25. Tutto ciò che non era stato.

14.6K 450 185
                                    


"Ti sta bene il rosso"

"Oh grazie, i-io..." mi bloccai, portandomi una mano alla fronte, quando mi accorsi che il suo complimento non era rivolto alla mia maglietta nera ma alle mie guance imporporate.

Scoppiò a ridere.
"Non è divertente!" Lo ammonii, non riuscendo a trattenere un sorriso.

"Dovresti disinfettarla" Lo informai, ritraendo la mano che indugiava sul suo viso.

"Hai lasciato il coglione" Dedusse, cambiando discorso all'improvviso.
"Ebbene sì" Distolsi lo sguardo.
"E perché lo hai fatto?" Domandò, sembrava quasi che gli interessasse davvero.

"Non provavo ciò che avrei dovuto provare" Puntò gli occhi nei miei.
"E cosa avresti dovuto provare?" Mormorò, leccandosi un labbro e facendomi vibrare il cuore.
"Non semplice affetto" Fece una smorfia.

"Uh, lo sfigato ha preso un palo bello e buono" Sghignazzò.
"Sì, ma tutto questo non sarebbe dovuto succedere. Tu non dovevi entrarci..."

"Sicuramente avrei preferito entrare in altro" Strabuzzai gli occhi.
Avevo sentito bene?
"M-ma che dici?"

"È davvero facile farti arrossire" Ridacchiò, scuotendo la testa.

"Posso farti una domanda?"
"Dipende"
"Pensi davvero che la tua vita sia solo nero?"

Osservai attentamente le sue iridi incupirsi. Erano un vortice di emozioni che non riuscivo a decifrare.

"Non lo penso, è così" Sentenziò.

"Sei tu che scegli i colori con cui dipingerla"

Rimase in silenzio, come se le mie parole lo avessero in qualche modo scosso e aspirò il fumo che la sue sigaretta emanava.

"E tu? Pensi davvero che la tua vita sia paragonabile a quella delle foglie?"
Scrutò il mio viso, con un'intensità tale da farmi sentire nuda, sotto i suoi occhi attenti.

"Credo di sì, lottano per non cadere...un po' come me" Distolsi lo sguardo, non riuscendo a tenere il suo.

"Dove sei andato quando è arrivato Dylan in palestra?" Si inumidì un labbro.
"A fare qualche lavoretto" Frugò in una tasca. "Ti interessa?" Mi chiese, sventolando una bustina bianca
davanti ai miei occhi turbati.

"Mettila via, ti prego!"
Alzò gli occhi al cielo.
"Sei davvero noiosa" Aggrottai la fronte, sorpresa dalla sua affermazione.

"Corri sempre dietro a delle cazzo di regole mentali che ti imponi" pressai le labbra tra loro.

"Significa essere responsabili"
Risposi, incrociando le braccia al petto.
"Significa vivere una vita così come la vogliono gli altri, e non come la vogliamo noi" Ascoltai attentamente le sue parole. Avrei riflettuto su di esse, ne ero certa.

"Che fine avranno fatto gli altri?" Domandai, tornando alla realtà.
"Non è un mio problema" borbottò.
"Ho lasciato Chloe da sola!"
Iniziai a muovermi freneticamente.
"Puoi stare ferma? Se ne è occupato Bret" Sospirai sollevata.

"Sono convinta che i due si piacciano" Ridacchiai, immaginandoli come una coppia. Il moretto al mio fianco sbuffò.

"Peggio per loro" Asserì, facendomi inarcare un sopracciglio.
"Non è una brutta cosa!" Replicai.
"Sono tutte stronzate" sbuffai una risata.

"Perché allora stai con Jenna?"
Si voltò di scatto.
"Credi davvero che Jenna sia la mia ragazza?" Non riuscì a trattenersi dal ridere.

"S-sì insomma, dai vostri a-atteggiamenti avevo capito questo" Balbettai confusa. "Non mi importa un emerito cazzo di Jenna" esclamò. "Ma è molto brava in alcune attività"

"Ok ho capito" ridacchiai, perdendomi nella luna che ci illuminava.

"Dobbiamo andare" Mi voltai nella sua direzione.

Le mie orecchie avevano ben recepito le sue parole, ma le gambe, di muoversi, non ne volevano sapere.

Avrei voluto restare lì per ore, in quella piazzola sperduta, dove la mente si scollegava, ed il cuore si riaccendeva.

"S-si" sbattei più volte le palpebre, riprendendomi dallo stato di trance.

Avanzammo verso la moto nera.
"Puoi andare più piano adesso" Mormorai, tentando di salire a bordo di essa.
"Perché dovrei?" chiese con ovvietà.

"È troppo alta!" Piagnucolai, non ottenendo risultati nel montare in sella.
"Tu sei troppo nana" borbottò.
"Ehi" Mi imbronciai. "Non sono nana"

Alzò gli occhi al cielo, e in un attimo, afferrò il mio bacino e mi posizionò sulla moto, facendomi avvampare.

Ero stupita da quanto le sue mani fossero state delicate.

"Grazie, ma non ce n'era bisogno. Insomma prima ci ero riuscita, mi serviva solo lo slancio..." sbuffò.
"Solo con me parli così tanto?" chiese, posizionandosi davanti a me.
"Ok, sto zitta"

Il veicolo partì, a velocità sicuramente non moderate, costringendomi ad allacciare le braccia attorno al suo busto.

Non avevamo il casco!

Entrai in preda al panico, che svanì soltanto quando la moto fece l'ultima e decisiva frenata.

"Il casco, perbacco!" quasi strillai.
"Quale casco?" Domandò, con finta disinvoltura. Lo guardai in cagnesco.
"È pericoloso!"

"Io lo sono di più" asserì serio, spiazzandomi.

"Forse è meglio se vado. Grazie per il passaggio" Si inumidì il labbro per poi voltarsi.

"Caleb" lo richiamai.
"Sta attento"

Scosse la testa, ma nel buio scorsi l'accenno di un sorriso dipingere le sue labbra.

Quel giorno avevo capito molte cose, ma una prima di tutto:

Caleb Moore mi piaceva.

Non sapevo ancora chi fosse quel ragazzo tanto misterioso, ma sapevo come mi faceva sentire.

E mi piaceva maledettamente troppo.

La tempesta che mi ha travolto.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora