Capitolo 42

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Kelsey era certa di essere al sicuro. Eppure si sbagliava. Infatti, quando era atterrata vicino a quella pozza d'acqua che credeva fosse un lago, non aveva considerato la possibilità che ci fossero altre creature viventi lì attorno. E sicuramente non poteva immaginare che quel lago fosse abitato. Quella mattina il risveglio era stato particolarmente traumatico. Quando aveva aperto gli occhi, Kelsey si era resa conto che la sua navicella era stata ricoperta da strane creature gelatinose. 

<<Blobstan>>, borbottò Jaxon spalancando gli occhi. 

<<Blobstan?!>>, ribadì lei stupita, <<Non credevo esistessero veramente>>. 

<<Perché ogni viaggiatore che le ha incontrate non è sopravvissuto. Stupida imbranata, metti in moto! >>. 

<<Ehi, stupida imbranata a chi?>>, esclamò Kelsey cercando di non farsi prendere dal panico. Si mise al volante e fece partire i motori a tutta velocità. Ma quelle creature avevano formato una sorta di gelatina appiccicosa attorno alla loro nave. <<Merda>>. 

<<Da quando sei così volgare, imbranata? Muoviti, si nutrono dell'energia della nave. E poi passeranno a noi>>. 

<<E tu da quando sei così sarcastico? Non sono un bravo pilota purtroppo, ce la sto mettendo tutto>>, borbottò ancora Kelsey. 

La voce tranquilla di lui la aiutò a mantenere la calma: <<Ascoltami. Frena, ruota a 360 gradi e accelera nuovamente. Devi innestare la massima velocità e poi fare un movimento non lineare. E' l'unico modo>>. E lei ce la mise tutta a seguire le sue indicazioni. Nonostante la resistenza dei Blobstan, riuscirono a scappare e tornare in orbita nello spazio scuro. Kelsey era così contenta che non riusciva a smettere di sorridere: <<Grazie Jaxon>>. 

<<Non prenderti questa confidenza, feccia. L'ho fatto per me. Piuttosto che morire insieme a te, ti preferisco viva>>, disse lui con la sua voce strascicante. Era chiaramente stanco e sempre più pallido. La sua ferita guariva a fatica, aveva perso molto sangue e non avevano molte provviste. Kelsey detestava vederlo in queste condizioni, privo di energie nel letto su cui lei lo aveva legato.

L'unica speranza di salvarlo era raggiungere l'avamposto più vicino. Marcus le aveva indicato gli anelli di Urano come punto di salvezza. Le aveva detto chiaramente che se fosse riuscita ad arrivare lì, sarebbe stato più semplice arrivare alla Nube di Oort. Marcus aveva degli amici lì e lei sapeva che l'avrebbero aiutata. Impostò la rotta e tornò a prendersi cura di Jaxon. Dormiva un sonno agitato, la fronte imperlata di sudoreKelsey gli si avvicinò lentamente, gli spostò con delicatezza il ciuffo nero ribelle e gli asciugò la fronte con un lembo della sua maglietta. Perché voleva aiutarlo ad ogni costo?

Quando Jaxon riaprì i suoi occhi scuri come la pece, vide la testolina scura di Kelsey accanto a lui. Gli stringeva la mano come se fosse l'unica cosa importante al mondo. Lei dormiva serenamente, come se nulla potesse minacciarla. La sensazione che provò in fondo alla punta dello stomaco venne immediatamente sostituita dal disgusto. 

<<Come osi toccarmi così?>>, disse schifato quasi sussurrando. Le sue parole strascicate furono sufficiente a svegliare la ragazza che ricambiò terrorizzata lo sguardo di lui. 

<<Scusami, credo di essermi addormentata>>, si limitò a sussurrare. In verità sentiva gli occhi pungerle e aveva una gran voglia di mettersi a piangere. Aveva già perso tutto, perché doveva ancorarsi così al suo nemico? Non poteva scegliere una spalla migliore? Sentendo una lacrima fare minacciosamente capolinea, la ragazza abbassò la testa e si allontanò. Non poteva sapere che quella piccola lacrima era stata intravista da Jaxon e aveva distrutto il primo mattone del muro oscuro che lui ergeva attorno a sè. 

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