Capitolo 14: "Nessun perdono"

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Sono seduta in mezzo ai due uomini che erano nel locale. Il terzo è davanti, al posto di guida.
<<Non provare a muoverti, intesi? Fai la brava e tutto sarà più semplice.>>
Il coltello è sempre puntato contro il mio collo.
L'odore di alcool e fumo che emanano risulta ancora più intenso e nauseante dentro l'automobile.
Sento il motore accendersi.
<<Vi prego>> dico, ma le parole escono a fatica talmente sono spaventata.
In risposta ricevo una risata collettiva.
Poi la mano del tizio alla mia destra si posa sulla mia gamba. Cerco di allontanarlo e lui mi colpisce in viso con uno schiaffo.
Riprende a toccarmi.
<<Devi stare ferma e buona, lo capisci? Parti, Ed. Spostiamoci da qui.>>
È finita, penso.
La mano che prima era sulla gamba si insinua sotto la mia maglietta, salendo veloce verso i seni, mentre faccio di tutto per allontanarmi. L'unico risultato che ottengo è di avvicinarmi di più all'altro uomo, quello con il coltello.
Sento il suo fiato caldo e puzzolente vicino all' orecchio.
<<Vedrai. Sarà una notte indimenticabile, bellezza.>>
Non resisto più. Come se tutta la paura accumulata si fosse tramutata in adrenalina, tento l'impossibile. Grido, e al tempo steso infilo le unghie della mano sinistra negli occhi dell'uomo con il coltello.
L'arma gli cade e cerco di scavalcarlo approfittando dell'attimo di sorpresa, puntando alla maniglia della portiera. Per un paio di secondi mi illudo di avercela quasi fatta. Ma la mano dell'altro uomo mi afferra da dietro, tirandomi dall'elastico del reggiseno. Poi mi afferra i capelli e mi colpisce al volto con un altro schiaffo.
<<Ed, cazzo! Parti, per la miseria! Che cosa stai aspettando?>>
Sono troppo stordita per rendermi conto che qualcosa non stia andando secondo i loro piani. Ma quando il tizio che hanno chiamato Ed parla, mi sembra di scorgere una nota di tensione nella sua voce.
<<State zitti. C'è qualcosa che...>>
<<Che cosa, cazzo? Premi il piede sul fottuto acceleratore, merda! Vuoi che qualcuno si accorga che...>>
<<Shhh>> sussurra Ed. <<Guardate...>>
A fatica, cerco di sollevare lo sguardo verso il parabrezza.
È buio, e non riesco a vedere bene. Ma sembra che ci sia un ostacolo, davanti a noi.
È... qualcosa di... grosso.
Una specie di... massa avvolta dall'oscurità.
<<Che cosa diavolo...? Chi...?>>
<<Non lo so>> dice Ed. <<Sembra... un tizio enorme. Che cosa cazzo sta facendo, lì impalato?>>
<<Beh, suona il clacson, no? Anzi, dai gas... si sposterà, il bastardo.>>
Intanto, l'uomo con il coltello si è ripreso. Ha l'arma di nuovo stretta in pugno.
<<Maledetta puttana! Mi hai quasi accecato! Adesso ti faccio un bel regalino. Vedrai! Mi hai... ehi, Ed, perché cazzo non stai partendo? Chi è questo stronzo fermo davanti alla macchina?>>
<<Non lo so>> risponde Ed, ancora più teso. <<Ma non mi piace. Ci sta fissando, cazzo. Che cosa diavolo...?>>
Torno a guardare davanti a noi.
L'uomo è proprio di fronte al motore. La sua figura avvolta dall'oscurità è un'ombra imponente, strabordante.
Mette i brividi.
<<Ehi, coglione!>> grida il tizio che mi stava toccando.
Osservo il colosso che abbiamo di fronte con più attenzione, cercando di ignorare il cuore che batte a mille e il fiato corto per la paura. E vedo che in mano stringe un grosso boccale.
Inizia a muoversi.
Cammina verso il posto di guida.
Si abbassa.
<<Ma che cazzo sta facendo?>> dice l'uomo con il coltello.
Mi sembra assurdo, ma lui... sorride a Ed.
<<Parti, cazzo! Ed, parti! Questo è pazzo!>>
Ma l'uomo con il coltello non fa in tempo a terminare la frase.
Il finestrino dal suo lato va in mille pezzi.
Non sto sognando.
Il... colosso l'ha distrutto con una gomitata. Poi tutto ciò che riesco a vedere è un braccio enorme e ricoperto di tatuaggi che afferra il mio aggressore e lo trascina fuori di peso.
<<Scendi, ragazzina>> mi ordina la montagna.
La sua voce è bassa, roca e tranquilla. Obbedisco, nonostante le gambe mi reggano a stento.
Non appena sono fuori dall'auto, lo guardo più da vicino. E lo riconosco.
È lo zio di Rebecca.
Vorrei dire o fare qualcosa, qualsiasi cosa, ma non ne ho il tempo.
Accade tutto in un attimo.
