Capitolo 33: Rimini

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Impieghiamo tre ore per raggiungere Rimini. La vecchia Panda di Spartaco si difende ancora, e il viaggio è piacevole.
Non ho dovuto neanche dar spiegazioni a mio padre. Un imprevisto l'ha costretto a lasciare Baia Azzurra per raggiungere uno zio di Roma, che a quanto pare ha avuto grossi problemi con l'ex moglie. Ho chiesto a Felix di sostituirmi in libreria, e lui ha accettato. Per fortuna, dal momento che Rebecca non era disponibile. In seguito a uno dei suoi soliti colpi di testa, ha comperato un biglietto per un festival di musica rock e metal che dura una settimana. A Budapest. È partita da sola, tipico di lei. Già so che al ritorno si presenterà con qualcuno.
Quando arriviamo a Rimini sono le quattro passate, e soltanto mentre parcheggia in divieto di sosta davanti all'ingresso del Bernini Hotel Spartaco mi chiede di José.
<<Non me ne hai parlato di tua iniziativa. Significa che è andata molto male, giusto?>> dice, spegnendo il motore.
Mi volto a guardarlo e riconosco con facilità la preoccupazione nei suoi occhi.
<<No>> rispondo. <<Non è andata male. È stata...>>
Mi interrompo, ripenso a José che se ne voleva andare. E a quando poi è scoppiato a ridere.
<<...una lezione di conoscenza.>>
Lui annuisce, lentamente, con serietà. Si accarezza la barba.
<<Bene, bene>> commenta, aprendo la portiera della Panda.
<<La lasci qui?>>
<<Già. Siamo arrivati.>>
<<Ma...>>
<<Oh, non ci vorrà molto. Recuperiamo l'ex capellone a lo trasciniamo fuori.>>
Mentre facevo il possibile per non far scappare suo figlio, Spartaco ha scoperto che il cantante della cover band dei Nirvana oggi gestisce l'albergo di famiglia, il Bernini Hotel, insieme al fratello.
È un due stelle, e visto dall'esterno sembra ben poco invitante. Saliamo una rampa di scale e arriviamo alla reception. Dietro il banco, un tizio sui trentacinque. È rasato, pallido. Indossa una camicia hawaiana e ha gli avambracci ricoperti da tatuaggi di ogni genere.
Spartaco si appoggia al bancone e vedo spuntare dalla tasca destra dei suoi jeans il martelletto che ho imparato a conoscere bene.
Il ragazzo alla reception non solleva gli occhi dal cellulare. Spartaco tossisce.
Nessuna reazione.
<<Buongiorno>> dice, ma l'altro ancora non sembra interessato a considerarci.
<<Un secondo solo e sono da voi. Un secondo solo...>>
Sento un rumore, come fruscio di carte, provenire dall'apparecchio. Io e Spartaco ci scambiamo un'occhiata veloce, poi lui si sporge ancora un po' più in avanti.
<<Devi rilanciare, amico. Non ha niente in mano.>>
<<Che cosa?>>
<<Avanti, non mi dirai che te la fai sotto?>>
Finalmente abbiamo la sua attenzione. Il ragazzo appoggia il cellulare sul bancone e mi avvicino quanto basta per vedere un tavolo verde sul display e due carte scoperte. Poker.
<<Ma... non mi resta molto.>>
<<Appunto. Butta tutto dentro, bello.>>
Esita per qualche momento, poi segue il consiglio di Spartaco.
<<D'accordo. Ma se perdo, mi paghi il doppio per la stanza.>>
Spartaco sorride.
<<Ah, perché ti occupi anche dei clienti?>>
Lui non risponde, perché è troppo attento a seguire la giocata.
<<All in con nulla in mano>> borbotta, grattandosi il capo.
<<Non temere. La mano è tua.>>
E infatti, gli avversari si ritirano e il ragazzo vince il piatto.
Guarda Spartaco, annuendo vistosamente, incredulo.
<<D'accordo, grazie. Quanto vi fermate?>>
Spartaco allunga un braccio verso di lui, gli prende il telefono e gli fa un cenno con la testa.
<<Esci da lì e vieni un attimo fuori con noi. Hai qualcuno da piazzare qua dietro finché ci tieni compagnia?>>
<<Ehi, ridammi il telefono. Chi sareste, comunque? Se non vi serve una stanza, non c'è nulla che... ehi, ma che cosa stai facendo?>>
<<All in, credimi. È un tavolo di conigli. Vinciamo facilmente.>>
<<Ma...>>
<<Avanti, datti una mossa, Carletto.>>
Il ragazzo lo guarda, poi fa un passo indietro.
<<Come diavolo fai a sapere che...>>
<<Non abbiamo tempo da perdere. Su, sbrigati. Ti vogliamo solo fare un paio di domande.>>
Glielo spiega mentre continua a giocare la partita, senza neanche rivolgergli uno sguardo. Penso che sia una scena surreale, eppure per Spartaco sembra tutto naturale.
Carletto suona il campanello e dopo un minuto dalla sala ristorante compare una signora dii mezza età. Si scambiano qualche parola e lei prende il suo posto dietro il bancone, mentre lui ci segue all'esterno.
Spartaco sta ancora giocando.
<<Ehi, siamo rimasti in...tre? Ne hai fatti fuori quattro! Tutti tu!>>
<<Una buona mano, sì.>>
Si appoggia alla Panda, il telefono quasi attaccato agli occhi strizzati, infastiditi dal sole.
<<Sentite, io non vi conosco. Si può sapere chi siete?>>
<<Spartaco Da Vinci>> dice, porgendogli la mano libera, senza guardarlo. <<Investigatore privato. Lei è un'amica.>>
