58. Dolcezza e passione.

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Quella settimana di novembre fu una delle più serene trascorse in quell'anno, a seguito della morte di mia madre.
Io e Caleb avevamo passato molto tempo insieme, ed io mi sentivo magicamente bene. Era come se finalmente fossimo riusciti a completarci a vicenda: parlavamo per ore, dal più stupido al più serio argomento, scherzavamo e ci scambiavamo baci carichi di passione.
Ma ovviamente non mancavano i problemi. Alle volte si incupiva o scappava via per degli impegni di cui non parlava, ma per il momento mi andava bene così. Tempo al tempo diceva sempre mia nonna.

Avrei aspettato, perché nei suoi occhi, io mi sentivo libera come non lo ero mai stata e perché giorno per giorno il mio sentimento cresceva pericolosamente.
L'unica paura che mi tormentava era quella di ricevere la più grande delusione della mia vita.

"Di tutte le pizze che potevi prendere proprio una margherita?" Ridacchiò, guardando il cartone sul divano, dove eravamo seduti.
"Che c'è di male? Mi piacciono le cose semplici" replicai tranquilla.
"Non si direbbe" disse serio.
"A che ti riferisci?" domandai, fingendo di non aver compreso le sue parole.
"Non al cibo" assottigliai lo sguardo.

"Sei così convinto di piacermi?"
Chiesi poi, con un mezzo sorriso, nel tentativo di sdrammatizzare.
Era incredibile come le cose fossero cambiate dal nostro primo incontro.
Io che inizialmente fuggivo da lui, mi ero ritrovata a punzecchiarlo come un bambino.

"Oh, ne sono convinto"
Affermò, avvicinandosi maliziosamente.
La sua mano si depositò sulla mia gamba, accarezzandola, e lasciando una scia di brividi sulla mia pelle morbida.
"E questa convinzione da dove deriva?"
Le dita risalirono fino a fermarsi sul fianco che strinse con poca forza.
"Da molte cose, piccola" sussurrò con voce roca, facendo impazzire i miei poveri ormoni.

"S-stai barando" balbettai in un modo o nell'altro.
"Ah si?" Afferrò la pizza, e la posizionò sul tavolino difronte al divano, liberando così lo spazio che ci separava.
"Non credo" aggiunse, spiazzandomi.

Con un movimento secco e brusco, mi attirò a se, ed improvvisamente mi ritrovai con il viso a pochi centimetri dal suo. Il suo sguardo vagava dai miei occhi alle labbra e viceversa.

"Cal" emisi un respiro profondo.
"Che cosa vuoi Ky?"
Mi strinse con più forza.
"Cosa dovrei volere?" chiesi, perdendomi nei suoi occhi tempestosi.
"Non me" disse, ma quella volta, il tono della sua voce lo tradì.

"Perché no?" Sollevò le spalle, con una smorfia sul viso.
"Nessuno vuole ciò che non gli piace" sorrise beffardo.
Dannazione, desideravo qualcuno che mi insegnasse ad usare le parole tanto bene quanto lui.
"Sei furbo" Dissi, colpendogli il petto, con un debole pugno.
"Lo so" alzai gli occhi al cielo.

"E tu?" Mi guardò con aria interrogativa. "Che cosa vuoi?"
Restò in silenzio qualche attimo.
"Voglio essere libero" alzai un sopracciglio. "Da cosa?"
Posai la mia mano sulla sua.
"La pizza si raffredda"

***

"Che hai?" Mi chiese d'un tratto, terminando anche l'ultimo spicchio di pizza.
"Niente" dissi, con tono distaccato.
La verità era che dopo quello che avevamo vissuto, il fatto che non volesse parlarmi di sé, mi destabilizzava e non poco. Più volte avevo tentato di mettere a freno il mio bisogno di sapere, di sentire che poteva fidarsi di me, ma la situazione iniziava a starmi stretta, e non riuscivo fingere che non fosse così.

"Non fai domande, non parli a raffica. Direi che qualcosa che non va deve esserci per forza" sbuffai infastidita.
"Non so che dirti, Cal" sospirò pesantemente.
"È perché prima non ti ho risposto? Credevo che tu avessi capito che..."
"Cosa?" Sbottai. "Si, Caleb. Ho capito perfettamente che non sono nessuno per pretendere che tu mi parli della tua vita. Vuoi davvero che ti dica questo?"
Si passò nervosamente una mano tra i capelli.

"Non è questo, Ky. È che...è tutto così complicato" sbuffai una risata.
"Questa scusa mi ha stancato, Cal.
Dimmi la verità una volta per tutte!" sbottai, distogliendo lo sguardo.
"Perché non vuoi aprirti con me? Credi davvero che io non sia all'altezza di ascoltarti?"

