Capitolo 33

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Andrew guida serenamente verso il McDonald's più vicino. All'interno della sua elegantissima Audi nera risuonano le note di More than a feeling dei Boston.
Per l'ennesima volta mi riguardo le mani ancora indolenzite dallo sforzo fatto per mettere la cintura. Il coreano ha galantemente provato ad aiutarmi, ma l'idea di superare ancora la nostra distanza di sicurezza ha fatto sobbalzare il mio cuore e sono stata costretta a rifiutare. In più mi sarei sentita un tantino ridicola nel farmi aiutare con una cosa così banale. Mani incerottate o meno. 

<<Non credevo ascoltassi questo tipo di musica. I Boston, old but gold>>, borbotto guardando di fronte a me.

<<Non credevo conoscessi questo tipo di musica>>, ribatte prontamente imitando il mio tono, <<Ho quasi paura di scoprire che idea ti sei fatta di me>>.

<<Non te lo svelerò mai>>.

<<Tranquilla, ti corromperò con delle patatine>>, risponde con un sorrisetto.

<<Un avvocato che parla di corruzione? Stia attento signor Choi>>. Lo dico scherzando, ma la mia mente vola subito a quanto raccontatomi da Gianluca.

<<Conto sul suo buon senso, signorina>>, ribatte non perdendo il sorriso. Andrew mi piaceva anche prima quando conoscevo solo il suo lato freddo...ora che lo vedo, così gentile e sorridente, potrei impazzire. 

In più, mi piace che sappia sempre cosa rispondermi.
Appena la macchina rallenta, io mi slaccio la cintura e allungo la mano per aprire la portiera.
<<Non mangiamo in macchina?>>, mi chiede spiazzandomi nuovamente.
Mi guardo attorno e osservo scettica gli interni in pelle chiara: <<Rischi di trovarti la macchina ricoperta di ketchup... Non è il caso>>. Non può volere questo, non ha idea di quanto io possa essere imbranata.
<<Si può sempre pulire, ma come preferisci. Pensavo ti sentissi a disagio con questo look un po'... alternativo>>, risponde parcheggiando senza fatica. Il tono della sua voce è quello di una persona che sta cercando di trattenere una risata. È solo adesso che mi ricordo di star indossando i suoi pantaloni della tuta.
<<Fa niente>>, dico cercando di dissimulare il mio imbarazzo, ma al coreano sfugge un altro sorriso divertito.

Quando entriamo e veniamo circondati dall'odore delle patatine fritte, cerco di mostrarmi sicura di me, come se stessi sfilando per Valentino. Non c'è quasi nessuno, oltre ad alcuni gruppi di ragazzi. Le poche esponenti del sesso femminile guardano il coreano ad occhi aperti e lo vedo chiaramente che alcune si stanno chiedendo cosa ci faccia qui uno così bello ed elegante, al fianco di una ragazza che indossa tacchi e tuta. E so per certo che, in questo momento, anche loro stanno rivalutando il fascino asiatico. 
Ci avviciniamo ed ordiniamo patatine, nuggets, una Coca Zero per me e l'acqua per lui.
<<Oh, e ketchup e maionese>>, esclamo illuminata.
Mi offro di pagare, ma Andrew non mi da possibilità di insistere e dice con il suo tono deciso: <<Faccio io>>.
<<Così sembra un appuntamento>>, borbotto.
Il coreano mi blocca con i suoi occhi a mandorla: <<E anche se fosse? Sarebbe così male?>>.
E lo stormo di pipistrelli nel mio stomaco si risveglia nuovamente ed inizia ad agitarsi freneticamente.
Gli rispondo con un mezzo sorrisetto dubbioso. Chissà se ho capito bene. Perché per me non sarebbe così male.
<<Vai pure a sederti, arrivo>>, dice allontanandosi e andando al bancone.
Mi accomodo e non posso fare a meno di guardarlo da lontano, così elegante e sicuro di sé. E con un sedere notevole. Mi chiedo come sia passato inosservato fino ad ora.  Adesso, osservandolo da qua, non posso affatto lamentarmi della prospettiva.

Cavolo, che l'influenza negativa della mia sorellina allupata si stia facendo sentire? 