<<Investigatore... privato? E che cosa volete?>>
<<Un tavolo ridicolo, davvero. Ecco, tieni. Primo posto. Quanto hai vinto?>>
<<Cinquanta. Cazzo, amico, grazie davvero!>>
Spartaco finalmente si volta verso di lui, appoggiando gli enormi avambracci sul tettuccio della Panda.
Rimini è già entrata nella modalità estiva. Bicilette e monopattini sfrecciano sul viale Regina Margherita. Ragazzi e ragazze in costume da bagno ci passano accanto di continuo, diretti verso le spiagge.
<<Ascoltami bene, Carlo. Ho soltanto un paio di domande per te. Riguardano il periodo in cui eri il cantante della "Smells like teen spirit's Cover Band.>>
Lui socchiude le labbra, gli occhi colmi di stupore.
<<Amico... come fai a...>>
<<Se mi domandi ancora una volta come faccio a sapere qualcosa, qualsiasi cosa, mi farai perdere la pazienza. E credimi, io detesto perdere la pazienza. Dunque, come ti stavo spiegando, si tratta solo di un paio di domande.>>
Carlo non risponde e d'un tratto sembra diventare ancora più pallido di quanto già non sia.
Spartaco tira fuori dalla tasca anteriore dei jeans una fotografia e gliela mostra.
<<Ricordi questo volantino? Sponsorizzava le vostre esibizioni. Estate 2009. Quindici anni fa.>>
Lui sorride. <<Posso?>> domanda, afferrandola.
Spartaco annuisce.
<<Oh, cazzo, amico. Come hai detto che ti chiami? Achille?>>
<<Spartaco.>>
<<Sì, scusami, stessa roba.>>
<<Non è la stessa roba.>>
<<Certo, certo>> dice. Poi tira fuori un pacchetto di sigarette dal taschino della camicia e ne accende una, senza smettere di fissare lo scatto.
<<Beh, Spartaco, mi hai fatto fare un bel salto indietro nel tempo. Allora sì che ci divertivamo. Non come adesso, alla reception del Bernini. Sì, l'albergo di famiglia è una fortuna, ma è anche una rottura di palle.>>
Continua a fissare il volantino e i suoi occhi sono quasi lucidi per l'emozione.
<<Cosa volevate sapere?>>
Spartaco gli si mette davanti, coprendolo con la sua mole.
<<Abbiamo bisogno che tu ci dica dove avete suonato la sera del venti di giugno, Carlo. Su internet non si trova nulla.>>
Lui tira una lunga boccata dalla sigaretta e poi scoppia a ridere.
<<Il venti di giugno? E chi cazzo se lo ricorda? Eravamo fatti come delle pigne, bello. Delle pigne. Sempre, tutto il giorno, tutto il tempo.>>
Spartaco scuote la testa, poi inizia a ticchettare con le grosse dita sul tettuccio della Panda. Il rumore mi ricorda quello della grandine.
<<Ho letto che gli altri due membri hanno aperto un ristorante insieme, qualche tempo dopo. Sono ancora in attività.>>
<<Sì, Max e Pax>>
<<Pax?>>
<<Pasquale. Comunque, se la spassano a Tenerife. E credetemi, prima o poi li raggiungerò. Chissà, magari torneremo a suonare insieme. Perché vi serve questa informazione?>>
<<Lascia perdere. Pensi che i tuoi due compari possano avere più memoria di te?>>
Carlo scoppia di nuovo a ridere.
<<Chi, Max e Pax? Si sballavano ancora più di me, se possibile. Continuo a domandarmi come faccia la gente ad andare a pranzo e cena in un locale gestito da quei due.>>
Solleva le braccia, poi ci guarda.
<<Tutto qui?>>
<<No. Carlo, è davvero importante che tu trovi il modo di scoprire dove avete suonato il venti giugno del 2009.>>
Spartaco apre il portafoglio e tira fuori due banconote da cinquanta.
<<Ci deve essere qualcosa. Qualche altra copia del volantino. Dei fogli, delle ricevute... qualsiasi cosa.>>
E d'un tratto, gli occhi di Carlo si illuminano.
<<Ma certo>> dice, afferrando i soldi, <<ma certo, altre copie del volantino! A casa dei miei. Devo... posso controllare.>>
Ci osserva, poi getta il mozzicone a terra.
<<Soltanto che ci vorrà del tempo. Voglio dire... prima che le trovi, sempre ammesso che mia madre non abbia buttato tutto. Potrebbe anche essere andata così. Ma... insomma, darò un'occhiata. Quanto vi fermate?>>
Spartaco guarda l'ora.
<<Facciamo in questo modo, Carletto. Sono le cinque. Non mangio da stamattina. Ho un cratere al posto dello stomaco. C'è il ristorante di un mio vecchio amico, poco distante da qui. Si chiama Quentin's, in onore di Tarantino, sai. È uno suo grande fan. E cucina delle bistecche da favola. Io e Verdiana te ne offriremo una, se ti presenterai con quanto ti ho chiesto. Innaffiandola di birra, è sottinteso.>>
<<Lo conosco. Gran bel posto. Beh, posso farmi sostituire da mio fratello in albergo. Affare fatto, signori.>>
Spartaco gli stringe la mano.
Un po' troppo, a giudicare dalla smorfia di Carlo.
<<Alle otto qui davanti?>>
<<Andata.>>
<<E lascia perdere il poker. Non fa per te, credimi.>>
Carlo lo guarda con espressione confusa, poi si volta e torna in albergo.

Io mi giro verso Spartaco. Mi strizza l'occhio.
Gli sorrido.

Verdiana leggeva il futuroWhere stories live. Discover now