Il caos prese il sopravvento nelle sue iridi glaciali. Aveva l'aria di chi perde il controllo dei propri pensieri.
"Ho lasciato che mi sfogliassi come le pagine di un libro. Ho condiviso con te le mie insicurezze, paure e sofferenze.
Ti ho aspettato, ho rispettato i tuoi tempi, ma mi fa male sapere che dall'altra parte ho un muro" conclusi
con gli occhi umidi, e le lacrime che minacciavano di uscire come un fiume in piena. Non volevo che finisse in quel modo, ma era necessario. Ero stata fin troppo paziente, con lui.

"È vero. Ho paura" disse d'un tratto, alzando lo sguardo.
"Ho una paura fottuta di quel che potrebbe succedere se ti raccontassi la verità" scossi la testa, guardandolo stavolta, con più comprensione.
"Non cambierebbe niente"
Affermai convinta.

"Niente di quello che dirai potrà cambiare ciò che ho nel cuore" gli strinsi la mano. Riuscivo a sento a sostenere il suo sguardo, che sembrava attraversarmi dentro, come una lama affilata.

"E cos'hai nel cuore?" assottigliai gli occhi.
"Non è di me che stiamo parlando" sussurrai imbarazzata, mi ero già esposta troppo. Non era certo il momento adatto per rivelargli i miei veri sentimenti.

"Vieni qui" disse, indicando le sue gambe lunghe. Mi alzai e presi posto sulle sue cosce, lasciando che le sue mani mi stringessero come amavano fare.
"Che intenzioni hai?" Chiesi seria. "Queste"

In men che non si dica, le sue labbra si avventarono sulle mie. Schiusi la bocca lasciando che ci divorassimo come avevamo desiderato dal primo istante di quella lunga serata.
In quel bacio c'era di tutto.
Dolcezza e passione, in un connubio da capogiri. Esattamente come noi.

"Non riesco più a farne a meno, capisci?" sussurrò sulle mie labbra, posizionandomi a cavalcioni su di lui. "Non devi" biascicai. Un gemito uscì dalla mia bocca ed un ringhio animalesco dalla sua, quando le nostre intimità sfregarono tra loro.
"Cazzo" borbottò, riprendendo fiato.

"L'hai voluto tu, dolcezza"
Si alzò in piedi, tenendomi stretta tra le braccia, saldamente ancorata attorno al suo bacino. Lo bramavo più di ogni altra cosa. Era assurdo pensarlo, ma realizzai che desideravo davvero che fosse lui il mio uomo, l'unico della mia vita.

Salì le scale, gradino per volta, con una facilità impressionante, e diresse nella mia camera.
Diede un calcio alla porta, spalancandola, entrò nella stanza e mi gettò sul letto caldo, rudemente.
Dio, il modo in cui mi guardava mi faceva tremare fin dentro le ossa.
Sfilò la mia maglietta bianca, che volò chissà dove nella stanza, e si arpionò al mio corpo.

"Mi erano mancati" disse, palpando i miei seni, e baciandomi ancora l'attimo dopo.
Timidamente, sfilai anche la sua maglietta, scoprendo una vista paradisiaca. L'istante successivo, Cal mi rivolse un sorriso malizioso che fece aumentare ancor più il mio rossore implacabile.
Immaginavo l'espressione da pesce lesso che potevo aver assunto, ma diavolo, era inevitabile, davanti a una simile bellezza.

Mi aggrappai alle sue spalle nude, mentre desideroso, mi slacciava il reggiseno e accoglieva i miei capezzoli nella sua bocca. Tolse anche i miei jeans, lasciandomi nuda, ad eccezione delle mutandine. Le sue labbra mi sfiorarono in ogni angolo, baciandomi dappertutto.
Era tutto magnificamente bello.

Ma nell'attimo più intenso, mentre eravamo sul punto di fare l'amore, ci fermammo, entrambi. Volevamo che la prima volta fosse la più bella di tutte.
"Quel momento arriverà con la persona che saprà amare una rosa come te, senza strapparle i petali" mi aveva detto, stendendosi al mio fianco sul letto che portava il nostro sapore.

L'ultima cosa che mi sussurrò prima che entrambi ci addormentassimo fu:
"Sei la cosa più bella che abbia mai visto"

S/A
Salve a tutti!
Vi è piaciuto il capitolo?

Spero di sì, intanto vi informo che da questo momento in poi la storia d'amore di Caleb e Kylie diventerà sempre più appassionante!

La tempesta che mi ha travolto.Where stories live. Discover now