Prologo

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Per quanto riesca a ricordare, sono sempre stata una ragazza solitaria.
Sarà una questione di carattere, direte voi. O magari qualcosa che è scritto nel DNA. Beh, mi sarebbe piaciuto pensarla così fin dal principio. Ma la verità è che ho dovuto fare i conti con il "dono", come lo definisce mio padre, molto presto.

In genere i ricordi della prima infanzia tendono a confondersi con immagini che la nostra mente ha assemblato e modellato nel tempo, tuttavia ci sono delle eccezioni. Episodi nitidi che per una ragione o per l'altra ci restano impressi, nonostante siamo ancora troppo piccoli per decifrarli e attribuire loro il significato che hanno. Per una bambina "normale" potrebbe trattarsi di un compleanno - il primo in cui si percepisca il momento vero e proprio del festeggiamento: la torta, i palloncini, i regali e tutto il resto. Oppure il primo Natale: l'attesa dei doni sotto l'albero, l'arrivo di Babbo Natale, la tavola imbandita.
Rebecca, la mia unica vera amica, mi ha spiegato che l'immagine più lontana che associa alla sua infanzia è quella di un camioncino dei pompieri giallo e verde, donato dai suoi genitori a suo fratello quando lei doveva avere tre o quattro anni.
Mio padre invece mi ha raccontato che la sua prima memoria in assoluto è un odore: legna bruciata nel camino di una casa che non ho mai visto, tanti inverni fa.

Per quanto mi riguarda, il ricordo più vecchio che ho coincide con la volta in cui ho visto mia madre morire.

Un anno prima che accadesse.

Verdiana leggeva il futuroWhere stories live. Discover now