Capitolo 3: I passi dell'assassino

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<<Glielo hai detto?>>

La voce di mio padre è bassa e calda. So che vorrebbe essere rassicurante, ma so anche che lui non è tranquillo, mentre versa il vino rosso nel calice.

Annuisco, mandando giù un boccone di hamburger controvoglia.

Non ho fame. L'unica cosa che vorrei fare è lasciare il ristorante del Guercio, tornare a casa, salire nella mia stanza e mettermi a letto. Chiudere gli occhi e smettere di pensare a qualunque cosa, almeno per un po'. Ma non è così che funziona, giusto? Non esiste un telecomando magico per mettere in pausa il mondo, quando l'idea di affrontare la realtà non ci va a genio.

<<Che cosa le hai detto, di preciso?>>

Lo guardo. Da qualche tempo la sua barba sta ingrigendo, ma il suo aspetto nel complesso resta giovanile. Compirà cinquant'anni tra un paio di settimane, ma ne dimostra quasi dieci di meno.

<<La verità. Che sarebbe morta.>>

Vedo le labbra di mio padre socchiudersi. Esita per qualche istante, la forchetta con cui sta per infilzare l'insalata resta sospesa. La posa nel piatto. So che non mangerà più, per stasera. Si guarda intorno. Il locale è piccolo, pochi coperti. Durante l'estate è impossibile trovare un posto senza aver prenotato. Seguo i suoi occhi, che si posano prima sulla coppia di anziani signori alla nostra destra e poi su un capellone con una maglietta dei Nirvana a sinistra.

<<Verdiana>> dice, sporgendosi verso di me, parlando a bassa voce <<ne abbiamo già discusso. È pericoloso. Per te.>>

<<Lo so.>>

Rimane in silenzio.

<<Me ne ero quasi dimenticato, sai? E invece è già trascorso un anno da quando me l'hai raccontato.>>

<<Già.>>
<<Almeno, è stata l'ultima volta.>>
<<Sì, papà.>>

È la verità. Dopo Nadia, non ho avuto nuove visioni. Il libro è chiuso nel secondo cassetto del comodino accanto al mio letto da... quella volta. Vi starete chiedendo come funzioni, giusto? Beh...
<<Te la senti di parlarne?>>
Mando giù un sorso di Coca Cola, poso il bicchiere e torno a guardare il ragazzo con la maglia dei Nirvana. Marta, una delle cameriere, gli ha portato la seconda birra. La appoggia davanti a un piatto pieno per metà di patatine fritte e gli sorride. Lui non ricambia. Sembra quasi che non si accorga neanche di lei. Fissa un punto fuori dal locale.
<<Verdiana?>>
<<Sì. Me la sento.>>
Mio padre annuisce, invitandomi a raccontare.
<<Ho rivisto ciò che ho letto nel libro. Come capita sempre, papà.>>
<<D'accordo. Dettagli? Hai capito qualcosa di particolare?>>
Socchiudo le labbra. Abbasso gli occhi sul piatto. Guardo l'hamburger appena iniziato.

Poi rivedo la vasca da bagno. Il coltello. Il sangue.
Il televisore sintonizzato sulle previsioni del tempo.

<<Credo... che accadrà in una camera d'albergo.>>
Papà annuisce esortandomi a proseguire.
<<Un uomo, penso. L'ho visto mentre lo faceva. Mentre la uccideva. Con un coltello. E...>>

La voce mi trema. Come anche le mani. Cerco di ricordare i dettagli, e torno alla data. Diciannove giugno.

Il meteo per domani diciannove giugno.

