Capitolo 28: Ricorda l'orrore

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<Ricevemmo la telefonata da tuo padre il giorno del mio compleanno, Verdiana. Il sedici di giugno. Compivo sessant'anni. Lui era tornato a casa e aveva trovato il corpo nella vasca da bagno. Quando arrivammo, eravate davanti alla porta d'ingresso, seduti a terra, sul pianerottolo. Lui era distrutto, naturalmente. E tu non parlavi.>
Lo guardo e annuisco in silenzio. Non ho ricordi nitidi di quel momento. Io e mio padre sulla soglia del nostro appartamento. E il corpo di mia madre nella vasca da bagno, all'interno.
<<Era nuda. Immersa nell'acqua. Davanti al bordo della vasca trovammo un paio di scarpe rosa, da danza classica. Tua madre insegnava alla "Verdi", la scuola di danza di Baia Azzurra. Ma tuo padre e le sue colleghe ci confermarono che non aveva lavorato, quel giorno. Scoprimmo anche che le scarpe non erano le stesse che utilizzava quando era a scuola. Quando finiva di lavorare, si cambiava e riponeva tutto nel suo armadietto. Le scarpe che indossava di solito erano al loro posto. Fu un dettaglio che ci tenne impegnati a lungo, ma alla fine non ci condusse da nessuna parte.>>
Carlo si interrompe, versa dell'altra limonata nei bicchieri. Ripenso alle scarpe rosa da danza della mia visione, poco prima che raggiungessimo Nadia sulla spiaggia. E alle parole di lei, quando ci ha spiegato che lui voleva obbligarla a metterle.
Carlo beve un sorso e poi riprende a raccontare.
<<C'era una radio sul davanzale della finestra, ed era ancora accesa al momento del nostro arrivo. Una frequenza locale. E il bagno era un disastro. Frammenti di vetri rotti ovunque, provenienti dallo specchio distrutto e da boccette di profumo frantumate.>>
Si blocca, mi guarda. Colgo un velo di esitazione sulla sua espressione.
<<Verdiana, se sicura che devo... andare avanti?>>
<<Sì>> rispondo subito, senza guardarlo. <<Per favore.>>
Spartaco non commenta. Mi lascia la libertà di cui ho bisogno, e in silenzio lo ringrazio per questo.
<<D'accordo. Hai detto di aver letto gli articoli riportati dai giornali dell'epoca, ma non tutte le informazioni relative all'omicidio vennero passate alla stampa. Alcuni dettagli furono ritenuti troppo cruenti. E pensavamo che sarebbe stato meglio non farli conoscere all'assassino, in ogni caso.>>
Carlo mi guarda con intensità. So che sta per aprire porte che sarebbe meglio tenere chiuse. Ma ho bisogno di sapere.
<<Tua madre... aveva lottato. E molto. Probabilmente, l'aveva ferito, o graffiato. Lui le strappò tutte le unghie, da entrambe le mani.>>
Sento una fitta di nausea salire all'improvviso, e devo lottare per tenerla a bada. Ci riesco solo in parte.
<<Infierì sul suo corpo, colpendola più e più volte. Contammo centoventi ferite.>>
<<Mio Dio>> sussurro, coprendomi la bocca. Spartaco mi si avvicina e mi avvolge in un abbraccio.
Non riesco a guardarlo.
L'ex commissario riprende a raccontare, ma la sua voce è più flebile, adesso. Posso distinguere l'emozione triste che la invade.
Guardo oltre l'orto e verso il mare, ma i colori sono spenti. Non hanno più importanza. Non esistono, adesso. Sento il fiato corto. Sarebbe bello esplodere in un gran pianto, penso, eppure non provo nulla. Il nodo in gola non c'è.
<<Centoventi ferite, molte delle quali inflitte post-mortem.>>
Pronuncia queste parole sollevando il bicchiere, e vedo che la mano gli trema. Rimane con la limonata sospesa a mezz'aria. Socchiude le labbra, mi guarda dritto negli occhi. I suoi sono lucidi, ma ciò che trasmettono è oscurità. Notte. Nessuna stella ad accendere il cielo di Carlo Imperatore, penso. Né il mio.
