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Michael's point of view

Caddi dal letto, senza far rumore, mi infilai le scarpe e un paio di jeans con la camicia che avevo indossato la sera prima. Karen mi fece tremendamente preoccupare.

Che stava combinando Mia?

Era svenuta?

E perché?

Tantissime domnade facevano a gara nel mio cervello per competere contro delle risposte che in realtà non avevo. Mentre mi sciacquavo il viso per essere più lucido possibile, percepì l'ansia crescere nel petto presi le chiavi e mi fiondai nel garage dove con un movimento rapido tirai fuori la mia auto, sfrecciando veloce verso il locale.

Quale locale?

Cavolo

Ero così concentrato su quella ragazza che mi ero anche dimenticato di chiedere alla sua amica di quale locale si trattasse. Presi il cellulare dal cruscotto e composi il numero di Karen. Due squilli e rispose.

«Karen, sono Michael ma dove siete?»

«Siamo al Daniel's, sbrigati non so quanto possa ancora resistere» sospirai pesantemente.

«Sto arrivando»

Dopo svariati minuti parcheggiai di fronte all'insegna viola e rossa del Daniel's la fila era enorme fino alla fine del marciapiede. Mi feci spazio fra la folla, scusandomi ad ogni volta, arrivai dinanzi a quell'uomo che ricordai si chiamasse Cole, senza dir nulla cercai di oltrepassare le tende rosse, ma una presa forte mi bloccò.

«Ehi bello dove credi di andare serve un documento» rimproverò l'uomo.

«Salve, si mi scusi» cercai nelle tasche dei miei pantaloni, davanti e sul retro ma nulla avevo dimenticato il portafogli con i documenti all'interno a casa.

«Cazzo» imprecai, ciò sorprese sia me che l'uomo che continava a fissarmi.

«Ho dimenticato i documenti mi spiace»

«Senza documenti non si entra» mi avvicinai all'uomo con aria disperata.

«Per favore, io devo entrare..»

«No, lei non si muove di qui"» affermò l'uomo.

«Cole? Ti chiami Cole giusto? Per favore fammi entrare c'è Mia, Mia Johnson li dentro e non sta molto bene io sono un suo amico, devo aiutarla per favore.. » parlai con in viso un paio di occhi supplichevoli, cercando di farlo ragionare. L'uomo si guardò intorno, per poi rivolgermi uno sguardo rassegnato.

«Vai, passa» io gli sorrsi per poi dargli una pacca sul braccio.

«Grazie amico» mi fiondai nel locale. l'aria puzzava di whisky, sudore e chissà quant'altro. Mi guardai attorno, le luci soffuse non erano per niente d'aiuto così mi rivolsi al barman che riconobbi quasi subito.

«Ciao tu sei Kavin giusto?» sperai che m'avessi sentito, datone il volume altissimo della musica.

«Si, sono io cosa ti porto?» mi avvicinai più al bancone tenendo le mani salde sul lagno.

«Nulla grazie, ho bisogno di sapere se hai visto Mia»

«Mia Johnson intendi?» corrugò le sopracciglia.

«Si, esatto» il ragazzo si guardò intorno poi seguì con gli occhi il suo cenno del capo.

«Eccola, è la mia miglior cliente» sogghignò, lo lo guardai male prima di allontanarmici. La ragazza dalla chioma ramata era su una pista da ballo, i suoi capelli erano madidi di sudre e il vestito le si era praticamente appiccicato addosso. Sorseggiava di tanto in tanto una bottiliga ma non fui in grado di vedere cosa contenesse. Poi scorsi le sue amiche che mi affiancarono immediatamente

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