Capitolo 15: Fino a che non torna papà

33 6 6
                                    


La Panda bianca di Spartaco è parcheggiata a pochi metri dal Bierkeller 1999.
Apre la portiera, tira fuori una bottiglietta d'acqua e un panno. Lava il martello. Il sangue ancora fresco scivola via con facilità. Quando ha finito, ripone l'arma nel cruscotto. Si volta a guardarmi, poi indica con un cenno del capo l'ingresso del locale.
<<Vieni un attimo con me>> dice.
Entriamo nella bettola.
Luci basse, un tavolo da biliardo, un calciobalilla. Un bersaglio massacrato dalle freccette. Pochi avventori, nessuno dall'aspetto raccomandabile. Non vedo donne, tranne una signora di mezza età appoggiata con i gomiti al bancone. Dev'essere la cuoca, a giudicare dal grembiule e dal cappello che indossa.
Spartaco si rivolge con un cenno della mano a un omone chino sul registratore di cassa, che sembra perso tra alcuni calcoli. Il proprietario del locale, immagino.
<<Ehi>> gli dice, non appena ha la sua attenzione.
<<Sì?>>
<<Forse dovresti chiamare un'ambulanza, amico. Sembra che tre dei tuoi avventori abbiano avuto un brutto incontro, qua fuori.>>
L'uomo inarca le sopracciglia, confuso. Spartaco lo fissa dritto negli occhi, inclinando appena la grossa testa calva.
<<Ti conviene sbrigarti>>.
L'uomo, esitando, prende il telefono e dopo qualche istante lo sento chiamare i soccorsi. È piuttosto scosso, mentre il mio accompagnatore continua a rimanere del tutto impassibile.
<<Beh, ragazzina. Questo movimento mi ha messo una gran sete. E un certo appetito.>>
Mi guarda, accennando un sorriso. <<Ti va un hamburger?>>
Mi rendo conto di aver saltato la cena. Avrei dovuto mangiare con Felix e Rebecca, ma poi sono svenuta. E soltanto adesso mi accorgo della voragine nello stomaco.
<<Certo. Molto volentieri.>>
Il proprietario ha terminato la telefonata e Spartaco gli si avvicina.
<<Io e la mia amica gradiremmo due hamburger, se possibile. E patatine fritte.>>
<<Certo>> risponde, continuando a guardarlo con una certa soggezione. È comprensibile: lo zio di Rebecca fa paura. E non ha niente a che vedere con ciò che gli ha detto. È proprio la sua figura ad incutere timore.
<<Bevi qualcosa, ragazzina?>> mi domanda.
<<Uh... una Coca andrà benone.>>
<<D'accordo. Allora aggiungi anche una Coca per lei e un paio di birre per me. Doppio malto.>>
L'uomo annuisce e Spartaco appoggia entrambi i gomiti al bancone, che è sporco e appiccicoso.
<<Se i tizi dell'ambulanza dovessero fare domande sulla... diciamo, condizione dei tre signori che troveranno fuori, accompagnali pure al mio tavolo.>>
Gli strizza l'occhio, poi si rivolge a me.
<<Sediamoci>> dice.
Attraversiamo il locale fino a raggiungere un tavolo in fondo. Il legno, come quello del bancone, è appiccicoso e odora di birra.
<<Sembra che tu ed io abbiamo qualcosa da dirci, ragazzina.>>
Mi guarda negli occhi. I suoi sono di un blu intenso. Entrambe le braccia sono ricoperte di tatuaggi. Ciuffi di peli spuntano dal petto fuori dalla canotta.
<<Grazie per ciò che hai fatto.>>
Lui annuisce.
<<Ti ho vista, prima. Con mia nipote.>>
<<Sì. Mi chiamo Verdiana.>>
Mi tende la mano.
<<Spartaco. Piacere di conoscerti.>>
La sua stretta è forte e decisa. Come la mia.
<<Rebecca è la mia migliore amica.>>
<<Lo so. Me l'ha detto mentre l'accompagnavo.>>
Si ferma, aggrotta le sopracciglia e mi osserva.
<<Allora, Verdiana. Si può sapere che cosa diavolo facevi da questa parti, da sola, a quest'ora?>>
Abbasso gli occhi sul tavolo. Penso alle ragioni che mi hanno indotta ad essere tanto imprudente. Mi rendo conto che non dovrei essere qui, seduta insieme a lui, a perdere tempo. Ma non sarei in grado di raggiungere il Lungomare del Vento senza mettere qualcosa nello stomaco. Non dopo quanto mi è appena successo. Inoltre, non potrei nemmeno mentire a Spartaco. Se gli dicessi di lasciarmi al Lungomare, ne parlerebbe con Rebecca. E probabilmente, alla fine, anche con mio padre.

Lo guardo e ripenso alle parole della mia amica.

Mio zio è una specie di investigatore privato.
Lavora solo quando ne ha voglia .

E d'un tratto mi domando se non sia finito sulla mia strada per una ragione ben precisa.
Dopotutto, mi rammaricavo per il fatto di dover affrontare questa situazione da sola.
D'accordo, penso. Se avessi più tempo, potrei permettermi di meditarci su ancora un po'.
Ma a Nadia resta meno di un giorno da vivere.
Arrivano le bevande. Spartaco attende una risposta da parte mia, e so che non si arrenderà. Lo capisco da come mi guarda. È disposto ad aspettare, ma non mollerà.
Prende il primo boccale e manda giù in un sorso solo tutta la birra.
<<Ahhhh>> commenta, sorridendo. <<Ci voleva proprio. Allora, Verdiana. Non hai ancora trovato la palla giusta da raccontarmi, vero?>>
Socchiudo le labbra. Distolgo gli occhi da lui, spostandoli sul bicchiere di Coca. Lo stringo tra le dita della mano, lo faccio girare, lentamente.
Ripenso al modo in cui Nadia morirà. Nella vasca da bagno. Accoltellata.
Come mia madre.
Ti prego! Ti prego! C'è mia figlia qui! Non qui, ti prego, non davanti a lei!
I ricordi si ripresentano pesanti come macigni.
Mia madre era venuta verso di me. L'uomo che era entrato in casa era immobile dietro di lei.
Si era inginocchiata e mi aveva stretto le mani.
Mi aveva guardata piangendo.
Mamma adesso va a fare un bagno, amore. Ascoltami bene. Devi andare in camera tua, d'accordo? Devi chiuderti in camera. E non devi entrare per nessun motivo nel bagno. Fino a che non torna papà.
Fino a che non torna papà...
Sono le ultime parole che le ho sentito pronunciare.
Il primo ricordo davvero nitido della mia infanzia.

Sento gli occhi lucidi e trattengo a stento il nodo in gola.
Fino a che non torna papà.

<<Verdiana? Va tutto bene?>>
Per la prima volta, mi sembra di percepire un senso di preoccupazione nella voce di Spartaco.
Mi asciugo gli occhi con il dorso della mano.
Intanto sono arrivato gli hamburger.
<<Portiamoli via>> gli dico, decisa, quando sono finalmente sicura che non piangerò.
Lui mi guarda e aggrotta le sopracciglia.
<<C'è una storia che vorrei raccontarti, se per te va bene. E un posto in cui dobbiamo andare. Adesso.>>

Verdiana leggeva il futuroWhere stories live. Discover now