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Michael's point of view

Quella ragazza sembrava essere fatta di porcellana. La pelle candida, liscia, le minuscole e chiare lentiggini sulle gote, i suoi occhi grandi e verde smeraldo. Tutto di lei mi faceva tremendamente impazzire, non avrei mai sopportato l'idea di poterle fare del male, l'avevo fatta soffrire e di questo me ne pentivo già abbastanza. Quando decidemmo, alle 11 di sera, di recarci a casa mia per fare  l'amore ne ero felice ma agitato allo stesso tempo. Avevo atteso molto quel momento, d'altronde, c'avevamo messo un eternità soltanto per ammettere i nostri sentimenti, per stabilizzarci. Ed ora, questo mi sembrava il momento più adatto per andare avanti, si avevamo bisogno di oltrepassare la soglia, di un momento intimo ed estremamente nostro. Mi ero accorto di essermi innamorato di Mia quando grazie a lei mi resi conto di essere tornato ritornai a vivere e a godere della luce del sole. Ero insoddisfatto della mia vita sentimentale, cupo, monotono dentro. Mia senza accorgersene, mi aveva regalato quel motivo in più per voler ricominciare e per andare avanti, di guardarmi allo specchio ed essere fiero finalmente dell'amore che avevo trovato. Volevo dirle che l'amavo, l'amavo come non avevo mai amato nella mia vita ma questo mi faceva anche paura.

Il traggitto in auto mi parve infinito, per via di tutti i pensieri che lei mi aveva scatenato con la sua proposta, aveva bisogno di me ed io di lei, non c'era nulla di male nell'amarci anche nel momento più delicato e immenso che vi potesse esistere. Poi, d'un tratto senza accorgermene fummo nel vialetto del mio appartamento, parcheggiai l'auto fuori dal cancello. Non spiccicammo una sola parola, eravamo imbarazzati, ma quando vi entrammo nell'edificio pittato di nero fuori e all'interno arredato di un bianco vernice e beige, Mia non esitò a togliersi le scarpe come era solita fare.

«Questi scarpe mi hanno uccisa» si lamentò, io scoppiai in un risolino divertito.

«Ti avevo detto di non mettere dei tacchi troppo alti. Sei testarda come al solito» ribattei, ma non in tono severo.

«Erano le uniche più basse che avevo, e smettila di prendermi in giro!» cantilenò, dandomi un buffetto sulla spalla, ciò mi fece ridere ancora di più.

Senza chiederne il permesso, aprì l'anta vetrata del mobile dove avevo in ordine una serie di liquori anche molto forti. Ne tirò fuori uno di un colore rossastro e cominciò a riempire i bicchieri nei quali aveva già messo del ghiaccio.

«Non ti dispiace vero se.. ho fatto da sola?»

Io nel frattempo mi ero seduto allo snack ad osservare tutte le sue movenze, a come quel vestito smeraldo fasciasse perfettamente il suo sedere alto e sodo, fino a rivestire e tenere quasi liberi i suoi fianchi morbidi. Si muoveva con decisione, sciolta, d'altronde era stata a casa mia per tanto tempo e parecchie volte.

«Ciò che è mio è tuo, non preoccuparti» scrollai le spalle, mi tolsi la giacca e arrotolai le maniche della camicia. Successivamente mi porse il bicchiere di vetro ed io ne bevvi un sorso. Non ero un amante dell'alcol ma in alcuni casi non mi dispiaceva per niente.
Sul mio volto comparve una smorfia.

«Questa roba è davvero forte, ma cos'è?!» tossicchiai per la gola che cominciò a bruciarmi in maniera disumana, l'amaro che si espanse in bocca mi diede la nausea, la giovane invece non fece nessun accenno, anzi sorseggiava con tranquillità.

«Oh non lo so, mi piaceva il colore e l'ho preso» scrollò le spalle con noncuranza.

«E se fosse scaduto? Forse è per questo che è così orribile» mi lamentai, ella mi venne incontro, si sedette sul marmo dello snack anziché sullo sgabello.

Era così diversa da Annie.

«Nha, non fare il noioso e bevi non è niente di che» finì il suo, in un sol sorso io mi sforzai ma non era proprio il mio genere.

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