Ed cerca di scappare, ma Spartaco- questo è il suo nome, come mi ha detto Rebi- lo afferra per il collo. Solleva il boccale di vetro che tiene nell'altra mano e glielo frantuma in testa, con una velocità che non avrei mai immaginato potesse possedere, vista la sua stazza.
Ed grida per il colpo tremendo e il dolore, poi cade a terra.
Intanto, l'uomo che era seduto alla mia destra apre la portiera e cerca di scappare. Ma inciampa e scivola. Trascinando per il collo il tizio con il coltello, Spartaco lo raggiunge proprio mentre sta per rialzarsi. Con un calcio lo colpisce al volto e la sua testa va a sbattere contro lo spigolo della portiera aperta. Lui grida, e allora Spartaco lo colpisce con un altro calcio proprio in mezzo ai denti. Non riesco a capire quanti gliene siano saltati, ma non sono pochi. E tutto ciò senza smettere di stringere per il collo l'altro uomo.
<<Ti prego>> implora il tizio che fino a poco prima cercava di palparmi, steso a terra, sputando sangue e un altro paio di denti. <<Ti prego...>>
Spartaco sbuffa, o almeno questo è ciò che mi sembra di capire.
<<Che cosa hai detto?>> sussurra, il tono di voce sempre basso, senza inflessioni.
<<Ti prego...>> continua a implorare l'altro, tossendo e sputando ancora sangue.
Io ripenso alla sua mano sulla mia gamba. Poi sul ventre. A come saliva verso i miei seni.
Spartaco mi guarda.
Non attende una risposta da me. Mi guarda e basta. Poi torna ad osservare l'uomo a terra.
<<Mi preghi? Ma davvero? Aspetta un attimo.>>
Solleva con un braccio solo il tizio con il coltello. Non ha mai mollato la presa dal suo collo. Richiude la portiera con l'altra mano, e poi fa sbattere con violenza la testa dell'uomo contro il finestrino per tre o quattro volte di fila. Lui grida e geme prima di accasciarsi accanto al suo compare.
Spartaco fa il giro dell'auto e pochi istanti dopo ricompare trascinando Ed per i capelli.
Vedo il sangue che gli cola lungo la testa.
Lo sistema accanto agli altri due.
Poi si rivolge a me.
<<Va bene, ragazzina. Ho visto tutto. So che cosa ti stavano per fare. E lo sai anche tu. Puoi andartene oppure aspettare che io finisca con loro. Se vuoi il mio parere, non dovresti allontanarti da sola. È stata già una brutta notte, e questa non è una zona sicura.>>
Si interrompe, accenna un sorriso e vedo il suo dente d'oro luccicare nel buio.
Fa un passo verso di me, gli occhi fissi nei miei.
Nella sua espressione dura scorgo qualcosa che non riesco a definire.
<<Se decidi di aspettare che finisca con loro, ti consiglio di non guardare. Puoi girarti dall'altra parte. In ogni caso sembra che tu abbia l'età di mio figlio.>> Scuote la testa, poi riprende. <<Siete cresciuti su internet. Nulla vi sconvolge.>>
Solleva gli occhi al cielo, poi infila una mano nella tasca posteriore dei jeans. Tira fuori un martello lungo una ventina di centimetri, con la stessa naturalezza che avrebbe avuto se avesse preso il cellulare.
<<Ehi... che cosa hai intenzione di...?>>
<<Non preoccuparti. Non ci andrà molto.>>
Vorrei dire qualcosa, ma le parole non escono.
Spartaco fa di nuovo il giro dell'automobile, poi torna di fronte ai miei aggressori.
Un'altra ragazza avrebbe seguito il suo consiglio. Non sarebbe rimasta a guardare.
E so che in una circostanza differente, l'avrei seguito anch'io.
Ma che cosa mi avrebbero fatto, se non fosse comparso lui?

Raggiungo il cofano dell'auto, mi appoggio al parabrezza. Da qui riesco a vedere tutto.
<<Ti prego! Ti prego! Ti prego!>> implora Ed, disperato. Spartaco è una montagna che lo sovrasta.
Afferra il braccio destro di Ed, lo sbatte a terra e poi cala il martello con forza su ogni dito della sua mano, spappolandolo. Uno dopo l'altro. Le grida di dolore sono strazianti, orribili.
Poi passa alla sinistra.
Ed sviene quasi subito, mentre gli altri due piangono e si disperano, terrorizzati.
Riserva loro lo stesso trattamento. Sento anche le loro urla disperate riempire il silenzio della notte.
Quando ha finito, le mani degli uomini sono ridotte a una poltiglia senza forma, e nessuno di loro è più cosciente.

Si rialza, il martello insanguinato stretto nel pugno.
E si rende conto che ho visto tutto.

<<Beh>> dice, sorridendo come se non fosse successo nulla, <<a quanto pare hai le palle, ragazzina.>>
Apro bocca per cercare di rispondere qualcosa, ma lui non me ne lascia il tempo.
<<Andiamo. Ti accompagno a casa.>>

Verdiana leggeva il futuroDove le storie prendono vita. Scoprilo ora