Capitolo 32: L'assassino ha fame

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<<Ti è piaciuta la mostra?>>
<<Come, scusa?>>
Lui le sorride.
Il cappellino ben calato sulla fronte lo protegge dai raggi del sole pieno di mezzogiorno.
<<La mostra. Ci eri già stata?>>
Lei si avvicina di un passo. Lo guarda, esitando per qualche secondo.
Non le sembra di averlo mai visto prima.
<<Oh. Beh, no. Non ci ero mai stata. Molto interessante. Davvero.>>
Lui annuisce. Ha un quaderno in grembo e una matita in mano.
È seduto su una delle tante panche che occupano il centro della via, proprio davanti all'ingresso del museo.
Lei è molto bella, ma non la sceglierebbe per il progetto. Per la ricostruzione.
No, non ha nulla in comune con il suo modello ideale.
Però, adesso lui indossa una nuova pelle. Sente che qualcosa è cambiato, dopo Viareggio. Dopo la ragazza cinese dell'hotel...
La fame è cresciuta in fretta, molto più in fretta.
Sa che, tuttavia, per la ricostruzione occorre tempo.
D'altro canto, si rende conto di non poter restare fermo tanto a lungo.
<<Come ti chiami?>> le domanda, mostrandole il suo sorriso migliore.
Lei inclina appena la testa, per guardarlo con più attenzione. Resta subito affascinata dai lineamenti armoniosi del suo volto. Le labbra carnose. Lo sguardo penetrante. Ha delle belle mani, pensa, facendo scivolare gli occhi sulla matita che lui fa oscillare tra indice e medio.
<<Michela. E tu?>>
<<Edoardo.>>
Non è il suo vero nome, naturalmente.
Michela fa un altro passo in avanti. Osserva il quaderno aperto.
<<Oh. È opera tua?>>
Indica con un cenno del capo il disegno a matita che occupa tutta la pagina e che in effetti è opera sua.
È il ritratto di una ragazza che danza, abbracciata ad un ragazzo.
Lui sorride, ostentando finto imbarazzo.
<<Sì.>>
<<Sei... molto, molto bravo.>>
Michela osserva con sincero interesse il disegno. Poi sposta lo sguardo verso di lui.
<<Ti ringrazio. Sto...lavorando a un progetto. Ma sono in pausa, adesso. senti... Ti posso offrire un caffè, Michela?>>
Lei esita. Prevedibile, pensa lui.
La osserva da un giorno. Sa dove abita.
È venuta al museo da sola.
È convinto che gli dirà di sì. Inoltre, la statistica è dalla sua parte.
Michela sorride, dopo essere arrossita. Si guarda intorno. La giornata è splendida.
<<Non intendo portarti lontano, sai>> le dice, sollevando le spalle e indicando con un gesto del pollice il dehor del bar proprio dietro di loro.
<<Cinquanta metri. Credo... sì, forse quaranta.>>
Michela ride, adesso.
Pensa che non ha programmi fino alle tre. Un caffè...
Cosa sarà mai, un caffè?
<<Un caffè. D'accordo, Edoardo. Perché no?>>
Lui annuisce. Chiude il quaderno. Apre la borsa che porta con sé. Lo infila dentro insieme alla matita.
Si alza, facendole strada.
<<Bene. Andiamo.>>
Lei lo segue, un po' tesa ma entusiasta. È questo il lato più bello dell'essere single, pensa. Posso dire di sì all'invito di uno sconosciuto soltanto perché mi sembra attraente.
Si siedono, si guardano, flirtano un po'.
Lui parla poco, ma mai a sproposito.
Ci sa fare, pensa lei.
Lo trova simpatico, oltre che sensuale.
Anche i baffi, che in genere non ama, stanno bene sul suo volto.
<<E così sei un artista>> gli dice.
Lui le offre l'ennesimo sorriso, poi infila gli occhiali da sole. Nel riflesso delle lenti a specchio, lei vede la sagoma della Mole Antonelliana trafiggere l'azzurro limpido del cielo.
Poi arriva il cameriere e Michela ordina l'ultimo caffè della sua vita.

Verdiana leggeva il futuroWhere stories live. Discover now