Capitolo 39

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<<Giuro che se stai ancora scrivendo quella tua storia, ti prendo a cuscinate>>, borbotta Michela vedendomi smanettare col laptop.

<<Lo dici come se fosse una brutta cosa>>, le rispondo sbuffando. Si stancherà mai di rompere così?

<<Perché non è normale che una ragazza della tua età sia così interessata a Star Wars! Dovresti pensare a uomini, nudi, che strusciano su di te, anziché a quel tipo vestito di nero. Come si chiama? Chilo Zen?>>.

<<Kylo Ren!>>, le dico urlando e cercando di trattenere una risata, <<E, per la cronaca, la mia storia è ambientata in un universo parallelo a quello di Star Wars. Certo, c'è sempre l'eterna lotta tra bene e male, ma non ci sono nè Jedi nè Sith>>.

<<Sì, vabbè. Il tuo protagonista è comunque tutto vestito di nero>>.

<<Ma non è Kylo Ren e la mia protagonista non è Rey>>, bofonchio, <<in ogni caso non stavo scrivendo la mia fanfiction. Sono impegnata nella ricerca di un menù per la mia festa di compleanno>>.

Michela spalanca i suoi occhioni e mi guarda spaventata prima di balbettare la sua domanda: <<Vuoi dire che non cucinerà Isa?>>.

<<Vuol dire che cucinerò io! Per tutti voi>>, le dico altezzosa e fiera di me.

<<Ti prego, no. Ci ucciderai tutti. Forse io e Davide non riusciamo a venire>>.

<<Smettila, verrete entrambi. Seguirò la ricetta, sarà facilissimo. Devo solo trovare qualcosa di adatto e semplice. Ora sciò, via, mi hai fatto perdere tempo prezioso e finirò per far tardi al lavoro>>, le dico alzandomi e spingendola fuori dalla mia camera.

<<Come se fosse colpa mia!>>, borbotta.

Riguardo l'orologio e inizio a prepararmi di corsa. Cavolo, ho il turno del pomeriggio e sono già in super ritardo. Raccolgo i capelli in uno chignon disastrato, mi metto un velo di mascara per mantenere un minimo di dignità, afferro il giacchino di pelle, e mi fiondo fuori di casa. Non smetterò mai di considerarmi fortunata per questa fermata della metropolitana così vicina a casa.

Non appena arrivo, una voce si diffonde dall'altoparlante per la banchina della metro interrompendo i miei pensieri: Si informano i gentili passeggeri che la circolazione è stata ripristinata. Ci scusiamo per il disagio.

Mi sfugge involontariamente un sorriso: oggi è proprio la mia giornata!
Tutte le persone accanto a me si lasciano andare in esclamazioni di gioia. "Era ora" e "finalmente" sono le frasi più gettonate. Chissà da quanto sono qui in attesa. Per fortuna, io non ho neanche dovuto aspettare.

Quando le porte del metrò si aprono di fronte a me, balzo su agilmente, incastrandomi tra le mille persone già a bordo. Alla fermata successiva, salgono a spintoni altri malcapitati e mi sento quasi soffocare. Rimaniamo fermi almeno cinque minuti perché alcuni ragazzi cercano in tutti i modi di salire, ma il loro zaino non ci sta e le porte non si chiudono. E di certo la discesa non è affatto più semplice. Ce la faccio solo perché una signora dietro di me mi spinge rischiando di farmi ribaltare. Sono talmente in ritardo che faccio le scale le scale correndo e, una volta all'aperto, vengo accolta da un diluvio.

<<Andiamo>>, borbotto contrariata alzando gli occhi al cielo. Non ho nemmeno l'ombrello. Ero partita così bene.

Cammino rapidamente a testa bassa colpendo diverse persone e, proprio a due passi dalla mia destinazione, mi ritrovo a borbottare le ennesime scuse. E' solo quando alzo lo sguardo che mi rendo conto di aver lui davanti agli occhi. Completo nero, camicia bianca e scarpa elegante.
Ma perché, che ho fatto di male?

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