Capitolo 22: Insonnia

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Spartaco entra nella libreria e inizia a curiosare tra gli scaffali. Si sofferma per qualche istante davanti ai volumi di "Harry Potter". Prende il primo, lo apre, lo richiude, guarda il retro di copertina. Sorride.
<<Mi sono ripromesso di iniziare a leggere la saga.>>
<<Credevo che ne avessi avuto abbastanza con... la magia>> dico.
Lui annuisce, sorride ancora. Posa il volume della Rowling e mi osserva. Dall'alto verso il basso.
<<Chi l'avrebbe mai detto, eh? Uno scricciolo come te... con questa specie di...potere.>>
<<Uno scricciolo?>>
<<Già. Ti piace?>>
Mi stringo nelle spalle. <<Non sono così piccola, comunque. Oppure... sì?>>
Spartaco ride. Si specchia nella vetrina che si affaccia sulla strada. La sua sagoma copre la luce del mattino, oscurandola.
<<No, non sei così piccola. Sono soltanto il metro di paragone sbagliato.>>
Sto per dire qualcosa, ma lui si gira e mi posa una mano sulla spalla, guardandomi dritto negli occhi.
<<Allora, come stai, Verdiana? Voglio dire... come stai sul serio.>>
Esito per un momento. Mi sforzo di sorridere, ma a giudicare dall'espressione di Spartaco, il risultato non è un granché.
<<Non lo so>> rispondo, infine. Ed è la verità. <<Non mi è più successo nulla di... straordinario. Ed è già qualcosa. Ma...>>
Mi interrompo. Penso alle mie notti. Al divano del soggiorno, che ha preso il posto del letto. Alla tv sempre accesa, con il volume tenuto al minimo, e al senso di sicurezza che mi trasmette. Penso alle tre del mattino. L'ora peggiore. Ho letto "Il popolo dell'autunno", e Bradbury la definiva "La mezzanotte dell'anima". Lo è, per me.
È il momento in cui mi ritrovo sola con i ricordi, che il più delle volte finiscono per tramutarsi in incubi. Mi stringono nella loro morsa, e so che un'altra notte scivolerà via così, lasciandomi inerme e spaventata, incapace di dimenticare.
<<Lo troveranno, Verdiana. E lo arresteranno.>>
Annuisco. Se fosse soltanto questo, mi dico.
È il resto, a divorarmi. A scavare con furia nel vuoto che mi porto dentro da quindici anni.
Sono i collegamenti nuovi, a schiacciarmi. A farmi sentire impotente.
Le scarpe rosa, da ballerina. La canzone alla radio. Il ragazzino con la maglietta dei Nirvana, fermo davanti alla spiaggia. Il modo in cui Nadia sarebbe stata uccisa.
<<L'identikit è dappertutto. Tv, Instagram, Facebook. I giornali. Non andrà lontano. E il commissario D'Asti.... Mi sembra a posto.>>
<<Lo so.>>
<<Ma c'è dell'altro, giusto? Riguarda tua madre. È così?>>
Sorrido. Annuisco.
<<Te ne sei ricordato, vedo.>>
Lui sembra stupito.
<<Beh, Verdiana, sono pur sempre un investigatore. E sono stato in polizia, anni fa. Mi sottovaluti.>>
<<No. Soltanto che... non sono abituata a parlarne. Di mia madre. Di ciò che le è successo.>>
Lui fa un passo verso di me. Annuisce, mi guarda negli occhi. I suoi sono blu, di ghiaccio. Mi fa pensare a "Vikings", la serie tv. Enorme, muscoloso, lo sguardo penetrante, la testa rasata, la barba folta.
<<Senti, Verdiana. Ti propongo un accordo.>>
Sollevo le sopracciglia, curiosa.
<<Sono disposto ad ascoltarti. A sentire la tua storia dal principio. Ciò che è successo a tua madre e tutto il resto. È chiaro che tu... abbia davvero delle...uh... capacità particolari.>>
Socchiudo le labbra, per commentare, ma lui non me ne lascia il tempo.
<<Hai delle capacità che sono fuori dal comune. Se avessi dovuto scommettere, quando ti ho salvato la pelle giù al porto, e hai iniziato a blaterare sulla lettura del futuro e le visioni...>>
Fa un gesto della mano, come per scacciare una mosca, <<avrei detto che è colpa di internet e della tv. O che hai troppa fantasia. Ma poi... è successo ciò che sappiamo. Quindi, per quanto possa sembrarmi assurdo, e folle, e privo di logica... non posso non crederti. Per cui, se tu mi dici che senti una sorta di... collegamento... tra il capellone della spiaggia e... tua mamma... beh...>>
Si ferma. Appoggia le mani sulle mie spalle. <<Voglio saperne di più, Verdiana. Credo che ne valga la pena.>>
<<Dici sul serio?>>
<<Sì. Voglio ascoltare tutto. Sapere ciò che ti passa per la testa.>>
Mi rendo conto che bastano queste parole a farmi stare un po' meglio. E penso che la sera alla spiaggia ci abbia in qualche modo... uniti. Qualcuno ha detto che a volte è più facile raccontare un segreto a un estraneo piuttosto che a una persona che conosciamo da sempre.
È così che mi sento, adesso.
Spartaco si sposta e il sole torna ad illuminare la libreria.
<<D'accordo. Ti raccont...>>
Lui solleva un dito, bloccandomi.
<<Non adesso. Stasera. Ma dimentichi qualcosa. Ti ho proposto un accordo, se non sbaglio.>>
<<Oh. Giusto.>> Lo guardo, inarcando le sopracciglia, curiosa.
Lui fa un passo indietro e si gratta la testa.
Mi pare di scorgere un certo rossore sulle sue guance.
<<Beh, uh... mi hai detto che hai finito il liceo, giusto? Classico o scientifico?>>
<<Classico. Perché?>>
<<Ecco, come... come te la cavi con il latino?>>

***
Mentre Verdiana e Spartaco parlano all'interno della libreria, la cameriera che si occupa di pulire le stanze dell'Hotel del Borgo, poco distante dalla stazione ferroviaria di Baia Azzurra, apre la porta della stanza numero 21.
Ha bussato ma non ha ricevuto risposta.
Non c'è il cartello con scritto "non disturbare" appeso fuori.
E la porta non è chiusa a chiave.
C'è un odore aspro, acre nella camera.
Il letto è intatto.
Sembra tutto in ordine.
La porta del bagno è socchiusa.
Intravede il sangue sulla vasca con la coda dell'occhio.
La ragazza giace all'interno, gli occhi spalancati e la gola tagliata, in un lago rosso.
Il braccio sinistro pende fuori dal bordo, e la cameriera, prima di gridare, fa in tempo a notare che il dito anulare della donna sembra essere stato tranciato di netto.

Verdiana leggeva il futuroWhere stories live. Discover now