65. Angelo dal cielo.

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Caleb's pov.

"Caleb, ci stai facendo seriamente preoccupare" esclamò Jacob, lanciandomi strane occhiate. Ero tornato a casa da mezz'ora e avevo già fatto il giro dell'appartamento una ventina di volte.
Sospirai, sedendomi al tavolo della cucina.

"Sono nella merda" confessai.
Bret prese posto di fronte a me, scrutandomi pensieroso.
Jacob fece lo stesso.
"Gloomy" solo a pronunciare quel nome sentivo la rabbia prendere il posto del sangue all'interno delle mie vene.
"Hanno scoperto la sua identità" due ampi sorrisi si fecero spazio sul volto dei miei amici.

"Cazzo, è un traguardo! Dicci chi è lo stronzo" affermò Jacob, avvicinandosi per darmi una pacca sulla spalla.
"Perché ti spaventa così tanto questa rivelazione?" Chiese più razionalmente, Bret, restando pacato al suo posto.
Voltai la testa di lato, passandomi una mano tra i capelli.
Ero sul punto di sganciare la bomba.

"È suo padre" dissi d'un fiato.
"Il padre di Kylie" gli occhi dei miei amici si sbarrarono. Non si aspettavano neanche lontanamente una conclusione del genere e ovvio nemmeno io.
Insomma, quante probabilità c'erano che l'unica ragazza a cui avevo mai dato importanza fosse la figlia del mio più grande nemico?

"Merda" Bret si morse il pugno della mano.
"È un fottuto casino" constatò.
"E che vorresti fare?" domandò Jacob, dirigendo lo sguardo altrove.
"Non lo so, ma devo agire prima che sia troppo tardi. Mio padre non si fermerà fin quando non l'avrà uccisa" spiegai con un nodo alla gola.

"Potresti spiegargli la situazione, dirgli che lei non lo merita, o qualche altra stronzata..." barbugliò Bret.
Era chiaro che il panico stesse prendendo il sopravvento anche su di lui.
Alquanto raro, per uno che come me era solito avere tutto sotto controllo.

"E la vendetta che aspetti da sempre?" il mio volto scattò nella direzione dell'altro.
"Tua sorella non ha ancora avuto giustizia!" Mi alzai in piedi, trucidandolo con lo sguardo.
"Ma che cazzo stai dicendo? Ricorda che è mia sorella e tu non hai alcuna voce in capitolo" Sbraitai.

"Merda, hai visto Kylie, davvero saresti così disumano da volerla morta?" Davvero non capivo che cazzo gli passasse per la testa.
"Vuoi mandare tutto all'aria per una ragazzina?"
"Jacob, calmati, stai dicendo solo cazzate"
Intervenne Bret.

"Quella ragazzina..." gli puntai il dito contro. "È la mia ragazza"
Entrambi mi guardarono esterrefatti, ma ignorai i loro strani sguardi, proseguendo come un tornado alla distruzione di quello che, in quel momento, mi sembrava un gran pezzo di merda.

"Ciò significa: uno che quando parli di lei devi sciacquarti la bocca, perché anche una sola parola potrebbe spedirti dritto all'ospedale, e due..."
lo afferrai per il collo della maglietta, avvicinando il mio viso al suo, rosso dall'ira.

"Che lei non morirà per quel cazzone, figlio di puttana di suo padre, perché piuttosto lo farei io al posto suo" conclusi, lasciandoli di stucco.
"Sono stato abbastanza chiaro?"
Alzò le mani in segno di resa, lasciandomi intuire di aver capito la lezione.
"Bene" stirai un sorriso, palesemente finto, e lasciai la presa.

"Dove vai?" Chiesero all'unisono, quando mi videro afferrare la giacca.
"Dove cazzo mi pare" e me ne andai, nell'unico luogo in cui mi trasportavano i battiti del cuore.