<<Accadrà il diciannove giugno, papà.>>
<<Tra due giorni...>>
<<Sì.>>
<<Come lo sai?>>
<<C'era... un televisore, nella camera d'albergo. L'ho visto mentre l'assassino andava via. Se è un uomo. Non ne sono sicura, ma credo... sembra di sì.>>
<<Che cosa hai visto?>>
<<<Le previsioni del tempo. C'era scritto... "il meteo per domani diciannove giugno">>
Papà rimane in silenzio per un bel po'.
Marta raggiunge il nostro tavolo e ci domanda se qualcosa non va con la cena.
<<No, anzi. È tutto squisito. Abbiamo esagerato con le ciambelle, prima di venire qui.>>
Bella palla, penso, papà. E detesto le ciambelle.
<<Che cosa ti ha detto, quando le hai...?>>
Scuoto la testa. Ripenso a Nadia. Al suo livido sotto l'occhio. Alla sensazione di tristezza che i pochi minuti trascorsi insieme mi hanno lasciato addosso. Prima ancora della paura.
<<Mi ha detto di essere una sensitiva. Mi ha spiegato di aver provato qualcosa, passando davanti al negozio. Qualcosa di molto forte. Così ha detto.>>
<<Che cosa pensi?>>
<<Che dicesse la verità>>, rispondo. E so che anche papà non faticherà a crederci.
<<Mi ha stretto una mano. E quando l'ha fatto, le visioni sono diventate più potenti. Più nitide. Come se tra noi ci fosse una sorta di energia. Capisci?>>
<<Non lo so. Forse. E poi?>>
<<Ho visto le parole che avevo letto sul libro lo scorso anno, papà. Si materializzavano nella mia mente come le scene di un film. Forti e chiare. E la visione è durata più a lungo.>>
Smetto di parlare, mi guardo intorno. I due signori anziani non ci sono più. Incrocio per un attimo gli occhi del fan dei Nirvana.
Fuori ha iniziato a piovere. Sento il rumore dell'acqua che comincia a venir giù.

La lama del coltello entra ed esce. Entra ed esce.
La vasca non è più bianca. È rossa, adesso.
Sento la porta della stanza sbattere e rumore di passi in un corridoio.
È il corridoio dell'albergo.
È l'assassino che sta andando via.
Lo sento respirare.
È la mia immaginazione? Oppure...
Lo percepisco. Il suo fiato...
È come se fosse qui.

<<Verdiana?>>

La voce di papà è...

Lontana.

Ma no, invece. È vicino a me.

<<Verdiana! Stai bene?>>
Sento la sua mano sulla mia. Vedo delle luci opache, poi più nitide.
<<Verdiana...>>
Adesso lo sento meglio, più forte.
<<Papà...>>
La mia voce è come un'eco, come se provenisse da un sogno. Ma non è un sogno. Sono al ristorante.
Il Guercio. L'hamburger...
<<Verdiana, riesci a sentirmi?>>

I passi...
I passi nel corridoio...
Ma c'è qualcosa di particolare...
(che cosa?)

<<Tesoro, sono qui. Come ti senti? Guardami.>>

Alzo gli occhi e incrocio quelli di papà. Ho freddo. Sono dove dovrei essere, seduta al mio posto, ma la visione...
Si sta allontanando, eppure riesco ancora a percepire qualcosa.

La porta che sbatte
La persona che esce dalla camera.
Indossa vestiti scuri
Capelli lunghi...
(Come quelli del fan dei Nirvana?)
Lunghi...
I passi.
Il suo respiro mentre se ne va.
Il rumore dei passi...
Indossa degli stivali.
Il rumore dei passi...
È un suono che proviene da lui, un suono particolare che produce mentre cammina.
Ma che cos'è ? Perché mi è... familiare?

<<...amare un dottore?>>

Adesso riesco a vedere meglio. Le figure che mi circondano sono più definite, più nitide. Papà, Marta. Ettore il Guercio. Sono tutti seduti intorno a me.
<<Amare un dottore?>> ripeto, esitando.
Papà sorride e mi stringe la mano.
<<No, tesoro. Ho chiesto se fosse il caso di chiamare un dottore.>>
<<Che cos'è successo?>> domando, confusa.

E mentre parlo, d'istinto, mi giro a sinistra.
Guardo verso il tavolo al quale era seduto il ragazzo con la maglietta dei Nirvana.

Lui non c'è più.

Verdiana leggeva il futuroWhere stories live. Discover now