Capitolo 5: "L'avvertimento"

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È stato difficile convincere papà a non trascinarmi al pronto soccorso.
Entro nella mia stanza, sfilo le scarpe, scivolo sul letto e chiudo gli occhi.
Rimango per un po' immobile, persa nel buio.
Ripenso alla cena al ristorante, e a come sia quasi svenuta a tavola.
La visione è stata troppo intensa. Non ero mai stata travolta da una potenza simile.
Era come se fossi nella stanza d'albergo.
E poi nel corridoio.
Soprattutto nel corridoio.
È un'immagine che mi terrorizza, più ancora della scena dell'omicidio, di cui sono stata testimone invisibile.
Il rumore dei passi.
Gli stivali.
Li ho visti. Neri, anfibi. Lucidi.
Cerco di rimettere insieme i frammenti, ma la visione è andata. Non è qualcosa che si possa gestire a comando.
Eppure c'è questo suono, questo... rumore... che proviene dall'assassino, che continua a tormentarmi. Ho detto "assassino" perché sono sempre più convinta che si tratti di un uomo.
Ci ho pensato durante il tragitto dal ristorante a casa, per tutto il tempo, ma invano.
Mi ricorda qualcosa che non...
<<Tesoro?>>
Papà bussa un paio di volte, poi apre la porta.
<<Sì?>>
Mi guarda ed io ricambio.
Un passo, un altro, fino al mio letto. Siede accanto a me.
<<Mi domandavo come stessi.>>
Gli sorrido, annuendo.
<<Lo so. Sto bene, papà.>>
<<Mi hai fatto preoccupare, a cena.>>
<<Già. Mi dispiace.>>
<<Dev'essere dura, per te.>>
Mi stringo nelle spalle.
<<Mi sono abituata. Soltanto che...>>
Mi fermo, cercando di pensare alle parole giuste per non farlo preoccupare ancora di più. So che è tempo sprecato. Si preoccuperà in ogni caso di più dopo l'episodio al ristorante.
<<Soltanto... che?>>
Scuoto la testa. Decido di essere sincera fino in fondo.
<<Non è mai stato così. Con le visioni.>>
<<Vai avanti.>>
<<Voglio dire... c'è il libro, e lo sappiamo. Sai come funziona. Beh, non è cambiato nulla, in quel senso. E le visioni successive alle mie letture...sono sempre state soltanto visioni. Proiezioni... flash...chiamali come vuoi.>>
Mi guarda e annuisce, e sento una strana tensione crescere mentre penso a ciò che sto per dirgli.
<<Questa volta... è stato diverso. Del tutto diverso. Non sembrava affatto una visione. Non mi sentivo spettatrice degli eventi. Era come...>>
Mi fermo, abbasso gli occhi, mi guardo le mani. Le unghie corte, mangiate. Le pellicine tormentate.
Ripenso alla vasca da bagno e all'acqua rossa. A Nadia morta, la testa riversa all'indietro, la gola squarciata. E poi alla figura vestita di scuro che si muove nella stanza. Il televisore, le previsioni del tempo, la porta che sbatte, gli stivali... e risento il rumore di passi nel corridoio.
E...
Il ragazzo con la maglietta dei Nirvana.
Perché?
<<Vai avanti, Verdiana.>>
<<Era come se io fossi lì. Proprio lì, papà. Fisicamente. Sentivo il respiro dell'assassino. Percepivo la sua tensione. La sua...>>
Mi interrompo, cercando il termine più appropriato.
<<La sua eccitazione.>>
Papà mi guarda. Leggo la paura nei suoi occhi. Ho imparato a riconoscerla, anche se fa di tutto per nascondermela.
Sono cose che...
<<Ah!>>
Grido.
Sento una fitta forte allo stomaco, e subito dopo una scarica gelida mi attraversa il corpo, paralizzandomi. Le dita di entrambe le mani si intorpidiscono. Le orecchie si chiudono, come se fossi a bordo di un aereo che sta decollando. Dura poco, qualche secondo.
È così che succede quando ho un avvertimento.
Non guardo mio padre, ma lo sento allungare la mano verso di me. Cerca di sfiorarmi il braccio, ma arretro.
Uno...
Due...
Tre...
Quattro...
Un respiro.
Cinque...
Sei...
Sette...
Otto...
Un altro respiro.
Nove...
Dieci...
<<Verdiana! Verdiana...>>
<<Sto bene>> sussurro, la voce rotta.
<<Verdiana, che cosa...?>>
Sto meglio, so che è passata.
Ma questo non significa nulla di buono. Non mi capitava da un anno.

L'avvertimento.

Sento un nodo terribile in gola. Il cuore corre furioso nel petto. Le tempie pulsano.
L'avvertimento, così chiamo ciò che è successo. Precede di poco il momento in cui il libro avrà una nuova pagina da farmi leggere. 
La pagina conterrà la descrizione del modo in cui la persona con la quale sono venuta in "contatto" morirà. Tra un anno a partire da ora.
Nella stanza ci siamo soltanto io e mio padre. Sento le energie allontanarsi dal mio corpo. Una fitta di nausea sale fino a trasformarsi in un conato.
<<Verdiana... che cosa...?>>
La sua voce è tesa. Spaventata.
Se adesso sfiorassi il suo corpo, la sensazione che ho provato si ripeterebbe, ma con intensità ancora maggiore. Lo guarderei negli occhi e avrei la certezza assoluta che sarà lui a finire tra le pagine del libro.
Non posso dirglielo. Penso al comodino accanto al mio letto. Al secondo cassetto, dove è il volume è custodito.
Penso a ciò che troverò ad attendermi quando lo aprirò.
Guardo papà e cerco di trattenere il pianto.
<<Niente, papà. Ho soltanto...>>
Scuoto la testa e mi volto dall'altra parte, verso la finestra affacciata sulla notte.
<<Ho soltanto avuto un'altra volta la visione. Come al ristorante>> mento, sforzandomi di controllare la voce.
<<Adesso è passata? Hai notato qualcosa di nuovo?>>
Mi stringo nelle spalle.
<<No. Niente.>>
Lui annuisce. Mi alzo e scendo dal letto, per evitare che mi baci sulla fronte. Per evitare qualsiasi tipo di contatto fisico. Perché so che a quel punto non potrei più nascondergli la verità.
Si alza anche lui.
Arriva alla porta, la chiude ma prima di abbassare la maniglia si ferma. Guarda verso di me, poi indica con un cenno del capo la foto di mia madre, sul comodino accanto al letto.
<<Lei è sempre con te. Con noi, Verdiana. Non devi aver paura. Anche... quando è così difficile.>>
Ricambio il sorriso, e faccio fatica a non scoppiare in lacrime. Ma devo resistere ancora qualche istante.
La porta finalmente si chiude.
La prima cosa che penso è che tra un anno a partire da ora, non lo vedrò più.

Verdiana leggeva il futuroWhere stories live. Discover now