61. Tenerife sea.

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Erano le quattro in punto di quell'infernale venerdì pomeriggio.
Chloe si era presentata davanti casa mia, sorridendo come un bambino in un negozio di caramelle, mentre io aprivo la porta con il cuore a pezzi.

Avevo dormito poco più di due ore, il pensiero di Caleb mi aveva tormentato ogni secondo tra le lenzuola.
Il dolore mi stava frantumando, tanto da farmi scegliere di assentarmi a scuola. Non avrei avuto la forza necessaria per incontrarlo, o anche soltanto scorgere il suo viso tra le centinaia di ragazzi nel cortile.

"Ti ho portato dei cupcakes!" strillò, senza darmi il tempo di salutare.
"Grazie, Chloe" dissi, afferrando, quasi sorridente, la scatola della pasticceria. "Cavolo hai un aspetto terribile..." constatò, dopo aver lasciato scorrere lo sguardo dalle mie occhiaie ai capelli arruffati nel disordinato chignon. Alzai le spalle, sconsolata.

"Vieni pure" la guidai fino alla mia stanza.
"Allora? Come stai?" Chiese guardandomi con comprensione. Mi portai una mano alla fronte, con fare disperato.
"Uno schifo" Risposi sinceramente.
"Ho paura Chloe. Paura che ieri sia finito tutto" scosse la testa, con disappunto.

"Non avrei mai pensato di dirlo ma...ciò che provate l'uno per l'altro, sia tu che lui, è qualcosa di molto forte, forse troppo alle volte, ma è proprio per questo che romperlo è un'impresa ardua."
si fermò qualche secondo a pensare, per poi riprendere il discorso.

"Voi due siete fatti per amarvi, Kylie, e quando lo capirà anche lui, allora avrete vinto" accennai un sorriso, rincuorata dalle sue affermazioni.
"Spero sia davvero così" le sue braccia mi strinsero con affetto.

"E sappi che da quanto mi ha riferito Bret, ieri sera il moretto sexy ha dato davvero di matto" inarcai un sopracciglio, incuriosita.
"Dimmi, mia cara, se non fosse innamorato come un'idiota, dopo che l'hai piantato in asso, avrebbe spaccato le sedie?"

***

"Bret, sul serio ci hai portate a una serata karaoke?" Il ragazzo la squadrò confuso. "No dico, ma hai mai sentito Kylie cantare? È la persona più stonata che io conosca" entrambi scoppiarono a ridere, contagiando in qualche modo anche me.

Chloe mi aveva letteralmente costretta a passare la serata con loro, minacciando di smettere di passarmi le informazioni che Bret le forniva su Cal. Diabolica.
"Ah ah ah. Prendetemi pure in giro, geni della musica" prendemmo posto al tavolo, insieme a Jacob e la bionda, che a quanto pare era una cosa stranamente seria.

Ovviamente mi ritrovai di nuovo a fare la parte della candela in mezzo alle due coppie di piccioncini.
Detto francamente, se stavano cercando di farmi sentirmi meglio, allora il loro tentativo era fallito clamorosamente.

"Ok adesso canterò io"
Esordì Jacob, recandosi al microfono.
Delle risate rimbombarono nel locale, ed era chiaro da dove provenissero. Scansò bruscamente un ragazzo che aveva appena finito di cantare una canzone dolce, ed iniziò sottovoce a riferire all'addetto ciò che aveva in mente.

Balli latinoamericani. Mi piacevano molto, ma in quel momento mi sembrò di odiarli. I miei amici si alzarono in piedi, iniziando a ballare, mentre Jacob tentava di cantare una qualche canzone di Ricky Martin. Furono tre minuti a dir poco imbarazzanti, specialmente per me, che ero rimasta tristemente seduta al tavolo, immobile come un palo.

Mi alzai soltanto, quando decisi di andare in bagno; non che ne avessi realmente bisogno, mi bastava soltanto lasciar scorrere un po' più veloce il tempo.
Qualche attimo dopo, dovetti fermarmi.

Una voce, estremamente familiare, stava intonando le note di una canzone che conoscevo perfettamente.
Quando mi voltai, rimasi paralizzata.
Il cuore batteva così forte che pensai potessi sentirmi male.
Uno sgabello, un microfono, una chitarra.

E lui, perso nei miei occhi,
a completare il quadro.
Ed io, persa nei suoi, a tremare.

"Sei davvero meravigliosa con quel vestito
Adoro come hai sistemato i capelli
Il modo in cui sono posati sul lato del collo,
Sulle spalle e sulla schiena
Siamo circondati da tutte queste luci
E da persone che parlano troppo
Hai quello sguardo, come se
nessuno sapesse niente a parte noi
E fosse l'ultima cosa che vedo,
Voglio che tu sappia che mi basta
Perché tu, così come sei,
sei l'unica cosa di cui avrò mai bisogno

Sei davvero bellissima sotto questa luce
La tua dolce figura su di me
Il modo in cui fa risaltare il blu dei tuoi occhi
E' il mare di Tenerife
E tutte le voci che ci circondano qui
Svaniscono ad ogni tuo respiro
Pronuncia la parola e scomparirò
Nella natura incontaminata
E fosse l'ultima cosa che vedo,
Voglio che tu sappia che mi basta
Perché tu, così come sei,
sei l'unica cosa di cui avrò mai bisogno

Luce, tesoro, luce su di me
E fosse l'ultima cosa che vedo,
Voglio che tu sappia che mi basta
Perché tu, così come sei,
sei l'unica cosa di cui avrò mai bisogno"

Rossa come le fiamme di un incendio,
ardevo dentro, e lasciavo che quell'amore mi consumasse, perché era la sensazione più bella che avessi mai provato nella vita.
Lì, davanti a tutta quella gente, aveva cantato per me, per noi. Caleb Moore.
Continuavo a guardarlo senza dire niente, la verità era che per una volta non avevo niente da dire.

Posò la chitarra senza staccarmi gli occhi di dosso, così come il resto del locale che assisteva alla scena. Dove aveva imparato, poi me lo avrebbe spiegato.
Si avvicinò, seppur fosse quasi impossibile per uno come lui, sembrava quasi imbarazzato.

Non ci pensai due volte. Mi alzai sulle punte, e lo baciai. In pochi attimi, ricambiò con passione.
Mi sollevò da terra per fianchi, e camminò fino all'uscita, tenendomi stretta mentre le nostre labbra si divoravano come fosse stata la prima volta, ignorando tutto il resto.

Sarebbe potuto crollare il mondo, senza che noi ce ne accorgessimo.

"L'ho capito, Ky" sussurrò al mio orecchio.
"Ti voglio" persi un battito.
Era tutto vero. Per la prima volta, da quando ci eravamo conosciuti si era acceso un lume di speranza. Forse tutto ciò che sognavo da tempo, sarebbe diventato realtà. Mi appoggiò sul cofano della sua auto.

"Il pensiero di perderti...cazzo mi ha fatto impazzire" posai una mano sulla sua guancia, accarezzandola.
"Anch'io, Cal" gli sorrisi dolcemente.
"Non c'è niente che voglia che non porti il tuo nome" si morse un labbro.
"Vieni con me" senza troppe domande, salii in macchina.
Con lui al mio fianco, sarei andata ovunque.

La tempesta che mi ha travolto.Where stories live. Discover now