Questa sera mi sento più confusa che mai: Andrew è ambiguo, Gianluca è impazzito e io non so più cosa pensare. Mi sfioro nuovamente le labbra e sono incredula nei confronti di me stessa: poche ore fa baciavo Gianluca e ora continuo a ripensare a quando, nel suo bagno, il coreano mi ha accarezzato la guancia e strofinato le labbra con il pollice. È bastato che mi sfiorasse. Vorrei dire che mi sento così perché sono ubriaca, ma purtroppo non è così. 
Andrew appoggia il vassoio davanti a me: <<Forza, mangia>>.
E niente, mi pare quasi di potermi sciogliere. Riesco ad immaginarmelo nudo nella mia cucina mentre mi serve il caffè e in un istante mi sento le orecchie andare a fuoco. Non può fare a meno di punzecchiarmi e, con il suo sguardo divertito, mi dice: <<Esattamente a cosa stai pensando? Spero non si tratti di pensieri sconci>>. Così invasa dal terrore che lui possa leggermi nella mente, nego vigorosamente e addento una polpetta di pollo. 
<<Credo tu abbia bisogno di risposte>>, inizia a dire tornando serio mentre annuisco enfaticamente,<<e mi dispiace di aver perso il controllo con il tuo amico. Se l'avessi riconosciuto subito, tutte le volte che sono stato al tuo locale, sarei riuscito ad avvisarti per tempo. Che stupido>>.
Probabilmente non gli avrei creduto, accecata dal mio volerlo detestare per forza. Lo ascolto concentrata e mi ingozzo di patatine come se fossero i pop corn al cinema.
<<Circa un anno fa, ho seguito la moglie nel processo di divorzio>>.
<<Gianluca me l'ha detto>>.
<<Dubito però che ti abbia raccontato dei motivi del divorzio>>, aggiunge serio.
In realtà l'ha fatto, ma decido di non interromperlo.
<<Non entrerò nei dettagli, ma lui aveva il vizio di bere e quando rientrava a casa picchiava la moglie e... Beh, insomma, eccetera. È venuto fuori che ha sempre avuto questo vizietto e che l'alcool lo rende particolarmente aggressivo. Per questo la mia assistita ha vinto e lui ha pagato, giustamente, per le sue azioni>>.
Sono del tutto spiazzata, questo non combacia di certo con la versione di Gianluca.
<<È stato costretto a partecipare ad alcune sedute con lo psicologo. Quando tu mi hai accusato di avergli rovinato la vita, ho rispulciato il caso e ho messo insieme i pezzi. Stasera l'ho visto ubriaco e ho pensato ci fosse ricascato. Per questo vi ho seguiti fuori... Mi è sembrato che ti stesse costringendo, contro la tua volontà, e ho perso la testa, scusa>>.
Nella mia testa c'è un turbinio di pensieri. Sono storie che uno sente solo al telegiornale e sembrano così lontane dalla vita di tutti i giorni che faccio fatica a realizzare.
Cosa sarebbe successo se Andrew non fosse arrivato? Per un attimo mi chiedo se non stia mentendo anche lui, ma il suo sguardo è talmente sincero che mi fa vergognare di me stessa.
<<Credo di essere io a dovermi scusare con te>>, borbotto imbarazzata. Mi viene un groppo in gola che ricaccio giù con un sorso di Coca Zero. Così mi ritrovo a finire le patatine in silenzio perché so per certo che, se iniziassi a parlare, rischierei di piangere.

Andrew mi fa strada aprendomi la porta e insieme ci dirigiamo verso la sua macchina. 

Prima di separarci per salire ai lati opposti dell'auto, raccolgo tutto il mio coraggio e lo fermo appoggiando delicatamente una mano sul suo braccio.
<<Mi dispiace. Ti ho giudicato male e sono stata una stupida>>. Sento che i miei occhi stanno iniziando a bruciare. Ho sbagliato tutto, io che mi vanto di saper capire le persone. Io che, accecata dalla mia decisione di trovare Andrew insopportabile, non ho esitato a credere a Gianluca. Gianluca che per mesi mi ha ignorata senza un vero motivo. O forse a questo punto il motivo c'era eccome: sapeva che io ed Andrew ci incrociavamo spesso e aveva paura che il suo segreto venisse fuori. Come ho potuto farmi prendere in giro così. Abbasso la testa, imbarazzata, proprio mentre sento che la prima lacrima inizia a scendere lentamente. Ma per quanto rapida, Andrew l'ha vista.
<<Emma. Non è colpa tua>>, dice stringendomi tra le sue braccia e attirandomi a sé. In questo momento è il gesto più confortante che potesse fare. E non importa se siamo solo due conoscenti, lui mi stringe e mi accarezza lentamente la testa, mentre io inondo il suo cappotto di lacrime silenziose. Un abbraccio forte e sicuro che mi fa impazzire il cuore. Per un istante ho anche la sensazione che mi abbia dato un bacio sui capelli, ma probabilmente si trattava solo di una carezza. E' come se tutti gli eventi della serata, stessero facendo effetto all'improvviso. Proprio davanti a lui. 
Quando riesco a fermare il rubinetto, mi stacco borbottando più volte delle scuse. Per fortuna indosso un mascara waterproof.
<<Ti manderò il conto della lavanderia>>, mi dice con un vago sorriso mentre saliamo in macchina. La sua voce è così bassa e sexy che potrei anche svenire.
Guida sicuro verso casa mia e io non riesco ad aggiungere altro, ancora troppo imbarazzata per aver perso il controllo.

Quando arriviamo, Andrew spegne inaspettatamente l'auto.
<<Io...>>, inizia a dire indeciso, un tono che non gli si addice, <<non sono particolarmente abile a rendermi simpatico alle persone>>.
<<Perché non ti applichi, ma ora stai recuperando>>, rispondo scherzosamente facendolo sorridere per una frazione di secondo.
<<È vero, non mi è mai interessato. E so di non essere stato particolarmente galante nei tuoi confronti, ma...>>.
Si interrompe per un istante quando vede le luci di una macchina parcheggiare dietro a noi.
<<Sono certo di doverti delle scuse. Sei una persona estremamente interessante. Imprevedibile, oserei dire. Forse un po' folle, ma interessante. E so perfettamente che questo è un momento inadeguato per dirtelo, considerata la serata>>, conclude lasciandomi senza parole per un brevissimo istante. 

Mi sfugge involontariamente un sorriso.

 <<Forse anch'io ti devo delle scuse>>. E forse, non posso più tenermi dentro la mia cotta malsana. Dovrei condividere con lui la storia dei pipistrelli che svolazzano nel mio stomaco. <<Forse, e dico forse, tu mi...>>- 

Dei colpi al finestrino mi fanno sobbalzare e le parole mi muoiono in gola. Lorenzo ed Isa ci guardano sorridenti e ci salutano.
<<Fantastico, ora dovremo dare delle spiegazioni prima che si facciano idee sbagliate>>, dice a bassa voce.
Idee sbagliate. Forse quando ha detto che sono interessante intendeva dire come caso clinico da studiare e non come persona da frequentare. Per fortuna Isa è arrivata al momento giusto, altrimenti avrei spifferato tutto sulla mia cotta in una serata già abbastanza emozionante. 

Non mi sono mai sentita tanto confusa come questa sera. 

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