che alle mie orecchie giungesse l'ennesima risata.
Lo osservai un ultimo istante e mi chiesi ancora una volta, come il suo sguardo riuscisse ad essere così privo di vita.

Poi, senza aggiungere altro, mi voltai e scappai via da loro, come ero solita fare. Uscii dalla palestra e mi sedetti su uno scalino.

Risate, risate, risate, da quando ero arrivata a Chicago, non avevo sentito altro. Era passato quasi un anno, forse si avrebbe potuto dire che ero abituata ormai alle continue prese in giro, ma la verità è che non ci si abitua mai a qualcosa che ci fa male, che si prende giorno dopo giorno un pezzo del nostro cuore.

Rimpiansi il mio letto.
Cosa mi era saltato in mente?
Una come me, ad una festa? Che stupida.

Afferrai il cellulare, avrei chiesto a Dylan di accompagnarmi a casa.
Squillò cinque, sei volte: nessuna risposta.

Non avevo intenzione di tornare dentro, per cui decisi di aspettare lì fuori ancora un po'. In ogni caso, era ancora presto, ed avrei potuto comunque prendere l'autobus, nel caso nessuno si fosse fatto vivo.

Passarono una decina di minuti, e né Dylan né Chloe rispondevano.

Iniziai a scrutare il cielo, e inevitabilmente pensai a mia madre.
Mi chiesi se mi stesse guardando.
Forse stupidamente, sperai di no.
Le avrebbe fatto male vedere che fine aveva fatto la bambina con il sorriso sulle labbra.

Mi ritrovai a sussultare, quando sentii dei passi provenire dal retro esterno della palestra. Da dove ero seduta, vidi lo stesso ragazzo di quella mattina.

Rimasi scioccata, accorgendomi della bustina bianca che aveva tra le mani.
Si avvicinò pericolosamente.
"Che cazzo guardi? Perché non te ne torni dentro?" Non ci volle molto per capire che fosse completamente ubriaco, e non solo.

"I-io n-non..." venni interrotta.

"Ti avevo detto di sparire, Ryan"
Tuonò una voce, quella voce.

La tempesta che mi ha travolto.Where stories live. Discover now