Capitolo 53 - Cima

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Vi siete mai chiesti: "E se nulla di ciò che ho immaginato, di ciò che ho pensato e sperato accada, se nulla nel mio mondo sia come appare?".

Immaginate, per un istante, di svegliarvi una mattina, ritrovarvi in un'altra casa, con altre persone, in una città che non è più la vostra.

Ovvio tutto questo è assurdo, solo un'ipotesi partorita da un presentimento. Ma è quello che mi coglie nel mio sentirmi piccola mentre, col naso all'insù, guardo la Johnston Tower.

La cima, per prospettiva, si affina sempre più, come una strada verso il cielo. Il poco sole che filtra tra le nubi, la fa brillare come asfalto bagnato dalla pioggia.

Mi chiedo se la fine di quella strada ci sia Shawn ad attendermi.

Ma ho paura, di nuovo. Timore del primo passo, paura che i miei presentimenti trovino la loro ragion d'essere alla fine di quella strada, in cima a questa torre. Chissà, forse è vero che la saggezza fa vivere a lungo e l'ignoranza fa vivere felici. In questo caso non saprei cosa scegliere.

Ma devo.

L'interno esattamente come me lo aspettavo: spoglio e freddo. Marmo nero riveste completamente pavimento e pareti, alleggerito soltanto da venature bianche che, come vene, si irradiano da una lastra alla successiva.

« Ho un appuntamento con il signor Johnstone. »

Il concierge non sembra darmi troppa retta, forse abituato a donne che gli chiedono di Shawn. In fondo, il magnate del cemento newyorkese, farebbe gola a tutte, ma in poche probabilmente sanno come lui è in realtà.

« Mi scusi... parlo con lei! » esorto.

« Nome? »

« Beverly! Beverly Pierce! »

« Attenda un secondo. »

Si allontana verso il telefono, tornando pochi istanti più tardi.

« Il signor Johnstone la sta attendendo. Cinquantacinquesimo piano. Questa è la chiave per accedere al piano con l'ascensore. »

Già, come pensavo. In cima a questa torre, alla fine di questa strada.

Dai, smettila Beverly! Perché devi essere così pessimista? In fondo è iniziato tutto come un articolo per la sua missione! Troverai mille altri Shawn!

Mento a me stessa.

Mi hanno sempre messo un po' d'ansia questi mega ascensori dalle pareti di metallo dorate e specchi ad altezza uomo. È così grande da farci entrare un'utilitaria.

Sopra la mia testa, numeri crescenti si illuminano al mio passaggio.

Venticinque.

Ventisei.

Ventisette.

Ventotto.

Cavolo se è veloce questo affare!

E se invece mi volesse chiedere di sposarlo? Cavolo! Cosa risponderei?

Una parte di me dice di non lasciarmelo scappare. Un'altra dice solo che sto cercando qualcun altro in lui.

I miei pensieri vengono interrotti bruscamente dal tintinnio di una campanella. Mi avvisa che sono arrivata.

Le porte scorrono lateralmente e mi trovo direttamente nel suo ufficio. Lui è lì, sono un puntino lontano dietro la sua scrivania, distante almeno una cinquantina di metri. Alle sue spalle un'ampia vetrata si apre spaziando sul Lower East Side e quasi lo perdo nello splendore del sole che, finalmente, inizia a scaldare.

I miei passi riecheggiano mentre i tacchi colpiscono lo stesso marmo con cui è foderato l'ingresso.

Non riesco a vedere la sua espressione da qui. O forse... sì. Intravedo qualcosa. Lo sguardo malinconico. Occhi persi tra quelle venature del pavimento.

« Ciao, Beverly. » mi saluta spostandosi verso la vetrata e fissando un punto non ben chiaro sull'orizzonte.

« Shawn, mi spieghi cosa sta succedendo! Qualsiasi cosa sia ne possiamo parlare! »

« È proprio per questo che ti ho fatta venire qui! »

« Ho fatto qualcosa? Sembra così tu quasi mi voglia licenziare! »

Probabilmente non coglie l'ironia e rimane immobile, con le mani incrociate dietro la schiena, ed il suo viso imperturbabile che vedo riflesso nel vetro. Anche lui, probabilmente, mi guarda di sfuggita. Non capisco perché non ha il coraggio di cercare i miei occhi.

« Quello che devo dirti non è facile da dire! »

« Penso che tu abbia un po' di esperienza sul lasciare le donne! »

« Sì, ma non è quello che voglio fare! Anzi... tutt'altro. »

« E allora cos'è che vuoi fare? Lo sai che puoi dirmi tutto. »

« Sì, ma questo non credo ti piacerà. »

« Provaci almeno. »

« Non la farò lunga. Vedi... non è stato un caso se ci siamo incontrati in quel locale la prima sera. Non è stato un caso che ti abbia detto quelle cose a Parigi. È stato voluto. Voluto da me e voluto perché... perché sono stupido. Perché mi annoio. Perché la mia vita è fatta solo di assemblee a cui non posso neppure dire la mia. Perché benedico e maledico allo stesso tempo che la mia segretaria leggeva Woman quel giorno. Ed io ero arrabbiato. Volevo una rivalsa dalla vita, volevo ferire quella Beverly che scriveva di come faceva star male gli uomini. Mi sono messo in testa di farti chiudere. Mi sono detto: "Questa donna non può continuare a fare vittime! Non può, e se c'è una persona che può farla smettere, quello sono io!". Così ti ho fatta pedinare da un investigatore privato. So di Erik e del numero sbagliato che gli hai dato, di Kennet, il ragazzo di Marta, la tua collega. So tutto di te... Beverly. So che non ti chiami Pierce, so che nascondi la tua identità per poter scrivere più facilmente protetta dall'anonimato. »

« Cosa... »

« No! Aspetta, fammi finire! » mi implora sedendosi di fronte a me. « È una storia ancora lunga, o almeno spero che lo sarà. Ma questo dipende solo da te. Le cose che ti ho detto a Parigi, i miei sentimenti, ciò che sono e su ciò che gli altri non sanno, quella è la verità. È la pura verità! E poco importa come iniziata! Quali erano i fini che mi hanno portato a te e mi hanno fatto incontrare questa donna fantastica! Perché i miei sentimenti sono veri, al di là dei miei intenti iniziale. Ma ora, quando davvero sento che la nostra relazione è davvero nostra, voglio dirti la verità. Mi sono sentito una merda quando l'altro ieri hai chiuso la rubrica. Non sono felice anche se era il mio scopo. Uno scopo che ho però abbandonato da tempo, praticamente subito. Perché siamo stati bene in questo mese, almeno io, meglio di qualunque persona con cui io sia mai stato. Ma capirò se mi vorrai lasciare. Capirò se vorrai riaprire rubrica e scrivere di me e di ciò che ti ho fatto. Ma prima che tu esca dalla mia vita, voglio dirti che, seppur il nostro incontro è stato pilotato, l'amore che provo per te è qualcosa che non riesco a gestire neppure io! »

© Giulio Cerruti (The_last_romantic)

Angolo dell'autore:

Confessione a sorpresa. Quanto è importante la verità? Occhio non vede, cuore non duole? Oppure ha fatto bene a confessare? Voi gli dareste una seconda chance? E cosa farà Beverly?

Lasciate anche solo una stella per coronare i miei sforzi o, se vi va, commentate consigliandomi costruttivamente come dovrebbe continuare o eventuali modifiche in modo da potervi offrire scritti sempre migliori. Grazie infinite a tutti!

Come Mondi Opposti | Prima StesuraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora