51. Rinfrescata d'autunno. (pt.1)

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Indossai in fretta e furia le converse nere.

21:27 , sarebbe passato a momenti.

Quando avevo letto il bigliettino che mi aveva lasciato, avevo pensato di avere uno svenimento.
Non mi ero mai sentita così euforica ed il che era piuttosto grave.

Ne avevo parlato con Chloe, la quale ormai aveva rinunciato all'idea di farmi cambiare opinione riguardo a lui.
Era giusto così, i sentimenti non potevano essere cancellati come il tratto di una matita.

Presi il cellulare dal comodino.
Sì, Jenna me ne aveva lasciato uno nell'armadietto.
Quanto diavolo di potere aveva Caleb su di lei?

Scesi le scale di corsa, e mi diressi rapidamente verso la porta chiusa.
Mio padre sarebbe tornato il pomeriggio seguente dal suo breve viaggio, per cui fortunatamente non era in casa e non avrei dovuto fornirgli alcuna giustificazione.

Aprii la porta, trovandomi di fronte il corpo statuario di Caleb, appoggiato alla moto nera.

"21:32" affermò con le braccia conserte. "Questa attesa ti avrà logorato" ironizzai, raggiungendolo e tentando di trattenere il sorriso.
"Dovresti fare attenzione, da quella tenda si vede più di quanto si dovrebbe"
mi disse, indicando con lo sguardo la finestra della mia camera. Arrossii violentemente.

"Tranquilla, era solo un ombra" schioccò la lingua sul palato.
"Anche se non dovresti comunque abbassare la guardia. L'immaginazione porta a pensieri davvero poco casti" deglutii, sentendomi andare a fuoco.

"Dove andiamo?" chiesi, cercando di sviare il discorso, e farmi uscire dalla testa la sua voce roca e sensuale.
"Le domande le rimandiamo a dopo" rispose, infilandomi il casco come fossi una bambina.

"Hey" borbottai quando mi diede un colpetto sulla nuca coperta.
"Non sono una stupida"
Si voltò ridacchiando.

"Sali o mi pentirò di essere venuto" feci come disse. Ormai avevo imparato il metodo per salire sulla moto senza aver bisogno d'aiuto.

"Sto diventando brava"
esclamai soddisfatta, una volta in sella. "Ma sempre nana rimani" ignorò l'occhiata torva che gli scoccai e si voltò verso la strada.

La moto partì ed io mi strinsi, come da consuetudine ormai, più forte che potevo al suo busto.
Non capivo perché dovesse circolare per le strade della città ad una velocità come quella.

Dopo una decina di minuti, arrivammo in una strada abbastanza discostata dal centro della città.

"Dovresti avere un casco anche tu" lo ammonii, scendendo dalla moto.
"Non è così importante" sbarrai gli occhi. "Stai scherzando? C'è in gioco la tua vita! Basta anche una piccola caduta, e il tuo cranio potrebbe..." non riuscii a terminare.

"Non vale così tanto da preoccuparmene"

Il tono serio con cui pronunciò quelle parole mi fece rabbrividire.
"Cal ma di che stai parlando?" La mia voce divenne un sussurro.
Ripose il casco.

"La verità? Penso che forse se dovessi morire oggi, non mi farebbe né caldo né freddo" sentii gli occhi inumidirsi.
Aveva davvero una stima così bassa di se stesso e della sua vita?

"Perché dici questo?"
Mormorai, sconcertata.

"Andiamo" mi lasciò col fiato sospeso ma non ribattei.
Lo seguii soltanto finché non lessi sul basso cancello davanti a me:

'Gill park pool'

Che? 

"Una piscina?" Accennò un sorriso divertito ed io fui sollevata dal fatto che le mie domande non avessero rovinato del tutto la serata.

"Seguimi" con un movimento rapido scavalcò il cancelletto, lì dove era più basso.
"Non ti aspetterai che lo faccia anch'io vero?" Mi guardai intorno.

"Non ti arresteranno" constatò.
"Ma non riuscirei comunque a scavalcare" alzò le braccia al cielo.
"Sarà alto un metro e mezzo!"

Un sorriso sghembo si fece spazio sulle sue labbra.

"Ma effettivamente quindi è alto quanto te" sghignazzò.
"Sono più alta!" Borbottai imbronciata. "Fai meno storie e arrampicati"

Con il cuore a mille, cercai di ancorare la gamba all'estremità del cancello.
"Non ci riesco" piagnucolai.

Sbuffò e tornò dal lato opposto alla piscina con una facilità spaventosa. Afferrò il bacino posizionandomi sul bordo, poi balzò di nuovo dall'altra parte e mi portò di nuovo con i piedi per terra, ma dal lato giusto. Con giusto si fa per dire.

"La principessina adesso è a posto?"
Accennai un sorriso, mordicchiandomi un labbro.

"È molto grande" Affermai guardando in direzione della piscina comunale.
"Già" si portò a pochi centimetri dal bordo e quando si sfilò la maglietta, per poco non svenni.

"Sei pazzo?!" Scosse la testa divertito.
Ed io persi il respiro quando si voltò verso di me.

La vista del suo torso nudo e gli addominali scolpiti fece aumentare di una decina di gradi la mia temperatura corporea tanto che presi in considerazione l'idea di buttarmi in piscina anch'io.

"C'è qualcosa che ti turba?"
Ignorai il suo tono malizioso, cercando di guardare altrove.
Si avvicinò al mio corpo ancora racchiuso nel sottile cappotto.
Me lo sfilò senza staccarmi gli occhi di dosso.

"Sei così rossa che non credo ti faccia poi così freddo da tenere tutti questi strati di vestiti addosso" Distolsi lo sguardo, imbarazzata.

Lui, invece, si tolse i pantaloni e senza aggiungere altro si buttò in acqua, schizzandomi dalla testa ai piedi.
Quando riemerse aveva i capelli incollati alla fronte, ed era bello da mozzare il fiato.

"Sei ancora vestita?"
Inarcai un sopracciglio.
"Togliti la maglia e il resto" arricciai il naso ma raggiunsi un compromesso. Sfilai i jeans larghi, con un coraggio scovato chissà dove e mi sedetti sul bordo della piscina.

"Voglio solo bagnare le gambe" Abbassai la maglietta in modo da coprire il più possibile e mi immersi fino alla coscia. "Oggi è stata una giornata piuttosto calda per questo periodo dell'anno, ci voleva una rinfrescata." Lo osservai titubante farsi più vicino.

"Sta entrando qualcuno"

La tempesta che mi ha travolto.Where stories live. Discover now