Capitolo 1: Il dono

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Baia Azzurra, Versilia.
Cinquemila abitanti durante l'anno e centomila turisti ogni estate. Vi lascio immaginare il movimento che riempie i giorni e soprattutto le serate durante la bella stagione. A me sta bene, per quanto mi ritenga una ragazza solitaria. Insomma, ho imparato a starmene per conto mio, capite? Rebecca, l'amica di cui vi accennavo prima, è l'opposto di me. Non demorde, continua a cercare di coinvolgermi nella sua vita mondana: uscite, serate in discoteca, al pub, oppure giri in motorino per arrivare fino a Viareggio o Forte o giù di lì. Di tanto in tanto mi unisco a lei e a Felix, l'unico ragazzo del liceo interessato a condividere del tempo con noi più che con altri esseri di sesso maschile. Ciò che ho sempre creduto (e che ancora credo, tutto sommato) è che si sia preso una cotta bella forte per Rebecca, ma lei lo esclude categoricamente e lui non ha mai fatto nulla per renderlo evidente. Dunque, finché dura si può dire che, insieme a Felix, componiamo un trio.

Tuttavia è da sola che trascorro la maggior parte del mio tempo.

Mi sono domandata molte volte in che modo sarebbe andata la mia vita se non fossi nata con la capacità che mi ritrovo cucita addosso.

Vi assicuro che è un gran casino, da gestire. E mi fa paura. Una grande paura.

Posso vedere il futuro della gente. Vi starete domandando in che modo sia...

Din donnnnnn.

Oh, cavolo. Proprio adesso. Stavo per dirvelo, e invece sembra che qualcuno abbia voglia di un buon romanzo.

DINNN DONNNNN

DINNN DONNNNNNNNN

<<Arrivo, arrivo!>>

Quando arrivo alla porta del negozio sono seccata, perché il cartello appeso e rivolto all'esterno comunica un messaggio inequivocabile:

"CHIUSO", scritto in nero e grosso come una casa.

Di norma finisco di lavorare alle sette, ma il sedici di giugno è una data speciale. L'anniversario della morte di mia madre. Papà ed io seguiamo un rituale consolidato da anni. Chiudiamo il negozio in anticipo, portiamo dei fiori sulla tomba di mamma e poi raggiungiamo la nostra spiaggia preferita. Passeggiamo fino a che il sole non scompare e infine andiamo a cena da Ettore il Guercio. Sì, il nome non promette granché, ma anche il Guercio fa parte della tradizione.

Ma non appena apro la porta e guardo la donna in piedi di fronte a me, sulla soglia del negozio, il fiato mi viene meno. Sento che le mani iniziano a sudare e cerco di deglutire, ma non ho più saliva.

La riconosco subito, nonostante sia trascorso quasi un anno da quando l'ho incontrata la prima volta. Adesso è ancora più pallida e più magra. Il volto è scavato; lo guardo vuoto e rassegnato. Sotto l'occhio destro spicca un grosso livido violaceo.

<<Posso entrare?>>

Indietreggio, lasciandola passare.

So che di qui a non molto, morirà.

L'ho visto un anno fa.
L'ho letto, in realtà.

So come accadrà e che capiterà a breve, ma non sono in grado di dire con esattezza il giorno o l'ora.

Lei si appoggia alla scrivania e si guarda intorno.

La osservo più da vicino e...

È un attimo. La vedo. La lama affilata di un coltello da cucina. La mano infilata nel guanto nero.
I colpi, rapidi e violenti.
Il sangue. Le grida.
Il suo corpo senza vita riverso nella vasca da bagno. 

Stop. Niente di più.

La donna solleva gli occhi su di me.

<<Mi ricordo di te. Ho comprato "L'ombra del vento" qui, la scorsa estate. Come ti chiami?>>
La sua voce ha qualcosa di spento, di triste.
<<Verdiana>> rispondo. <<E tu?>>
<<Nadia.>>
Resto in silenzio. So che vorrei parlare, spiegarle che non è al sicuro qui. Addirittura, so che dovrei farlo. Che forse...è mio dovere farlo. Ma lei anticipa qualsiasi mossa io abbia in mente e allunga una mano verso di me. Mi tocca la spalla e davanti ai miei occhi la scena della sua morte si materializza di nuovo, in maniera più forte e più nitida.  Ma non vedo soltanto meglio; vedo di più.

Sento il terrore diffondersi in ogni angolo del mio corpo. Dovrei essere abituata a situazioni del genere, dal momento che convivo con il "dono" da quando sono piccola. Ma sento che questa volta c'è qualcosa di diverso. Sta accadendo in maniera anomala. Vorrei analizzare la situazione, ma non faccio in tempo. Le immagini mi travolgono. 

Vedo la lama del coltello che le taglia la gola, mentre lei è immersa nella vasca da bagno. Vorrei girarmi dall'altra parte, ma non posso farlo. La scena è nella mia mente. La scena è la mia mente. 

E mentre Nadia giace morta, seguo con gli occhi la persona che l'ha uccisa. La sua figura è in ombra, non posso definirne i lineamenti. Sembra un uomo, ma non ne ho la certezza. Registro dei dettagli sul luogo: potrebbe essere una camera d'albergo. E vedo un televisore acceso, piazzato in alto da qualche parte. È sintonizzato sulle previsioni del tempo e... leggo qualcosa. C'è scritto... "il meteo per domani 19 giugno"

Diciannove giugno.

È tra due giorni.

Nadia toglie la mano dalla mia spalla e la visione scompare.
La guardo, e sono paralizzata. Sto tremando.

<<Verdiana? Che cosa c'è?>>

Questa sono io. Questa è la mia vita.

Di notte mi sveglio urlando, in preda a incubi atroci. Mio padre è l'unico in grado di calmarmi, ma non sempre ci riesce. 

Ve l'ho detto, il "dono" fa paura.

Verdiana leggeva il futuroWhere stories live. Discover now