75. Amore folle.

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Caleb's pov.

"Che ci fa lui qui?" la freddezza che trapelò dalle mie labbra raggelò il viso di Kylie, che assisteva confusa ed ansiosa alla scena.
"È venuto per parlare" si affrettò a rispondere Bret, preoccupato da una mia possibile reazione violenta.

Inchiodai di nuovo gli occhi sul volto di colui che consideravo mio amico, un fratello che insieme a me si era fatto strada in quel mondo di merda, con le unghie e con i denti.
Il suo sguardo sfidava il mio senza alcun timore.

"Vattene" sibilai sprezzante.
"Non è proprio il momento adatto per i traditori" Sottolineai con acidità, facendo riferimento alle condizioni in cui e Kylie riversavamo.

"Caleb, santo cielo, dimmi cosa è successo in quella casa!" mi supplicò Bret, ignorando completamente Jacob.
Presi un respiro profondo.

"L'ho ucciso" per qualche istante nessuno parlò.

Non ero un assassino, ma non era difficile affibbiarmi quell'appellativo dopo il mio trascorso e soprattutto dopo quanto avevo rivelato fosse accaduto pochi minuti prima.

La mano di Kylie si posò lievemente sul mio avambraccio, accarezzandolo dolcemente.
Non c'era cura dal male che fosse migliore di lei, dei suoi sorrisi o del suo tocco.

"Ho dovuto"aggiunsi, quasi a volermi giustificare. Ma davvero dovevo giustificare l'uccisione di un uomo che aveva tentato di sparare al cuore di ciò che più prezioso avevo al mondo?

"C-che significa che hai dovuto?"
biascicò Bret, ancora scioccato dalla notizia.
"Le ha sparato. Se non si fosse mossa probabilmente adesso non avrebbe soltanto un braccio ferito. Non ho potuto far altro che ucciderlo" spiegai, fingendomi indifferente.

Per quanto sapessi che Aron non meritasse anche solo di respirare la stessa aria che respirava Kylie, non potevo certo andare fiero di ciò che avevo fatto.

Non avevo rimpianti, cazzo, per salvare la vita di quella ragazza al mio fianco, avrei fatto qualsiasi cosa, ma riconoscevo comunque il fatto che il mio gesto avrebbe comportato delle conseguenze gravi e traumatiche.
La mia coscienza in primis avrebbe dovuto sopportare il peso distruttivo di una morte, senza venirne schiacciata.

"E adesso?" Chiese Bret, con lo sguardo perso.
"E adesso non lo so"
risposi francamente, voltando di poco la testa per poter osservare meglio l'espressione corrucciata di Kylie.

La mia lottatrice.
Chi mai avrebbe detto che quella ragazza fragile ed insicura, avrebbe combattuto con tutte le sue forze, contro tutto e tutti per il nostro stupido amore?

"Finirai in casini seri" aggrottai la fronte, spostando lo sguardo verso la provenienza di quella voce maledettamente urtante.
"Tu devi solo stare zitto!" Digrignai, trascinando per mano Kylie fino al divano beige dell'appartamento.

Lo stesso divano dove c'eravamo scambiati il nostro secondo bacio; lo stesso dove avevo immortalato per la prima volta il suo viso perfetto in una fotografia: la stampa che custodivo segretamente e gelosamente all'interno di un cassetto nella mia stanza da letto.

"Jacob devi andartene, sul serio" intervenne Bret, scortandolo verso la porta d'ingresso.
"Come volete. Ma sapete bene che questa è anche casa mia e che avrò sempre il diritto di tornarci" sbottò, uscendo furentemente dalla casa.
Non lo degnai più di uno sguardo, non meritava la mia attenzione.

"Cal, che diamine succede?"
domandò Kylie, troppo allarmata per poter tacere ancora.
"Ti spiegherò tutto, ma non adesso"
le dissi.
"Ora dobbiamo disinfettare la ferita" annuì sconfitta, sistemandosi più comodamente sul divano.

La tempesta che mi ha travolto.Où les histoires vivent. Découvrez maintenant