Capitolo 47: Una settimana senza Lara

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Durante le vacanze di Natale, le liti tra i genitori di Teodoro diventano sempre più frequenti e, soprattutto, più intense.
Si rende conto che il padre ha iniziato a bere ancora di più. Già dal mattino, per quanto gli sembri impensabile. E ultimamente ha smesso di uscire presto per recarsi al lavoro. Strano.
Non ha parlato di licenziamento o altro. Nessuna novità dalla fabbrica. Eppure, qualcosa non quadra.
La verità è che non ne ha idea di che cosa sia cambiato. Sa solo che si sveglia più tardi del solito, verso le nove, e stappa la prima lattina di birra. La scola piazzato sulla poltrona, la tv accesa e la barba sempre più incolta.
Parla poco, è irascibile. Sempre più nervoso.
La mamma, invece, esce di casa presto e torna tardi.
Gli lascia qualcosa di pronto per il pranzo, e poi uova o carne in scatola per cena.
Sembra di buon umore, ma con il papà parla poco.
E quando lo fa, finiscono per litigare.
Capitava anche prima, ma dopo facevano pace.
Ora no.
Se soltanto ci fosse la scuola, pensa Teodoro. Se soltanto potessi vedere Lara. Averla vicino.
Basterebbe questo a rendere sopportabile il mondo.
E invece tutto ciò che ha è la porta di camera sua, troppo poco spessa per far sì che il buio resti fuori.
Quando i genitori iniziano a litigare, quando le grida cominciano, si mette le cuffie alle orecchie, si sdraia sul letto e preme il tasto play.
La musica lo fa stare meglio, ma è un fuoco di paglia. Un sollievo vano, che ogni volta finisce per sgretolarsi.
Quella sera non fa eccezione.
<<Sei stata da lui, giusto?>> sente chiedere suo padre.
<<Tu sei pazzo>> risponde la madre. <<E mi stai stancando. Non scherzo. Che cosa hai fatto oggi, eh? Sei rimasto a bere sul divano? Tutto il giorno? Ma certo, perché te lo chiedo?>>
<<Non azzardarti a parlami in questo modo!>>
<<Oh, sì, invece. Non ti rendi conto di che cosa sei diventato. Tu...>>
Teodoro fa ripartire la musica, che era terminata, rimettendo il cd dall'inizio.
Chiude gli occhi e sospira.
Poi, decide che è giunto il momento di farsi coraggio. Anche perché non vede alternative.
Ha un cellulare, come quasi tutti i suoi compagni di classe, ormai. Scorre la rubrica e arriva fino al nome di Lara.
Preme il tasto della chiamata e si alza dal letto camminando verso la finestra.
Ogni squillo che cade a vuoto è un colpo al cuore.
Sente le mani sudare e il respiro tremare.
Non la vede una settimana, ormai.
Si sono scambiati un paio di sms, ma nulla di più.
La immagina nella tuta da sci, i capelli rossi che le scivolano sul giaccone bianco.
Un altro squillo, e rivede il suo sorriso. La fossetta sulla guancia sinistra.
Le mani, piccole e curate.
Guarda l'ora. Le nove e mezza di sera. Forse è troppo tardi?
Forse è stata un'idea idiota, telefonarle.
Che stupido.
Dalla cucina, le grida continuano, riempiendosi di parole sempre più taglienti. Più dolorose.
Sta per chiudere la chiamata quando Lara risponde.
<<Teodoro!>> esclama.
Sembra contenta di sentirlo, dal tono.
C'è un gran rumore in sottofondo. Come se si trovasse in un ristorante, o in un pub.
<<Ciao, Lara.>>
Silenzio.
Sente risate, rumore di tavoli, di bicchieri. Voci sovrapposte. Il pianto di un bambino.
<<Come stai, Teo? Quanto sono contenta che mi hai telefonato!>>
Già. Come stai, Teo?
<<Bene. E tu? Ti diverti, in montagna?>>
<<Oh, insomma. Sai com'è. Non sono granché sugli sci. È difficile. Però... è bello. Ci sono tanti amici, qui.>>
E a quelle parole, si sente ancora più solo, ancora più piccolo.
Lara è con gli amici, a godersi la neve. Mentre lui ha paura ad aprire la porta della stanza. Paura di venire travolto dalle urla dei suoi.
<<Già. Beh, non volevo romperti, Lara.>>
<<No, che cosa dici? Sono contenta di sentirti. Che cosa stai facendo? Come vanno le vacanze?>>
<<Bene>> le risponde, fissando la porta chiusa.
Un altro silenzio.
Il rumore di sottofondo che proviene dal posto in cui si trova Lara diventa sempre meno sopportabile, e Teodoro si pente di averle telefonato.
<<Ehi, Lara, che cosa stai facendo? Andiamo fuori, dai! Ho una sigaretta in più!>>
È un ragazzo a chiamarla, e Teo chiude gli occhi.
Si morde il labbro. Si gira verso la finestra. Vi appoggia la testa contro. Il freddo del vetro lo paralizza.
<<Teo... devo andare, adesso. Ma... grazie per la chiamata. Sentiamoci, ok?>>
<<Sì. Certo. Ciao, Lara.>>
<<Lara, muoviti, dai! Che cosa stai facendo?>>
<<Ciao, Teo...>>
Riattacca.
Chiude gli occhi. Lacrime calde iniziano a rigargli il viso.
Non vorrebbe piangere, ma non può farci niente.
Suo padre sta urlando parole che non riesce a tradurre, che non vuole fermare nella mente. Sa che sarebbero istantanee dolorose di un momento che vorrebbe dimenticare.
È triste, solo, frustrato, arrabbiato.
Stringe il telefono tra le dita e lo scaglia a terra.

Verdiana leggeva il futuroDove le storie prendono vita. Scoprilo ora