26. Inaccettabile insistenza.

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Il fine settimana sfortunatamente era passato. Quella mattina avrei dovuto tornare a scuola, e dopo tutto quello che era successo, non era certo il mio desiderio più grande.

Ero tesa; sapevo che avrei inevitabilmente incontrato Dylan, e l'idea mi rattristava e innervosiva al tempo stesso.

Da un lato, l'averlo fatto soffrire, era un macigno che portavo sulla coscienza, ma dall'altro ciò che quel sabato aveva scatenato, le persone ingiustamente coinvolte e, soprattutto, le sue parole, scagliate come schegge affilate, mi avevano aiutata a capire che forse quello che avevo conosciuto non era il vero Dylan, ma semplicemente una maschera fin troppo gentile e disponibile.

Scesi dal bus.

Solita fermata.
Solito terribile lunedì mattina.

Chloe era appostata difronte al cancello della scuola, già in attesa con le braccia conserte.

Era l'unica con cui avevo parlato, dopo la tragica serata.
Inutile dirlo, da allora, non aveva fatto altro che chiedermi insistentemente cosa avessi combinato con Caleb, una volta usciti dal pub. Io, invece, non avevo fatto altro che risponderle con la stessa frase:

Mi ha soltanto accompagnata a casa, ok?

Fortunatamente, Bret era riuscito a trascinare il fratello ubriaco in macchina e a riportare a casa entrambi, sani e salvi, più o meno.

"Ehilà?" Chloe sventolò una mano davanti al mio viso, costringendomi a riportare lo sguardo su di lei.
"Dimmi, scusa" farfugliai distrattamente.

"Avevi promesso che mi avresti raccontato per filo e per segno tutto quello che era successo venerdì! Non l'ho dimenticato, mia cara!"
Giusto! Avevo commesso anche quell'irrimediabile errore.

"Sì ma non qui, dai te lo spiego dopo" Rifletté qualche istante, ma alla fine, sentendo la campanella della prima ora suonare, dovette forzatamente arrendersi.

Per mia sfortuna, era arrivato il momento dell'ora di ginnastica, assolutamente indesiderata. Quella materia mi metteva in soggezione, ogni singola volta, con strani giochi e attività che sicuramente non facevano per me.

Entrammo negli spogliatoi.

Molte ragazze erano già radunate in cerchio, a spettegolare di chissà che cosa, ma ciò che davvero mi preoccupava era l'avanzata di Jenna nella mia direzione.

"Kylie, tesoro!"
Scostai lo sguardo, consapevole del fatto che le parole che successivamente avrebbe pronunciato non sarebbero state delle più dolci e gentili.

"Nella scuola gira un video dell'altra sera" Esordì, con finta aria disinteressata.
"Tutti sanno che il motivo della rissa sei tu" assottigliai gli occhi con disappunto.
"Non credo di essere così importante."
Risposi sinceramente, suscitandole un sorriso beffardo.

"Infatti non lo sei" Sputò, abbassandosi alla mia altezza, con fare minaccioso.

"Voglio solo assicurarmi che tu non ti avvicini troppo a Caleb. Lo dico per il tuo bene, potresti scottarti" Affermò, arricciando con le dita una ciocca di capelli.

Mi stava minacciando?
Quella ragazza aveva visto troppi film.

"Lo spettacolo è finito, Jenna" ringhiò Chloe, affiancandomisi.
"Non scaldarti troppo! La tua amichetta ha ricevuto in dono la lingua, e sappiamo tutti che la usa solamente per parlare, e che quindi non dovrebbe avere problemi nel difendersi, almeno a parole"
Mi morsi un labbro e strinsi i pugni.
Che accidenti stava dicendo?

Quella ragazza iniziava ad innervosirmi sul serio, e se era arrivata a portare al limite anche una persona paziente come me voleva dire che far imbestialire gli altri era una sua dote eccellente.

Si allontanò, raggiungendo la palestra, ben fasciata dai suoi leggings neri.
"Andiamo" Mi invitò Chloe, posando una mano sulla mia spalla.

Varcai l'entrata della palestra, e mi accorsi subito che la classe con cui condividevamo l'ora di ginnastica non fosse la stessa delle precedenti volte.

"C-che ci fanno qui?" Domandai, indicando con lo sguardo Dylan e i suoi compagni.
"L'altra classe è in gita, e loro li hanno sostituti" Sospirai pesantemente.
Non avevo alcuna voglia di incontrarlo.

"Rilassati, non accadrà niente" tentò di rassicurarmi lei. Annuii, e raggiunsi i miei compagni di classe.

Il professore ci divise in squadre, con l'obiettivo di farci cimentare in una partita di pallavolo, ed io volevo già sotterrarmi a dieci minuti dall'inizio dell'ora. Se c'era uno sport per il quale ero assolutamente negata, quello era pallavolo.

Elaborai in fretta un piano di salvataggio.

"Mi scusi, professoressa. Potrei andare in bagno?" domandai cortesemente.
"Certo, va pure Kylie!"
Esultai mentalmente. Forse mostrarsi sempre gentili con quell'insegnate 
era servito a qualcosa.

Mi sottrassi a quel baccano, e percorsi il corridoio in direzione del bagno.
Era vuoto, come normale che fosse a quell'ora, ma dopo poco iniziai a percepire il ticchettio ritmato di un paio di scarpe seguirmi.

"Tutto bene?" Mi voltai di scatto, trovandomi difronte l'ultima persona che avrei voluto vi fosse.
"Dylan che ci fai qui?" domandai di getto.
"Bè potrei farti la stessa domanda"
Alzò le spalle. "Volevo parlare di quello che è successo l'altra sera" Mi informò, con tono estremamente basso.

Aveva gli occhi stanchi, sembrava distrutto.

"Mi dispiace davvero per tutto" guardai altrove,  dappertutto pur di non incontrare il suo sguardo.
"Preferisco non parlarne ades..."

"Ti prego, voglio chiarire con te!" Si avvicinò sempre di più, inchiodandomi contro il muro del corridoio.
L'aria si era fatta incredibilmente pesante.

"N-non adesso, per favore" Farfugliai, quando sentii la sua mano posarsi sulla mia guancia. Tentai di divincolarmi ma le sue braccia afferrarono le mie.

Iniziava a farmi seriamente paura.
"Solo cinque minuti! Che cosa ti costa?"

"Levati dal cazzo" Tuonò qualcuno.
Sì, quel qualcuno.

Le mani di Dylan, lasciarono immediatamente la presa su di me ed i suoi occhi si precipitarono su quelli di Caleb, visibilmente nervoso.

"Vuoi intrometterti ancora una volta?"
"Non ti è bastata l'ultima volta in cui l'ho fatto?" Replicò il moro, strafottente.
"Voglio solo parlare con Kylie.
Tu non c'entri un cazzo" Continuò Dylan imperterrito,

"Non hai ancora capito, che con te non vuole parlare?" ringhiò Caleb, freddo e deciso.

Poi, posò lo sguardo su di me, e perfino in quella situazione non potei fare a meno di perdermi nelle schegge di ghiaccio delle quali i suoi occhi erano rivestiti.

"Vattene"

La tempesta che mi ha travolto.Where stories live. Discover now