<<Le ferite... quando era già morta, Verdiana... l'accanimento con cui l'ha colpita, e colpita, e colpita... raccontano la storia di una violenza trattenuta dentro per chissà quanto tempo, e poi esplosa all'improvviso. Parlano di frustrazione e di odio. E di orrore. Le unghie strappate, al tempo stesso, ci dicono che una parte dell'assassino –se è un uomo, ma le circostanze sembrano confermare questa ipotesi- è estremamente lucida.>>
Si interrompe, si alza, infila le mani rugose nelle tasche dei pantaloni a vita alta. Guarda verso l'orizzonte.
<<Non trovammo neppure un'impronta. Nessun indizio, nessuna traccia, nessun errore.>>
Carlo Imperatore fa il giro del tavolino, fino ad arrivare davanti a me. Mi guarda con i suoi occhi limpidi, e mi rendo conto che a piangere, tra noi due, sarà lui. Io, per adesso, continuo a non trovare lacrime.
<<Sai, Verdiana, ho pensato per ogni giorno degli ultimi quindici anni a quel sedici di giugno. Ti assicuro che ho avuto il modo di trovarmi faccia a faccia con l'orrore tante volte, nel corso della mia carriera. Ma ciò che mi ha tolto il sonno tante volte, dopo l'omicidio di tua madre, è stato pensare a te.>>
Si avvicina di un passo ancora. Le sue rughe, viste da qui, sembrano ancora più profonde e numerose.
<<Pensare che eri nella stanza accanto>> riprende, quasi in un sussurro <<mentre accadeva. Una bambina di tre anni, terrorizzata. Sola.>>
Chiudo gli occhi, li riapro. Sento le mani tremare.
<<Non dimenticherò mai il momento in cui ti ho vista per la prima volta, abbracciata a tuo padre, quella sera, sulla soglia del vostro appartamento.>>
Scuote la testa, piano, poi torna a rivolgere lo sguardo verso di me.
<<Sono contento di sapere che quella bambina adesso è una ragazza splendida. Forte come una roccia.>>
La sua voce è roca, bassa, graffiata dal dolore. Chiude gli occhi e scorgo le lacrime scivolare fuori. Fa effetto vedere un anziano piangere, penso. Asciuga gli occhi con il dorso della mano ossuta.
<<Scusatemi.>>
<<Mi scusi lei, Carlo. Io non...>>
<<Non siamo arrivati a niente>> dice infine, <<a niente. Non ci siamo mai neanche avvicinati alla verità. Chi l'ha uccisa l'ha fatta franca. E fa male il doppio.>>
Penso all'uomo con Nadia, sulla spiaggia. Al suo sguardo vuoto.
<<Quando ho appeso il distintivo al chiodo, ho immaginato che in pensione avrei avuto molto tempo, sapete.>>
Lo guardo, e Spartaco fa lo stesso. Ci scambiamo una rapida occhiata.
<<Così, l'ultimo giorno di lavoro ho preso un grosso scatolone e ho buttato dentro le copie dei dossier di alcuni casi che aveva seguito. Casi rimasti irrisolti. Ho pensato che, magari...>>
Esita, accenna un sorriso che di allegro non ha niente. Poi solleva le mani, come in segno di resa.
<<Non sono più riuscito ad aprirli, questa è la verità. Sono un uomo solo, adesso. Mia moglie è morta lo scorso anno. Le sono stato accanto per un periodo lungo e difficile, terribile. Non sono riuscito a pensare ad altro. Ma...>>
Torna a sedersi. Mi guarda, poi guarda Spartaco, quindi di nuovo me.
Si sporge verso di noi, i gomiti appoggiati al legno del tavolino.
<<Ho preso anche la copia del dossier sull'omicidio di tua madre, Verdiana. Ci sono immagini che non ti permetterò di guardare, ma anche altri documenti. Fotografie di oggetti che abbiamo trovato nell'appartamento il giorno dell'omicidio. Descrizioni, dettagli, note. Di tutto.>>
Guardo verso Spartaco e colgo l'espressione di sorpresa che gli copre il viso. Immagino che sia più di quanto avrebbe potuto sperare. Io, invece, sento l'adrenalina crescere.
<<Ma mostrarvi il dossier>> dice Carlo, con la voce che è tornata ad essere stabile, decisa, <<avrebbe senso soltanto se...>>
Si interrompe, socchiude le labbra, sposta gli occhi verso il prato curato, verso l'orto. Poi, invece di guardare me, guarda Spartaco.
<<Avrebbe senso soltanto se ci fosse qualcosa di nuovo sul caso. Qualcosa che... arriva dal passato. È così?>>

Verdiana leggeva il futuroDove le storie prendono vita. Scoprilo ora