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Mia's point of view

Avevo decisamente gettato al vento la mia teoria, bruciato quel che erano i miei criteri. Quella mattina, mio fratello m'aveva costretto ad indossare un paio di pantaloni eleganti, e una camicia bianca avvitata, il più formale possibile insomma l'opposto della mia personalità. Eccomi, alla Castle Company intenta a ridurre in mille pezzi quel rottome che doveva stamparmi quaranta copie di alcuni documenti da firmare e sessanta fax da inviare. Ero li quasi da un'ora cercando disperatamente di far funzionare quell'aggeggio.

«Accidenti!!» imprecai sottovoce, d'altronde forse, mio fratello aveva ragione dovevo svagarmi pensare ad altro e tenermi impegnata.

Cantare e scrivere magari mi sarebbe piaciuto di più..

Poi però al solo pensiero storsi il naso e capì che ero li soltanto per non sopportare le continue richieste e pressioni di mio fratello maggiore. Una cosa positiva c'era però: potevo osservare mio fratello più da vicino, da sempre era stato iper protettivo con me, soprattutto riguardante le persone estranee strane anche le conversazioni misteriose di lui con sua moglie, e infine l'oggetto trovato giorni fa sotto casa mia su un zerbino. Qualcosa non quadrava, il tutto iniziò a puzzare di bruciato, dovevo vederci meglio e quale ottima occasione nell'accettare la sua proposta ed osservarlo più da vicino, ascoltare le sue telefonate e magari scavare nei cassetti della sua scrivania, con la speranza di trovarci dentro la verità.

«Mia, cosa ci fai qui?» una voce graffiata e possente giunse alle mie orecchie, nel frattempo però non mi ero accorta di star fissando pesantemente mio fratello mentre era nel suo ufficio a telefono con qualche cliente.

Avevo improvvisamente smesso di dar retta alla stampante, che non avendola tenuta sott'occhio stava continuando a stamapre.

«Oh cavolo, ci mancava questa!» esclami, calandomi e raccogliendo i fogli di carta sparsi sul pavimento marrone.

«Scusami Bruce, è che.. stavo pensando ecco» risposi, recuperando il tutto frettolosamente e tenendolo saldo su un braccio.

«Be' questo l'ho visto. Come mai sei qui?» chiese, porgendomi alcuni dei fogli restanti. Sorrisi per ringraziarlo.

«Mio fratello ha insisito nel venire a dare una mano qui, ha convinto il suo capo e io non avevo nient'altro da perdere, perciò » sospirai, nel frattempo mi sedetti alla scrivania che mi era stata assegnata soltanto per stampare ed inviare fax ed email.

«Ad essere sincero non ti ci vedo proprio a lavorare qui» ridacchiò l'amico dell'imprenditore.

«Per fortuna non sono l'unica a pensarla così. Prova a dirlo a Jamie forse a te darà ascolto» risi anch'io, ormai dovevo prenderla bene, inutile starsene lì con il muso lungo a commiserarsi. 

Egli rise a fior di labbra, mentre fra le mani teneva una cartella trasparente e una borsa grigia.

«E tu? Perchè sei qui?» continuai, indicando con lo sguardo la sua cartella.

«Oh sono qui per consegnare questi documenti a Jamie da parte di Michael» sorrisi dolcemente al suono del suo nome, per fortuna le acque si erano letterlamente calmate, ogni giorno però mi sentivo più in colpa nell'essere uscita con Parker quella sera, mentre da vigliacca continuavo ad evitare le chiamate di Karen.

"Tutto bene con Reed vero?» sibiliò per far si che nessuno ci sentisse.

"Si,va.. tutto a meraviglia» calai lo sguardo, leggermente malinconica, talvolta ero felice di essere al suo fianco di averlo nella mia vita, la nostra storia aveva davvero subito un evoluzione ma.. la mia mente non smetteva di condurmi al giorno in cui Jamie avrebbe scoperto tutto, perchè sarà inevitabile, amavo Michael, lui sarebbe stato l'uomo della mia vita, pensai.

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