Capitolo 25: A casa di José

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L'appartamento è avvolto dal buio e l'odore di chiuso è tanto intenso da risultare quasi nauseante. Spartaco preme un interruttore sul muro e una luce bassa ci permette di guardarci intorno.
Il salotto è piccolo e in disordine: un paio di cuscini a terra, davanti al divano. La tv accesa, il volume a zero. Un posacenere colmo di mozziconi sul pavimento.
Sulla tavola, una bottiglia di amaro quasi vuota accanto a un bicchiere pieno per metà.
<<Come puoi notare, la mia ex non riceverà la nomination per il premio "Casalinga dell'anno".>>
Attraversiamo un corridoio corto e stretto. La prima porta sulla destra è quella del bagno. Da dentro esce un odore di...
<<Vomito. Certo, pieno com'era ieri...>> commenta Spartaco, scuotendo la testa.
Al fondo del corridoio ci sono due porte, una davanti all'altra, chiuse entrambe. Guarda quella sulla sinistra, poi me.
<<Pronta?>>
Faccio un passo indietro, osservo anche la porta sulla destra.
<<Lì dorme la mia ex. Ha aperto la bottiglia di amaro che hai visto sul tavolo in salotto quando sono arrivato io. Se l'è scolata quasi tutta, quindi potremmo far esplodere una granata e continuerebbe a dormire. Non preoccuparti. Ma José... si sveglierà. Puoi scommetterci.>>
<<Senti, Spartaco>> sussurro, arrossendo <<io... voglio dire, non credo proprio che sarà contento di conoscermi in questo mo...>>
Lui solleva la mano come per scacciare le mie proteste. Poi apre la porta della stanza di suo figlio.
Mi aspettavo il disastro dei disastri, e invece no.
La camera è ordinata. La tapparella è alzata e la finestra spalancata lascia entrare la luce del mattino soleggiato che illumina Baia Azzurra.
Vedo una scrivania, un computer, una tv appesa al muro, uno stereo.
Il letto ancora fatto, e José sdraiato sopra. Completamente vestito. Con le scarpe ancora addosso.
Ha i capelli lunghi e biondi, ma non riesco a scorgere il suo viso, che è rivolto verso la parete.
Spartaco gli si avvicina. Ci guardiamo in silenzio.
Abbasso gli occhi verso il comodino. Sopra, un cellulare dallo schermo pieno di crepe, un pacchetto di Marlboro rosse e una copia de "Il vecchio e il mare".
<<José?>> lo chiama. Naturalmente, nessuna risposta.
<<José?>> ripete. Stesso risultato.
<<Certo>> commenta Spartaco. <<E va bene. Aspettami, torno subito.>>
Esce dalla stanza e ho il tempo di guardarmi intorno. C'è una libreria contro la parete, vicino al letto.
Scorgo i titoli dei libri. Ne ho letti parecchi, ma me ne mancano altrettanti. Trovo nomi che ho amato: Salinger, Kerouac, Murakami, King, Connelly, Garcia Màrquez, Saramago. Alcuni sono tra i miei preferiti. Poi Hemingway, Faulkner, Bukowski.
Sull'ultima mensola, accanto a "Il conte di Montecristo" di Alexandre Dumas, una fotografia. Riconosco un giovane Spartaco vicino alla donna che dovrebbe essere Estrella. Lui è un po' più magro ma comunque già enorme, soprattutto rispetto a lei. La barba è più corta e sulle braccia ha qualche tatuaggio in meno. Gli occhi sono dello stesso blu penetrante. Lei è molto attraente. Bionda, alta, con un corpo sensuale. In mezzo a loro, un bambino biondo e sorridente, bellissimo. Alle loro spalle, il grande orologio di Viareggio.
Spartaco ricompare in camera. Tra le mani stringe un grosso secchio pieno d'acqua.
<<Oh, no, non vorrai sul serio...>>
Non mi lascia concludere la frase.
Versa l'acqua, che immagino sia gelida, sulla testa di suo figlio.
Lui si sveglia di scatto, gridando, sollevandosi.
<<Cazzo! Cazzo! Ma che...>>
Spartaco sorride, ed io quasi vorrei scomparire dietro la montagna del suo corpo, per l'imbarazzo.
I capelli di José sono fradici.
Apre la bocca, senza riuscire a dire più nulla.
Guarda suo padre per un lungo momento, ancora confuso, stordito.
Poi i nostri occhi si incrociano.
E il tempo si ferma.

                                          ***

Lui è seduto sul treno.
La testa appoggiata al finestrino, gli occhi chiusi.
I treni lo rilassano, anche se non è mai in pace dopo aver ucciso. Non lo è prima e non lo è dopo.
Durante l'atto, sì.
E il momento in cui ricostruisce la scena rappresenta l'apice.
La stessa scena, sempre quella.
Ricostruita da capo, ogni volta.
E ci sarà sempre una prossima volta.
Ci sta già pensando.
Il dito della prostituta cinese è avvolto in un fazzoletto di carta, vicino agli anelli. Al sicuro nella tasca dei pantaloni. È sempre più convinto di conservarlo.
Pensa alla prossima ricostruzione. Adesso ha una nuova pelle, e si sente ancora più libero.
Può osare.
E tornare nella città in cui lui e lei sono nati.

Verdiana leggeva il futuroDove le storie prendono vita. Scoprilo ora