Capitolo 44: Il vaso di Pandora

34 5 8
                                    

Raggiungiamo Torino nel primo pomeriggio.
Durante il viaggio Nadia ci ha aggiornato sulle visioni che ha avuto quando abbiamo lasciato la sua camera d'albergo, la scorsa notte.
Ci ripenso mentre Spartaco l'ha accompagnata in un bar del centro, a pochi passi dalla Mole, per farle bere un po' di acqua e zucchero. Gli ultimi eventi l'hanno messa a dura prova, e non ha voluto saperne di rimanere in Toscana. Ci ha spiegato che potrebbe esserci d'aiuto, e immagino sia vero. Suo marito, che non si trovava ancora in Versilia la notte dell'aggressione, è dovuto ripartire per lavoro poco dopo che è stata dimessa dall'ospedale, ma Nadia sembra sempre più convinta che il loro matrimonio abbia le ore contate. In ogni caso, al momento l'equilibrio coniugale non è la sua priorità. Da quando ha rischiato la vita al Lungomare del Vento, ha avuto un unico chiodo fisso- o almeno così ci ha detto.
Trovare lui.
Il racconto relativo alle ultime visioni che ha avuto è stato sconvolgente.
Ha visto frammenti dell'omicidio più recente.
Ha assistito all'uccisione della ragazza. Alle coltellate rapide, profonde, cariche di rabbia. Di follia.
Poi, ha osservato l'assassino mentre appendeva il corpo nudo e mutilato al balcone, a testa in giù. Ci ha descritto il lago rosso che ha invaso i suoi occhi. Ha tentato di fuggire dalla scena, ma ogni suo sforzo è stato vano. Abbassava le palpebre per smettere di guardare, ma la visione si materializzava, ancora e ancora, riempiendo il nero della sua mente, sporcandolo di sangue, colmandolo delle urla strazianti di Michela Verdelli.
Ci ha spiegato che si è alzata dal letto mentre l'orrore si trasformava in panico, ed è scivolata, si è rialzata ed è caduta ancora.
Si è portata le mani alla testa, premendole forte contro la fronte, temendo di impazzire. Faticando a respirare.
Ci ha spiegato che le sue capacità extra sensoriali non sono mai state così potenti, prima.
Pensa che sia perché si è trovata a stretto contatto con l'assassino.
Ma c'è dell'altro. Ha letto nella sua mente. Le è sembrato di essere finita dentro i suoi pensieri, in una sorta di lunga connessione psichica.
<<E sono pensieri di morte. Pensieri senza luce. Lui... è ossessionato da qualcuno. Da qualcuno e... da qualcosa. È compulsivo. Non trova pace. E crede che il sollievo si trovi nell'oblio. Che il sollievo si trovi nell'oblio...>>
Ricordo che Spartaco si è voltato verso di lei mentre pronunciava queste parole, e l'ha guardata con un'espressione cupa degli occhi, prima di tornare a rivolgere l'attenzione all'autostrada.
Nadia parlava come se fosse in una sorta di trance.
<<È già pronto a rifarlo. Accadrà tra poco. Si sta preparando. Lui...>>
Si è fermata, osservando la strada correre veloce fuori dal finestrino.
<<È a caccia, in questo momento. Sta cercando la prossima. Sento il suo respiro che annaspa, veloce. Sento l'odore del suo fiato. Anche adesso che la visione è svanita... posso ancora percepirlo. È così... reale.>>
Spartaco le ha posato una mano sulla spalla. Allora Nadia si è voltata a guardarlo.
<<Ricordi altri dettagli?>>
È rimasta in silenzio per un lungo momento, il viso privo di espressione. Una maschera indecifrabile.
<<Non ne sono sicura, ma...>>
Ha chiuso gli occhi per un secondo, poi ha scosso la testa, lentamente.
<<È convinto di aver... cambiato pelle. O qualcosa del genere. Si sente... diverso, adesso. Freme per uccidere, ma... non ha... non ha più paura. Non teme di essere preso.>>
<<Che cosa vuoi dire?>>
<<Che non gli importa. Almeno, è ciò che ho percepito ieri notte.>>
Ho pensato a lungo a queste ultime parole, e il senso di inquietudine che mi hanno trasmesso non è più svanito.
<<La Mole Antonelliana>> ha detto infine Nadia. <<È stato da poco lì vicino. Lo so. L'ho sentito. E anche la ragazza che è morta. È probabile che si siano conosciuti in quella zona.>>
Così, eccoci qui.
Osservo la Mole stagliarsi contro l'azzurro senza nuvole del pomeriggio. Ho visitato Torino soltanto una volta, diversi anni fa. Ricordo poco della città. Pensare che è il posto in cui mia madre è cresciuta mi mette una strana malinconia addosso. Ma sento anche un'energia vibrante, dentro.
Abbiamo un nome, una persona da cercare: Clara Ravanelli. L'amica di mamma. La ragione per cui era tornata a Torino nel maggio del 2009.
Spartaco e Nadia stanno uscendo dal bar. Li osservo mentre camminano verso di me, e un pensiero sinistro mi attraversa la testa, rapido come il flash di una macchina fotografica.
È una sensazione, un lampo, ma non riesco a decifrarlo. Dura talmente poco che posso percepire soltanto il sussurro inquietante che lascia dietro di sé.
Non importa, mi dico.
Tutto ciò che dovrà accadere, accadrà.
Sono qui per una ragione, e sono pronta ad aprire il vaso di Pandora.

Verdiana leggeva il futuroWhere stories live. Discover now