Capitolo 19: Mani insanguinate

36 7 2
                                    

Ho riconosciuto subito la mezzaluna della visione.
È posizionata appena sopra l'insegna di "Fumetti e storie per la buonanotte", negozio storico di Baia Azzurra. Dall'inizio dell'estate e per tutta la stagione, rimane aperto anche fino a mezzanotte, ma la mezzaluna non si spegne mai.  Quando era piccola, mio padre mi ci accompagnava ogni pomeriggio, dopo la scuola.
A un certo punto, mi sono resa conto che era interessato ai fumetti tanto quanto me, se non di più.
Non ha smesso di tenere accesa la curiosità per il lato "fantastico" della vita, neanche quando andare avanti è stata più dura. Forse è per questo che non ha mai faticato ad accettare l'esistenza del mio "dono".
<<Ci siamo quasi>> dico a Spartaco, che è rimasto in silenzio da quando siamo ripartiti.
<<D'accordo, Verdiana. Vorrei domandarti dove stiamo andando, ma... non ti nascondo che sono un po'... preoccupato.>>
Si interrompe, poi riprende. <<Perché non ho proprio idea di che cosa potresti tirare fuori dal tuo cilindro. Voglio dire, ti conosco da quanto? Un'ora? Un'ora e mezza? Prima ho dovuto toglierti dalle grinfie di quei pervertiti. Poi te ne sei uscita con questa storia delle letture magiche, del futuro... e adesso hai le visioni, senti la musica... canzoni che escono da una radio che non è nemmeno attaccata. E immagino che non siano neanche gli Iron Maiden!>>
Rimango in silenzio, immobile, per qualche istante. Poi, sento la tensione sciogliersi. Di colpo. E scoppio a ridere.
Non ha alcun senso, lo so, ma...
<<Internet. Gli influencer. Tutta quella robaccia di cui vi rimpinzate. Lo ripeto di continuo a José, ma è una battaglia persa. Persa! E questi sono i risultati. Che cosa ti prende, adesso? Ti fa ridere, eh?>>
Dovrei avere paura per ciò che stiamo facendo, e invece Spartaco è riuscito a spazzar via la tensione. Immagino che sia perché non sa che cosa lo aspetta; non ancora. Ma vorrei abbracciarlo per il modo in cui è riuscito a farmi sentire.
<<Scusami, Spartaco. Prometto che dopo stasera non avrai più mie notizie. E ti ringrazio per la possibilità che mi stai dando. Per la...fiducia.>>
<<Certo, certo. Come no.>>
<<Sai, mi piacciono i Maiden. Tua nipote mi ha fatto imparare a memoria la discografia.>>
Guardo verso il cruscotto, dove l'attaccatura per la radio è vuota.
<<Stai scherzando? Ma voi non ascoltate solo Taylor Swift, Justin...come si chiama?>>
<<Bieber. Beh, io no.>>
Mi guarda e sorride. Ed è un bel sorriso, penso. Nonostante l'aspetto rude, inquietante, Spartaco nasconde una luce buona nello sguardo.
Mi sento in colpa per averlo coinvolto in questa storia, e capisco che vorrebbe chiedermi di più, ma che non sa come farlo. È bravo a sdrammatizzare. A smussare la tensione. A mettere le persone a proprio agio, credo. Ci è riuscito con me, nella condizione in cui mi trovavo, e so che non era semplice.
<<Dobbiamo raggiungere la mezzaluna del negozio di fumetti>> dico, guardando fuori dal finestrino. Ormai stiamo costeggiando il Lungomare del Vento. Non manca molto.
Cerco di mettermi nei panni di Spartaco. Che cosa dovrebbe pensare, di me? Dopo ciò che gli ho raccontato, e dopo il modo in cui mi sono comportata?
Che sono una squilibrata. Ed è proprio ciò che penserebbe chiunque al posto suo.
Tuttavia so, con certezza disarmante, che Nadia sarà sulla spiaggia insieme a lui.
So che sarà in pericolo, ma immagino che sia ancora viva. Perché il libro è stato chiaro: morirà in una stanza d'albergo, nella vasca da bagno. Accoltellata.
Mia madre non è morta in una stanza d'albergo, ma è stata assassinata a coltellate in una vasca da bagno.
E poi, la canzone.
Perché ho risentito proprio quella canzone?
<<Che cosa sarebbe la mezzaluna del negozio di fumetti?>> domanda Spartaco.
Sto per rispondergli, e d'improvviso la vedo. È sospesa a una cinquantina di metri alla nostra destra.
<<Eccola!>>grido, indicandola con il dito. E vedo l'insegna di "Fumetti e storie per la buonanotte" subito sotto.
<<Ci siamo, fermati qui!>>
Spartaco esegue. Accosta, spegne il motore e mi guarda.
<<Hai... una pistola, o qualcosa del genere?>> gli domando, esitando appena.
Lui sorride.
<<Non ne ho bisogno. In genere mi basta il martello, sai.>>
<<Oh. Certo, sì. Giusto. Il martello.>>
Apre la portiera, scende dalla Panda ed io faccio lo stesso.
<<Muoviamoci>> gli dico, indicando la gradinata che conduce alla spiaggia sotto la mezzaluna.
Ma lui stringe le grosse dita della mano intorno al mio braccio e mi guarda dritto negli occhi. Con una serietà che non gli avevo ancora mai riconosciuto addosso.
<<Verdiana, tu... mi piaci. Ok? Ma se là sotto non troveremo nulla, dovrò chiederti di accompagnarmi da tuo padre. Perché significherebbe che avresti bisogno di cure. E..>>
<<Andiamo, Spartaco. Ci penseremo dopo.>>
<<Dopo?>>
<<Sì. Dopo che avrai... visto.>>
Lui annuisce, mollando la presa dal mio braccio.
Inizio a scendere gli scalini di corsa, uno dopo l'altro, e mi viene dietro.
Quando arrivo all'ultimo, e riesco a vedere la distesa oscura di sabbia che conduce fino al mare, mi fermo di scatto, sconvolta.
Soffoco a fatica un grido in gola.
La visione si presenta improvvisa ed è fulminea, ma non abbastanza rapida da impedirmi di riconoscere una figura esile seduta sull'ultimo scalino, a pochi passi dal punto in cui mi trovo.
Non è l'uomo che ho visto insieme a Nadia, ma un ragazzino.
Il ragazzo con la maglietta dei Nirvana.
Il suo viso è sollevato verso l'alto, verso di me.
I suoi occhi sono vuoti, privi di espressione.
Le sue mani sono ricoperte di sangue.
Mi sorride, e poi sussurra una frase che conosco già.

L'uomo vestito di nero indossa anfibi chiodati
L'uomo vestito di nero colleziona anelli dorati
Ed è vicino.

Muove appena la testa, indicandomi un punto sulla spiaggia.
Poi, la visione svanisce.

Verdiana leggeva il futuroDove le storie prendono vita. Scoprilo ora