***

Aggirai la casa, accertandomi dell'assenza di suo padre. Se fosse stato tra quelle mura, mi avrebbe riconosciuto, probabilmente. O più realisticamente, lo avrei massacrato di calci e pugni tanto che sarebbe stato lui a non riconoscere se stesso allo specchio.
E pensare che per tutto quel tempo lo avevo avuto proprio sotto il naso.

Entrai, cercando di essere più silenzioso possibile, dirigendomi clandestinamente verso la sua camera.
Lo scroscio dell'acqua che udii, mi fece intendere che si stesse facendo una doccia. Aprii la porta della stanza, e subito dopo anche quella del bagno.

Una nuvola di vapore mi annebbiò la vista. Non abbastanza da impedirmi di scorgere la sua figura oltre la tendina della doccia.
Anche solo la sagoma del suo corpo sinuoso e perfetto era una fottuta visione. Visione alla quale solo io potevo avere accesso.

La radio accesa, mi diede copertura acustica, mentre rapidamente mi spogliavo di tutti i vestiti. Ero pazzo, ma toccare la sua pelle e sentire il suo profumo era l'unico modo che avevo per non sgretolare anche l'ultimo briciolo di sanità mentale che mi era rimasto.
Arrivo, piccola.

"Ma che...? Come sei entrato?" Sgranò gli occhi, avvampando all'istante, quando si ritrovò il mio corpo nudo di fronte a lei.
"Shhhh" sussurrai, posando una mano sulla sua bocca morbida.
"T-tu sei pazzo!" balbettò.
"Mai negato" replicai, lasciando cadere lo sguardo malizioso e avido sul corpo. Tentò invano di coprirsi con le braccia esili, ma la fermai di colpo, portando i suoi polsi ai lati della testa, sulle mattonelle blu.

"Non coprirti, non ne hai bisogno" sentenziai, afferrando il lobo del suo orecchio sinistro tra i denti.
"Mi sembra di essere tornata alle prime volte in cui ci siamo visti" ammise, nel tentativo di trovare un modo per non soffermarsi con lo sguardo sulla mia erezione.

"Intendi quando ti sbattevo al muro perché ti impicciavi nei miei affari?"
annuì, mordendosi il labbro carnoso.
Non aveva neanche idea di cosa scatenasse in me quel gesto, specialmente in simili circostanze.

"Perché sei qui?"
domandò, scrollando dalle palpebre qualche goccia d'acqua che continuava impetuosa ad abbattersi su di noi.
"Perché voglio che mi perdoni"
Affermai, assaporando con gli occhi i suoi seni, piccoli e tondi. A differenza sua, non ero così contenuto.

"E perché voglio che le tue piccole mani mi facciano dimenticare tutta la merda che ho intorno" le mie parole vennero fuori come una supplica, una preghiera che le sue labbra accolsero soavemente.

"Sono con te" mormorò, prendendo fiato, e baciandomi con più passione.
Era la mia fine. Nessuna sarebbe stata in grado di portarmi al limite allo stesso modo. Quella creatura dolce e testarda mi fotteva il cervello.

Le afferrai i fianchi, facendo scontrare il mio petto con il suo.
I nostri battiti si sincronizzarono formando una composizione armoniosa, la più bella che avessi mai sentito.
"Fidati di me, Cal. Mi prenderò cura di te, di noi" disse, rivolgendomi un sorriso che mi fece perdere la ragione.

Entrai dentro di lei, con un colpo secco, facendola gemere rumorosamente.
Il criminale ero io, eppure lei, come una piccola ladruncola, mi aveva rubato ogni briciolo di cuore che mi era rimasto.

Spinsi ancora, e poi ancora, mentre cibandomi della sua pelle, gustavo ogni centimetro di lei, che ansimava con il capo abbandonato all'indietro e gli occhi spalancati.
"C-Cal..." biascicò il mio nome.
"Lasciati andare, Ky" la sentii tremare tra le mie mane, venendo sul mio membro. Non l'avrei lasciata, mai.

Mi riversai in lei.

Un angelo sceso dal cielo, per salvarmi dall'inferno, e spedirmi dritto in paradiso.

La tempesta che mi ha travolto.Where stories live. Discover now